E che l’alternanza sia stabilizzata !!
di Marco Frisoni
Nonostante i rinnovati sforzi posti in essere, nel tempo, dai Governi che si sono succeduti, il legame fra mondo del lavoro e contesto scolastico e formativo rimane tenue e, in ogni caso, del tutto insoddisfacente.
In altre parole, sono oramai una costante le (corrette) lamentazioni di chi ritiene cruciale saldare in maniera quasi osmotica la relazione intercorrente fra l’esperienza lavorativa vera e propria (on the job, nel senso virtuoso del termine) e i cicli scolastici, ivi compresa la formazione professionale e i percorsi universitari e/o di alta specializzazione.
D’altro canto, a parole si tratterebbe di un cammino virtuoso, finalizzato ad accelerare l’ingresso nel mondo lavorativo dei giovani, trasferendo già durante la loro carriera scolastica addestramento e formazione con l’obiettivo di munirli sin dall’origine di quelle competenze minimali da spendere subito in una logica occupazionale ed evitare quindi di “ricominciare tutto da capo” una volta varcata la soglia di un ambiente di lavoro.
Al contrario, purtroppo, nella prassi quotidiana, salvo poche situazioni “illuminate”, si riscontra come l’interesse dei datori di lavoro verso simili veicoli di esperienza sia modesto e, allo stesso modo, studenti e istituti scolastici si attivino in tal senso quasi per atto dovuto, se non per il mero reperimento di crediti formativi utili per il completamento del ciclo di studi coinvolto.
Dal punto di vista normativo, gli sforzi summenzionati si sono sviluppati cavalcando due filoni ben precisi, integrati il primo dal pilone dell’alternanza scuola-lavoro e il secondo dall’acuita spinta verso il sistema duale; gli strumenti messi in campo sono ancora oggi rappresentati dal contratto di tirocinio prioritariamente curricolare (contestualizzato cioè all’interno di un percorso di studio) e dal contratto di apprendistato c.d. di “primo livello” e di “terzo livello”, all’interno dei quali si è cercato di combinare il tradizionale apprendistato professionalizzante con obiettivi di natura scolastica o di ricerca.
Purtroppo gli esiti di tali innovazioni ad oggi sono numericamente modesti, non solo per l’ancestrale diffidenza dei soggetti datoriali nei confronti di nuovi strumenti contrattuali dai confini non limpidi, ma anche per la difficoltà di addivenire a un profilo regolatorio completo e omogeneo, stante la molteplicità degli interlocutori coinvolti (Regioni, Stato, parti sociali, etc.) e, invero, nonostante le appetibili agevolazioni (normative e sul versante del costo del lavoro, ivi compresa, in alcune realtà territoriali, la Garanzia Giovani) messe in campo su detta tematica.
La Legge di Stabilità per l’anno 2017, appena approvata nel turbolento panorama politico apertosi per la fuoriuscita dal Governo Renzi e pubblicata sulla G.U. n. n. 297/2016, S.O. n. 57, ritorna nuovamente sulla questione, offrendo un sistema di agevolazioni di sicuro interesse, con un duplice obiettivo costituito, da un lato, dalla volontà di stabilizzare posizioni lavorative (e non lavorative nel senso stretto del termine, come potrebbe essere nel caso di tirocinanti), purché le stesse, di massima, provengano dall’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro; in buona sostanza, le facilitazioni introdotte dovrebbero servire da traino virtuoso per il sistema di intreccio fra lavoro e mondo scolastico e della formazione professionale, divenendo una sorta di premio finale per il lodevole cammino intrapreso.
In sintesi, per le assunzioni a tempo indeterminato, anche per il tramite del contratto di apprendistato, effettuate nell’arco temporale 1° gennaio 2017 – 31 dicembre 2018, di giovani candidati purché entro i 6 mesi successivi all’acquisizione del titolo di studio (e, nel caso, vi è ampia scelta, dalla qualifica e diploma professionale sino al dottorato), viene statuito il beneficio dello sgravio dei contributi a carico del datore di lavoro, per anni 3, con un limite di 3.250 euro per anno.
L’effetto “trascinamento” dovrebbe compiersi attraverso una speciale condizionalità adottata quale presupposto legittimante l’agevolazione in esame, poiché il giovane interessato, per essere portatore di dote contributiva, dovrà avere svolto presso il datore di lavoro medesimo un periodo di apprendistato riconducibile alla specie “duale” oppure non meno del 30% delle ore di alternanza previste dalla vigente normativa (la c.d. “Buona Scuola”) in 400 ore nel triennio finale degli istituti tecnici e professionali e in 200 ore per i licei (lo stesso meccanismo è scolpito per la formazione professionale e il sistema universitario, sebbene, a dire il vero, sembri assente un richiamo all’apprendistato di ricerca che, come è noto, non prevede il conseguimento di un titolo di studio, bensì lo svolgimento di un percorso di ricerca).
In diversi termini, se il datore di lavoro vorrà acquisire un’agevolazione obiettivamente consistente, dovrà essere parte attiva dell’alternanza scuola-lavoro o del sistema duale, di talché un aspetto dovrebbe valorizzare l’altro e viceversa, generandosi di riflesso un vantaggioso corto circuito per il mondo del lavoro.
Detto che il vantaggio appena descritto sarà come d’abitudine gestito dall’Inps in funzione dell’ordine cronologicamente formato delle istanze datoriali, vengono comunque prorogate per l’anno 2017 le facilitazioni connesse all’apprendistato di primo livello per la qualifica e il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore, con precipuo riferimento all’esonero dalla contribuzione NASpI (anche in caso di licenziamento) e alla riduzione della contribuzione a carico del datore di lavoro.
Insomma, una nuovo investimento su un scommessa non ancora vinta, ma che potrebbe risultare cruciale per le sorti del mercato del lavoro interno e per abbattere gli indicibili tassi di disoccupazione giovanile, creando peraltro un bacino di risorse umane adeguatamente formate sia a scuola che sul campo.
E dunque, che sia alternanza, ma, possibilmente, stabilizzata!!
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