Solidarietà ex articolo 29 anche nei contratti commerciali atipici
di Luca Vannoni Scarica in PDFLa recente sentenza della Corte di Cassazione 11 ottobre 2024, n. 26881, offre l’interessante spunto per evidenziare la reale estensione della responsabilità in solido prevista dall’articolo 29, D.Lgs. 276/2003, riferita letteralmente agli “appalti di opere e servizi”.
In realtà, l’effettiva portata di tale solidarietà, relativa ai trattamenti retributivi e alla contribuzione previdenziale, è molto più ampia, a seguito di una progressiva estensione originatasi, in particolare, con la sentenza della Corte Costituzionale, n. 254/2017.
La responsabilità solidale, infatti, è diventata un principio che caratterizza tutte le forme di decentramento, e di dissociazione, fra titolarità del contratto di lavoro, e “utilizzazione della prestazione”, concetto che, come dimostra la sentenza in commento assume sempre più una connotazione economica in termini di utilità complessiva dell’esternalizzazione.
L’oggetto della pronuncia riguarda una particolare forma di esternalizzazione nel settore della GDO: un supermercato aveva affidato la gestione della pescheria interna mediante un contratto commerciale atipico composto dalla consegna all’affidataria di una parte del supermercato dotata di bancone, celle frigorifere, bilance ed attrezzature varie, quest’ultima procedeva con la vendita del pesce ai clienti il cui prezzo veniva pagato alle casse del supermercato; da un punto di vista economico, l’affidataria versava un canone annuo di euro 15.000 oltre ad una percentuale dei proventi della vendita del pesce.
A seguito del fallimento della società affidataria, due dipendenti chiesero, in virtù della solidarietà articolo 29, differenza retributive pari, rispettivamente, a € 8.619,11 e € 17.438,70.
La Corte di Appello di Firenze (sentenza n. 45/2023), dopo un primo grado favorevole ai lavoratori, respinse le domande, escludendo la natura di appalto al contratto commerciale posto in essere e, quindi, l’applicazione dell’articolo 29, D.Lgs. 276/2003.
La Suprema Corte, viceversa, rifiuta l’argomentazione secondo cui, “non vertendosi in ipotesi di contratto di appalto né di cessione di ramo di azienda ma di un contratto atipico, nato dalla prassi commerciale della grande distribuzione, non era applicabile l’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 che menziona esclusivamente l’appalto”.
E che, al più, poteva estendersi al contratto di trasporto.
Richiamando la citata sentenza della Corte Costituzionale (n. 254/2017) e applicando al caso di specie i principi in essa contenuti, sottolinea come ciò che rilevi non sia tanto l’esatta qualificazione del contratto, correttamente considerato dalla Corte di Appello di Firenze un contratto atipico a causa mista, ma “la necessità di verificare se vi sia stato un meccanismo di decentramento e di dissociazione fra la titolarità del contratto di lavoro e l’utilizzazione della prestazione lavorativa che possa giustificare una applicazione della garanzia di cui all’art. 29 D.lgs. n. 276/2003 citato”.
L’analisi della Cassazione si sposta, quindi, ai termini economici dell’accordo e, in particolare, all’interesse economico concreto, “da valutarsi avendo riguardo ad una eventuale sussistenza di una situazione di “dipendenza economica” e di assunzione di un maggior “rischio di impresa”, nel senso che deve essere accertato se lo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti sia eccessivo essendo il contraente che lo subisce privo di valide scelte alternative economiche sul mercato”.
Oltre alla struttura sopra evidenziata del contratto commerciale, se, da una parte, vero è che il prezzo veniva incassato dalla società affidataria che emetteva un proprio scontrino fiscale anche se il corrispettivo veniva poi pagato alla cassa del supermercato, dall’altra una serie di aspetti deponevano sul reale interesse economico:
- vi era l’obbligo della società affidataria di acquistare il pesce solo dal supermercato affidante e non da fornitori terzi;
- vi era l’obbligo di praticare gli stessi orari di apertura del supermercato;
- vi era il diritto dell’affidante di ispezionare il reparto per verificare la buona tenuta dello stesso e la vendita del pesce a prezzi contenuti.
Sulla base di tali presupposti, la Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile il regime di solidarietà.