Lavoro stagionale: soccorsi in arrivo dal DDL Lavoro
di Luca Vannoni Scarica in PDFFinalmente ha trovato spazio nelle aule parlamentari l’iter per l’attuazione del DDL n AC 1532-bis-A “Disposizioni in materia di lavoro” (cd. DDL Collegato Lavoro), provvedimento annunciato nella primavera del 2023 ma la cui discussione alla Camera, dopo passaggi e modifiche in Commissione Lavoro, è effettivamente iniziata solo a fine settembre 2024.
Dopo l’approvazione da parte della Camera, è necessario attendere il necessario passaggio al Senato per la definitiva promulgazione.
Ci sarà tempo per approfondire le tante novità che impatteranno nell’amministrazione del personale: in queste brevi note si vuole commentare una novità introdotta dopo i lavori in commissione e riguardante il lavoro stagionale.
Su tale fattispecie si sta, infatti, consolidando un orientamento secondo cui, in estrema sintesi, i picchi stagionali di attività continuative non possono essere considerate come lavoro stagionale.
Ad aprire la breccia, la Corte di Cassazione, sentenza n. 9243/2023, dove si è affermato che nel concetto di attività stagionale, riferibile all’impresa, possano comprendersi soltanto situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto e non anche a situazioni aziendali collegate a esigenze di intensificazione dell’attività lavorativa determinate da maggior richieste di mercato o da altre ragioni di natura economica produttiva.
Le fluttuazioni del mercato e gli incrementi di domanda che si presentino ricorrenti in determinati periodi dell’anno rientrano nella diversa nozione delle cosiddette punte di stagionalità, dove si assiste a un incremento della normale attività lavorativa connessa maggiori flussi.
Continua poi la Suprema Corte evidenziando come il D.P.R. 1525/1963, riferimento passato e presente per definire le attività stagionali, contenga “un’elencazione da considerarsi tassativa e non suscettibile di interpretazione analogica delle attività da considerarsi stagionali. Si tratta di indicazioni che depone nel senso della necessaria tipizzazione dell’attività stagionale che, in imprese che svolgono continuativamente la loro attività, deve essere chiaramente identificata. Ne consegue che la contrattazione collettiva, autorizzata a individuare le attività stagionali rispetto alle quali opera la delega al divieto di superamento del limite massimo di 36 mesi di durata cumulativa dei contratti a termine, deve elencare specificatamente quali sono le attività che si caratterizzano per la stagionalità”.
Sulla stessa frequenza vi è poi anche la recente Cassazione Civile, Sezione Lavoro, 12 giugno 2024, n. 16313, che conferma che il concetto di attività stagionale deve essere inteso in senso rigoroso e quindi comprensivo delle sole situazioni aziendali collegate ad attività stagionali in senso stretto, ossia ad attività preordinate ed organizzate per un espletamento temporaneo (limitato ad una stagione), le quali sono aggiuntive rispetto a quelle normalmente svolte dall’impresa.
Con l’articolo 11 del DDL Collegato Lavoro si tenta ora di disinnescare tale contenzioso: in particolare si prevede, con norma di interpretazione autentica dell’art. 21 co. 2, D.Lgs. 81/2015, che rientrino nelle attività stagionali, oltre a quelle indicate dal decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525, “le attività organizzate per fare fronte a intensificazioni dell’attività lavorativa in determinati periodi dell’anno, nonché a esigenze tecnico-produttive o collegate ai cicli stagionali dei settori produttivi o dei mercati serviti dall’impresa, secondo quanto previsto dai contratti collettivi di lavoro, ivi compresi quelli già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge, stipulati dalle organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative nella categoria, ai sensi dell’articolo 51 del decreto legislativo n. 81 del 2015”.
Attraverso la norma in via di emanazione di interpretazione autentica, dal carattere retroattivo, si vuole chiudere il contenzioso sorto ed evitare una sua propagazione in settori come quello dei pubblici esercizi. Con tutta probabilità, come avvenuto nel recente passato (trasferta/trasfertismo), avremo poi la contezza della reale tenuta della norma solo dopo un ulteriore applicazione giurisprudenziale, chiamata in primo luogo a verificare che non vi siano elementi di novità e, di fatto, si sia proceduto solamente nello scolpire un significato compatibile con il tenore letterale della norma interessata, al fine di porre rimedio ad una situazione di oggettiva incertezza del dato normativo.