6 Ottobre 2016

Le ipotesi di legittimità del controllo occulto del lavoratore in malattia

di Alessandro Rapisarda

Le recenti modifiche normative introdotte dal D.Lgs. 151/2015 in materia di controlli sui lavoratori hanno confermato una regolamentazione speciale in materia di trattamento dei dati personali nell’alveo giuslavoristico.

Le disposizioni dell’articolo 2 St.Lav., nel limitare la sfera di intervento delle persone preposte dal datore di lavoro a tutela del patrimonio aziendale, non precludono a quest’ultimo di ricorrere ad agenzie investigative, purché non sconfinino nella vigilanza sull’attività lavorativa vera e propria, riservata dall’articolo 3 dello Statuto direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori. Tale intervento è giustificato non solo per l’avvenuta perpetrazione di illeciti e l’esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che illeciti siano in corso di esecuzione. Un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale ha reputato legittima l’attività investigativa messa in atto dal datore di lavoro a tutela degli interessi aziendali in presenza di fondati sospetti di compimento di atti illeciti dei lavoratori, purché l’attività non travalichi lo scopo e sconfini nel controllo delle prestazioni lavorative.

Sentenze della Corte di Cassazione avevano quindi già legittimato il controllo occulto operato da agenzie investigative quando posto in essere non per controllare la prestazione lavorativa, bensì il rispetto degli obblighi extracontrattuali. Sulla stessa linea anche le pronunce circa l’utilizzo delle risultanze investigative in giudizio per verificare la commissione di illeciti da parte dei propri dipendenti.

Non sempre però, nello svolgimento del rapporto di lavoro vero e proprio, è facile individuare un distinguo netto fra ciò che è un’obbligazione tipica del rapporto di lavoro e quello che può essere identificato extracontrattuale. Proprio su questo tema la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro Civile, con sentenza 16 agosto 2016, n. 17113, si è espressa dichiarando nello specifico legittima la ricerca degli elementi utili a verificare l’attendibilità della certificazione medica inviata dal lavoratore, compiuta da un’agenzia investigativa incaricata dal datore di lavoro, determinando quindi legittimo il licenziamento disciplinare conseguente a tale accertamento di malattia simulata.

Gli Ermellini precisano che è ormai acquisito in giurisprudenza il riconoscimento della facoltà del datore di lavoro di prendere conoscenza di comportamenti del lavoratore che, pur estranei allo svolgimento dell’attività lavorativa, sono rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

La Suprema Corte, inoltre, ritiene che vada ribadito, in ordine alla portata delle disposizioni statutarie (articoli 2 e 3, L. 300/1970) che delimitano, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, in coerenza con disposizioni e principi costituzionali, la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei propri interessi e cioè per scopi di tutela del patrimonio aziendale (articolo 2) e di vigilanza dell’attività lavorativa (articolo 3), che esse non precludono il potere dell’imprenditore di ricorrere alla collaborazione di soggetti (come, nella specie, un’agenzia investigativa) diversi dalle guardie particolari giurate per la tutela del patrimonio aziendale, né, rispettivamente, di controllare l’adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti, ai sensi degli articoli 2086 e 2104 cod. civ., direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica. Sempre la Suprema Corte nella sentenza in commento precisa che ciò non esclude che il controllo delle guardie particolari giurate, o di un’agenzia investigativa, non possa riguardare, in nessun caso, né l’adempimento né l’inadempimento dell’obbligazione contrattuale del lavoratore di prestare la propria opera, essendo l’inadempimento stesso riconducibile, come l’adempimento, all’attività lavorativa, che è sottratta alla suddetta vigilanza, ma deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero inadempimento dell’obbligazione.

 

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