4 Ottobre 2016

No all’iscrizione obbligatoria nel caso di locazione immobiliare

di Roberto Lucarini

 

Sul finire del mese di agosto, al lavoro nonostante il periodo, una stakanovista Cassazione trova il tempo di bacchettare per due volte, nel giro di due giorni, il nostro amato Istituto previdenziale.

Tema del contendere l’obbligatorietà o meno dell’iscrizione alla gestione Inps commercianti di soci, nel caso di società di persone, la cui società di appartenenza svolgeva soltanto l’attività di locazione immobiliare. L’Inps, neanche a dirlo, sostiene che, trattandosi di società commerciali, la loro attività deve obbligatoriamente ricondursi a un’attività commerciale. Di altro avviso, e giustamente, i Supremi giudici (e con loro i precedenti gradi di merito), i quali fanno notare che la sola locazione di un bene di proprietà non è attività commerciale, bensì mero godimento del bene stesso. Il fatto poi che ciò sia posto in essere da una società commerciale non conta affatto; ciò che rileva è l’effettiva attività svolta. Dopo precedenti sentenze di simile tenore (riscontrabili fin dal 2010), questa doppietta sembra aver sparato due pallottole davvero pesanti contro la tesi Inps. Vediamo la reazione che si avrà da parte dell’Istituto, il quale, tuttavia, è sempre restio a cedere anche di fronte a simili mazzate. Ergo, continuerà a trascinare in contenzioso altri contribuenti, a far loro perdere tempo e denaro, senza ottenere alcun risultato sul tema anzidetto.

Precedenti, purtroppo, ve ne sono.

Ricordate la questione della doppia iscrizione dei soci lavoratori e amministratori? L’Istituto, dopo numerose sconfitte sia in giudizi di merito che di legittimità, era sul punto di essere definitivamente abbattuto dalla sentenza di Cassazione, SS.UU. n. 3240/2010, con la quale fu definitivamente respinta la tesi Inps. Vuoi che, per mera opportunità di ordine economico-politico, il Legislatore, con una “normetta” di interpretazione, ai più apparsa pilotata, lanciò la scialuppa di salvataggio, tanto che l’Inps vide tornare in vita il proprio pensiero. Non dunque una vittoria giudiziaria, ma politica.

E che dire della grande operazione Poseidone (povero Poseidone, re dei mari, quale brutto utilizzo del tuo nome)? Tesi geniale: iscriviamo alla gestione obbligatoria tutti i soci che hanno barrato nel modello Unico, magari anche erroneamente, la casella di partecipazione come attività prevalente nella società. E che ci importa dell’attività effettivamente svolta e se, come detto, tale casella era barrata magari per errore …

Anche qui i giudici di merito stanno bacchettando l’Inps sulle posizioni oggettivamente insostenibili.

Ma dico io: c’è una norma, per restare alla gestione commercio, ossia l’articolo 29, comma 1, L. 160/1975. Essa detta dei caratteri necessari affinché il soggetto sia iscrivibile alla gestione obbligatoria. Che dovrebbe fare l’Istituto? Dovrebbe vagliare la singola posizione e valutarla alla luce di tali caratteri; solo dopo una indagine positiva avviare l’iscrizione di ufficio e l’avviso di addebito sugli anni pregressi.

Non ci riesce perché non ha i mezzi? E chi se ne frega!

Non per questo, infatti, si devono mettere in piedi operazioni standardizzate che sparano nel mucchio finendo per fare più danni che apportare benefici. Ci vorrebbe, sul punto, che le Corti adite iniziassero con condanne, contro l’Istituto, al pagamento delle spese; in questo caso, forse, anche i sordi tornerebbero a ben udire e si urlerebbe al … miracolo!!!

 

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