Aggiornato il vademecum INL sul lavoro nero
di Carmine Santoro Scarica in PDFL’INL provvede ad aggiornare il compendio (vademecum, nota n. 856/2022) dedicato alla principale misura sanzionatoria applicata nella prassi, la c.d. maxisanzione per lavoro sommerso. La novità principale, molto rilevante per gli effetti pratici che produce, riguarda il recepimento dell’indirizzo giurisprudenziale che ritiene la maxisanzione un illecito istantaneo ad effetti permanenti. Ulteriori aggiornamenti riguardano, tra gli altri, il lavoro occasionale agricolo a tempo determinato, la regolarizzazione dei lavoratori ancora in forza all’atto dell’accesso ispettivo, l’assorbimento di altre sanzioni contestuali alla maxisanzione, il contratto di prestazione occasionale ex articolo 54-bis, D.L. 50/2017.
Il dibattito sulla natura della maxisanzione
L’innovazione ermeneutica più incisiva riguarda, senza dubbio, la mutata concezione della natura giuridica della maxisanzione.
In premessa, appare opportuno rammentare il precetto normativo, contenuto nell’articolo 3, comma 3, D.L. 12/2002, convertito in L. 73/2002. Nella sua vigente formulazione, il citato precetto punisce “l’impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato con la sola esclusione del datore di lavoro domestico”, salvo che “dagli adempimenti di carattere contributivo precedentemente assolti, si evidenzi comunque la volontà di non occultare il rapporto, anche se trattasi di differente qualificazione” (comma 4).
Dalla lettera della legge emerge, sul piano strutturale, che l’illecito consta sia di una condotta omissiva, la mancata effettuazione della comunicazione preventiva di assunzione alla P.A., sia di una commissiva, l’impiego effettivo di uno o più lavoratori subordinati. Nella morfologia della violazione le 2 condotte sono inscindibilmente connesse, essendo entrambe essenziali per la sua integrazione. Invero, la mera omissione della comunicazione preventiva di cui all’articolo 9-bis, comma 2, D.L. 510/1996, convertito nella L. 608/1996, integra una diversa violazione– nei residui casi di applicazione –, punita dall’articolo 19, comma 3, D.Lgs. 276/2003, mentre l’impiego di lavoratori regolarmente comunicati ovviamente non dà luogo ad alcun illecito.
Secondo il precedente, consolidato, orientamento di prassi del Ministero del lavoro, quella in argomento è una fattispecie illecita di natura permanente che si consuma nel momento in cui termina la condotta antigiuridica, in seguito alla cessazione del rapporto o alla sua regolarizzazione. Tale tesi è stata costantemente sostenuta dal Ministero del lavoro, in particolare nelle circolari n. 38/2010, n. 5/2014, n. 26/2015, nella lettera circolare n. 16494/2015 e, infine, nella lettera circolare n. 8906/2007. L’impostazione fu poi recepita dall’INL con circolare n. 2/2019 e ribadita nell’originaria versione del vademecum in commento. Pertanto, è agevole osservare che l’orientamento si era notevolmente consolidato nel tempo, essendo transitato dal Ministero del lavoro all’Ispettorato e avendo trovato, per di più, numerose adesioni presso la giurisprudenza di merito[1].
Di contro, la giurisprudenza di legittimità ha costantemente sostenuto il carattere omissivo-istantaneo della fattispecie, ritenendo prevalente, tra le condotte prefigurate alla legge, quella – cronologicamente anteriore – dell’omessa comunicazione preventiva di assunzione (da ultime, Cassazione n. 10746/2023 e n. 35978/2021). In tale quadro, sostiene la Cassazione, “occorre necessariamente fare rinvio ad ulteriori disposizioni che, imponendo l’obbligo di denunciare alle competenti autorità la costituzione del rapporto di lavoro, fungono da presupposto logico e giuridico rispetto alla essenza dell’illecito riconducibile al lavoro irregolare in quanto non formalizzato, posto che è attraverso l’obbligo di denuncia dell’esistenza del rapporto di lavoro (imposto al datore di lavoro e rivolto all’INPS ed agli enti preposti al settore), si garantisce l’interesse della pubblica amministrazione a vigilare sulla regolarità dell’occupazione ed è solo attraverso l’integrazione del precetto sanzionatorio con tali ulteriori disposizioni che si realizza la tipicità dell’illecito amministrativo in esame” (Cassazione n. 27002/2018; nello stesso senso Cassazione n. 11426/2018).
La Suprema Corte specifica il proprio orientamento nel senso che “la struttura dell’illecito in esame assume, per la conformazione che gli ha dato il diritto positivo, la connotazione di illecito di tipo omissivo che si consuma nel momento in cui, decorso il termine previsto dalla legge, la comunicazione non viene effettuata, mentre non assume rilevanza la circostanza che l’obbligo di comunicazione violato attenga alla costituzione del rapporto di lavoro che ha natura di contratto di durata”.
Concludono i giudici: “non si configura, dunque, nel caso di specie, la situazione tipica dell’illecito permanente che richiede, necessariamente, che la fattispecie tipica, indicata dalla legge, descriva una condotta ininterrotta e perdurante nel tempo, tenuta senza soluzione di continuità e dipendente dalla persistente volontà dell’agente, idonea a determinare una compressione costante del bene giuridico finché non venga meno la condotta stessa”.
La disputa non ha rilievo meramente teorico, giacché le diverse tesi hanno effetti pratici notevoli su vari profili di disciplina dell’illecito, in particolare sull’individuazione:
- della disposizione da applicare nel caso di successioni di leggi nel tempo;
- del dies a quo della prescrizione;
- della competenza territoriale amministrativa e giurisdizionale.
Quanto al primo aspetto, secondo l’impostazione dominante, l’illecito permanente si consuma al momento della cessazione della condotta ed è a tale momento che occorre riferirsi per stabilire la legge applicabile; ne deriva che, in caso di successioni di leggi nel tempo, si applicherà la norma vigente nel periodo di cessazione della condotta. Viceversa, l’illecito istantaneo si consuma immediatamente, cioè con la semplice realizzazione della condotta; sicché, in tal caso, la legge applicabile sarà senz’altro quella vigente a tale momento. Se la condotta punita è omissiva, come nel caso della maxisanzione, il momento perfezionativo dell’illecito coinciderà con la scadenza del temine per l’adempimento della comunicazione preventiva di assunzione.
Circa il dies a quo della prescrizione dell’illecito, esso coinciderà con il giorno successivo alla cessazione della condotta in ipotesi di illecito permanente, con il giorno successivo alla realizzazione della condotta stessa in ipotesi di illecito istantaneo.
Infine, in merito alla competenza territoriale amministrativa e giurisdizionale, ha rilievo il luogo di cessazione della condotta, in caso di illecito permanente, e di realizzazione dell’azione punita, in caso di illecito istantaneo. Per la fattispecie della maxisanzione, se si ritiene che essa abbia natura permanente, avrà rilievo il luogo in cui i lavoratori siano effettivamente impiegati e, in particolare, dove siano stati impiegati l’ultimo giorno di lavoro; viceversa, se si opti per la natura istantanea, il luogo sarà quello dove non è stato adempiuto l’obbligo di comunicazione preventiva, che nella prassi coincide con la sede amministrativa/legale dell’impresa.
Il nuovo orientamento INL
Nella nota INL n. 1156/2024 in commento, l’Ispettorato recepisce il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui la condotta di impiego irregolare di lavoratori subordinati, senza preventiva comunicazione di instaurazione del relativo rapporto di lavoro, integra un illecito di tipo omissivo istantaneo con effetti permanenti. Come detto, in tale ricostruzione il momento consumativo dell’illecito si ha quando, decorso il termine normativamente stabilito per la comunicazione di assunzione agli uffici competenti, la stessa comunicazione non viene effettuata. Ciò comporta, osserva l’INL, l’applicazione della normativa vigente al momento dell’instaurazione del rapporto sommerso e non della sua cessazione.
L’agenzia ispettiva evidenzia che il nuovo orientamento determina importanti effetti anche per quanto concerne la competenza territoriale ad adottare l’ordinanza ingiunzione. È opportuno rammentare, in proposito, che la L. 689/1981 radica la competenza in questione in virtù del criterio del locus commissi delicti, cioè del luogo ove si è realizzata la violazione (articolo 17, comma 5). Analogo criterio segue la competenza giurisdizionale del rito di opposizione a ordinanza ingiunzione (articolo 22, L. 689/1981 e articolo 6, comma 2, D.Lgs. 150/2011).
Va osservato che per gli illeciti commissivi risulta relativamente semplice individuare il luogo in questione, essendo quest’ultimo un sito “fisico” nel quale è stata compiuta l’azione illecita. Non può dirsi lo stesso per gli illeciti omissivi, rilevando in tal caso un luogo “virtuale”, quello cioè nel quale si sarebbe dovuto adempiere all’obbligo incombente sul relativo destinatario. Nelle fattispecie omissive, pertanto, l’identificazione spaziale della condotta è operazione che varia da caso a caso, dipendendo da vari fattori, primo tra tutti il tipo di obbligo omesso. Nel settore degli obblighi di comunicazione in materia di rapporti di lavoro, si può affermare che tale luogo coincida con la sede, per lo più amministrativa, del datore di lavoro ove concretamente vengono adempiuti tali obblighi. Peraltro, l’individuazione in astratto del luogo di adempimento risulta operazione piuttosto complessa, essendo in pratica rimessa alle scelte organizzative del datore di lavoro.
Tuttavia, l’Ispettorato, nell’ottica di semplificare l’onere concreto di individuazione in oggetto, ha ritenuto di fornire una precisa indicazione generale al personale ispettivo, che è quella di considerare la sede legale dell’impresa di riferimento quale sito di perfezionamento della violazione. In particolare, sostiene l’INL, nei casi di dissociazione tra sede legale (luogo di consumazione dell’illecito) e unità produttiva (luogo di accertamento dell’illecito), il personale ispettivo dovrà tramettere il rapporto ex articolo 17, L. 689/1981, all’ITL nel cui ambito di competenza è ubicata la sede legale, per la successiva adozione dell’ordinanza ingiunzione.
In altre parole, qualora, come non di rado accade, il luogo di espletamento delle prestazioni lavorative irregolari sia diverso da quello della sede legale, è a quest’ultimo sito che occorre fare riferimento, ai fini della competenza territoriale della potestà sanzionatoria, ex articolo 17, L. 689/1981, degli ITL. Ciò comporterà, verosimilmente, la confluenza di un significativo numero di rapporti e fascicoli ispettivi presso i nuovi Ispettorati di area metropolitana (IAM), ove spesso si concentrano le sedi legali delle aziende.
Gli altri aggiornamenti
Gli altri ambiti di novità del compendio in commento riguardano il lavoro agricolo, l’assorbimento di altre sanzioni contestuali alla maxisanzione, la regolarizzazione dei lavoratori ancora in forza all’atto dell’accesso ispettivo, il settore marittimo, il contratto di prestazione occasionale ex articolo 54-bis, D.L. 50/2017 e il tirocinio.
Riguardo al primo punto, l’INL rammenta che per il lavoro occasionale agricolo a tempo determinato (LOAgri), l’articolo 29, comma 6, D.L. 19/2024, ha modificato l’articolo 1, comma 354, L. 197/2022, chiarendo che, nelle ipotesi in cui sia omessa la comunicazione di instaurazione del rapporto, prevista dal comma 346, sarà applicabile la maxisanzione per lavoro sommerso, non essendo più prevista la specifica sanzione contenuta nel comma 354.
In relazione all’assorbimento delle altre sanzioni in astratto applicabili, ai sensi dell’articolo 3, comma 3-quinquies, D.L. 12/2002, l’agenzia ispettiva aggiunge, rispetto a quanto già indicato nella precedente versione, che la sanzione per l’omessa comunicazione di cessazione è esclusa solo nell’ipotesi in cui il rapporto oggetto di accertamento si sia svolto dall’inizio alla fine “in nero”. Invece, la stessa sanzione è applicabile ove il rapporto di lavoro sia iniziato in modo irregolare e sia successivamente “emerso”, a seguito di verifica ispettiva o per spontanea regolarizzazione da parte del datore di lavoro, per poi proseguire regolarmente fino alla sua conclusione.
In merito alla regolarizzazione dei lavoratori ancora in forza all’atto dell’accesso ispettivo, l’Ispettorato precisa che il vincolo relativo all’orario di lavoro ai fini della regolarizzazione (tempo indeterminato, anche parziale, con riduzione dell’orario non superiore al 50%, ovvero tempo determinato e pieno di durata pari ad almeno 3 mesi) riguarda unicamente il futuro periodo trimestrale di mantenimento in servizio, decorrente, di norma, dalla data dell’accesso ispettivo e non l’eventuale periodo prestato in nero, precedentemente all’accesso stesso.
L’INL specifica che gli adempimenti formali di assunzione, ossia consegna della dichiarazione/lettera di assunzione e comunicazione Unilav dovranno riportare l’effettiva data di inizio del rapporto di lavoro, eventualmente antecedente all’accesso ispettivo e riferirsi a una delle tipologie contrattuali normativamente richieste. Inoltre, la regolarizzazione del periodo pregresso, relativamente agli aspetti retributivi, contributivi e assicurativi, con le conseguenti registrazioni nel LUL, dovrà essere conforme all’impiego orario del lavoratore, come accertato dal personale ispettivo, nel rispetto del principio di effettività delle prestazioni, secondo cui i trattamenti, retributivo e contributivo, dovranno essere corrisposti in base al lavoro – in termini quantitativi e qualitativi – realmente effettuato sino al momento dell’accertamento ispettivo. Il periodo trimestrale di mantenimento in servizio – afferma ancora la nota n. 1156/2024 – dovrà avvenire nel rispetto dell’orario di lavoro previsto dalla tipologia contrattuale richiesta dalla norma e scelta dal datore di lavoro in fase di regolarizzazione.
Infine, in disparte ai marginali adeguamenti normativi in tema di settore marittimo e di contratto di prestazione occasionale, sono aggiornate anche le indicazioni relative alle interferenze tra la maxisanzione e il rapporto di tirocinio. In proposito, l’INL rettifica le istruzioni già fornite relativamente all’ipotesi in cui il rapporto di tirocinio difetti dei requisiti tipici e risulti, pertanto, non genuino.
In particolare, ove la prestazione sia stata correttamente comunicata al Centro per l’impiego, ma ricorrano gli indici della subordinazione, essa potrà essere solo oggetto del nuovo trattamento sanzionatorio per impiego fraudolento del tirocinante, previsto dall’articolo 1, comma 723, L. 234/2021, con possibilità per il tirocinante di adire l’Autorità giudiziaria per riconoscere la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato a partire dalla pronuncia giudiziale, non potendo trovare applicazione la maxisanzione per lavoro nero (INL, nota n. 530/2022).
Nella diversa ipotesi in cui difetti la comunicazione al Centro per l’impiego di un rapporto risultato genuino, il datore di lavoro ospitante sarà sanzionato con la sola sanzione da 100 a 500 euro per ogni lavoratore interessato, prevista dall’articolo 19, comma 3, D.Lgs. 276/2003.
[1] Recentemente, Tribunale Reggio Emilia, n. 112/2024, nonché Corte d’Appello Brescia, n. 83/2024, secondo cui la violazione in argomento contemplerebbe una condotta omissiva di natura permanente, in quanto, nonostante la scadenza del termine, permarrebbe l’obbligo di comunicare l’assunzione dei lavoratori; di conseguenza, l’illecito si consumerebbe con la cessazione della permanenza, come sarebbe confermato dal meccanismo sanzionatorio ingravescente, connesso alla durata della condotta di impiego della manodopera. In precedenza, Corte d’Appello Firenze n. 502/2021, Corte d’Appello Torino, n. 483/2020.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza”