8 Maggio 2024

D.L. 19/2024: novità in tema di sicurezza sul lavoro 

di Fabio Pontrandolfi Scarica in PDF

Il D.L. 19/2024 ha introdotto, con gli articoli 29, 30 e 31, numerose disposizioni in tema di sicurezza sul lavoro. L’articolo si sofferma sulle principali, con esclusione degli aspetti relativi alla lotta al lavoro nero e irregolare, al regime dei benefici contributivi e normativi e al sistema degli appalti, che saranno trattati in altri approfondimenti. La più rilevante – la patente a crediti per le imprese che operano nei cantieri edili – presenta luci e ombre che vengono delineate nell’articolo.

 

Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del lavoro irregolare (articolo 29)

Gli interventi che introducono strumenti di contrasto al lavoro nero e irregolare intersecano il tema della sicurezza per più profili: la perdita dei benefici normativi e contributivi è legata all’assenza di violazioni in materia di salute e sicurezza (comma 1); la grave violazione dei contratti è spesso legata anche alla violazione degli obblighi di sicurezza sul lavoro (commi 4-6); la lista di conformità dell’INL è legata all’assenza di violazioni o irregolarità anche in materia di salute e sicurezza sul lavoro (comma 7); la verifica della congruità della manodopera è funzionale a verificare l’adeguatezza dell’organizzazione aziendale in relazione all’appalto, anche per evitare il ricorso al subappalto e per garantire un’organizzazione efficace sul piano della sicurezza (commi 10-14).

Si tratta di interventi su aspetti regolatori, formali e sanzionatori, che, per quanto corretti e da valutare positivamente, per essere anche efficaci richiedono l’esercizio della vigilanza sul loro rispetto. E proprio sulla vigilanza si appuntano le principali critiche, in quanto – considerando l’incidenza del lavoro nero sul Pil (nel 2021, ultimo dato Istat, si parla di 3 milioni di lavoratori in nero e di 174 miliardi di economia sommersa) – probabilmente gli strumenti ordinari e l’incremento di personale, per quanto necessari, non sono più sufficienti.

La perdita dei benefici normativi e contributivi (articolo 1, comma 1175, L. 296/2006) viene ora collegata all’assenza di violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro: nei primi testi, mancava il riferimento a un decreto ministeriale che, sul modello del Durc, individuasse le violazioni gravi che legittimano l’adozione del pesante provvedimento della perdita dei benefici. Opportunamente, è stato inserito, consentendo quindi di garantire coerenza ed equilibrio tra la violazione e le sue conseguenze.

La creazione di una lista di conformità per le imprese, che, a seguito di controlli, non evidenzino violazioni in materia di salute e sicurezza, ha elementi di coerenza e altri di illogicità. Se, per un verso, una verifica regolare deve, in qualche modo, premiare le aziende più attente (anche orientando i controlli alle realtà imprenditoriali che tale correttezza non dimostrano), per altro verso, si prevede che l’esonero dal controllo non riguardi la sicurezza: un’evidente contraddizione che rende la misura poco coerente.

Ma ciò che, veramente, rende la misura sostanzialmente lettera morta, è l’assenza del riferimento alla tipologia di violazioni in materia di sicurezza che rilevano ai fini della iscrizione nella lista: posta la complessità della legislazione in materia di sicurezza sul lavoro e la genericità della nozione di violazione (riconducibile anche al mancato rispetto del genericissimo articolo 2087, cod. civ.), è pressoché impossibile che, a un’attenta ispezione, non emergano violazioni.

Altrettanto si può dire per la misura che viene introdotta con l’obiettivo di incrementare la sicurezza nei cantieri edili: un sistema di qualificazione tramite crediti (la c.d. patente a crediti).

Mutuato dal meccanismo della patente di guida, il sistema – che dovrebbe operare da ottobre 2024 – nella sua attuale declinazione non appare efficace e, anzi, denso di criticità.

Il rappresentante legale dell’azienda (edile e non) che “opera” nei cantieri nei quali si svolgono lavorazioni edili (escluse le imprese titolari dell’attestazione Soa) deve richiedere un documento digitale, tenuto e gestito dall’Ispettorato del lavoro, che viene rilasciato dietro verifica del possesso di alcuni requisiti (iscrizione alla CCIAA, adempimento degli obblighi di formazione, possesso del Durc ai fini della regolarità contributiva, del DVR ai fini del rispetto degli obblighi fondamentali di sicurezza, e del Durf, ai fini della regolarità fiscale). Il documento (senza distinzione di tipologia dimensionale d’impresa) è dotato di un punteggio iniziale di 30 punti, che viene decurtato progressivamente (a seguito di violazioni di alcune norme e di eventi di morte e infortunio grave) e viene reintegrato per effetto di alcuni adempimenti (formazione, adozione di modelli organizzativi, assenza di violazioni per almeno 2 anni).

Raggiunta la soglia minima di 15 punti per effetto delle decurtazioni, non è più possibile operare nei cantieri (sull’intero territorio nazionale) fino a che non viene recuperato il punteggio, attraverso le azioni sopra indicate. È prevista, in alcuni casi più gravi, la possibilità della sospensione della patente da parte dell’Ispettorato del lavoro, secondo regole che saranno disciplinate dalla stessa Autorità.

Il controllo in cantiere sul possesso della patente da parte delle imprese “esecutrici” e sull’attestazione Soa è rimesso al committente o al responsabile dei lavori (articolo 90, comma 9, D.Lgs. 81/2008).

Il meccanismo introdotto dal Legislatore non svolge una funzione interinale (interrompere immediatamente la lavorazione o l’attività d’impresa), che resta affidata agli strumenti tradizionali (la sospensione dell’attività, ex articolo 14, D.Lgs. 81/2008; la prescrizione, ex D.Lgs. 758/1994; il sequestro di polizia giudiziaria, articolo 357, c.p.p.).

In effetti, l’assenza di patente (in assoluto o in attesa del suo rilascio) o la perdita del punteggio minimo non precludono la prosecuzione dell’esecuzione dell’appalto in essere, così come non è prevista, ad oggi, l’interdizione in caso di sospensione facoltativa da parte dell’Ispettorato del lavoro. Lo stesso svolgimento di attività in cantiere senza patente o con patente priva del punteggio minimo costituisce violazione sanzionata esclusivamente in via amministrativa.

Nemmeno la decurtazione dei punti, non avendo lo strumento finalità interinali, è immediata: il presupposto per la sua adozione è, infatti, il carattere definitivo del provvedimento che accerta la violazione o la responsabilità, che può essere tanto un atto amministrativo, quanto un atto di polizia giudiziaria, quanto la sentenza (soprattutto in caso di evento infortunistico). Questo sposta evidentemente la decurtazione del punteggio a un momento che potrebbe essere lontano di anni dalla violazione o dall’evento stesso.

La qualificazione è relativa alle sole attività svolte nei cantieri edili, per cui non è richiesta per lo svolgimento di qualsiasi altra attività, a prescindere dalla complessità e pericolosità delle lavorazioni svolte o che creano interferenze (ad esempio, installazione di un grande impianto in un’impresa metalmeccanica).

Se il dichiarato intento del Legislatore era l’introduzione di un sistema di qualificazione delle imprese, la regolazione introdotta manca di una reale logica qualificatoria o premiale, rendendo così l’istituto meramente sanzionatorio.

Non sono, infatti, presenti elementi di qualità che consentano di distinguere nettamente ex ante chi opera in regola, con esperienza, in presenza di elementi oggettivi di buona amministrazione generale dell’azienda e, più in particolare, della sicurezza e chi si improvvisa o non rispetta obblighi e diritti. Occorre, invece, selezionare indici di qualità e applicarli, al limite escludendo chi li possiede dall’obbligo della patente a crediti. E non è affatto difficile individuarli: applicazione della contrattazione collettiva stipulata tra le organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative e maggiormente applicata ai lavoratori del settore; esperienza nel settore certificata dall’iscrizione pluriennale alla CCIAA in attività legate ai cantieri certificate dai codici Inps e Inail; adozione di modelli di organizzazione e gestione; essere destinatari di finanziamenti Inail per la prevenzione o beneficiare dell’oscillazione del premio Inail per prevenzione o per andamento infortunistico; avere un efficace sistema di controllo di qualità sugli appalti (white list). E si potrebbe continuare.

Al contrario, per come delineato nel D.L., il meccanismo determina numerosi paradossi, in quanto non riesce a focalizzare efficacemente la finalità per la quale è pensato, in considerazione del rischio e delle condotte che intende prevenire.

Con riferimento ai presupposti per la perdita del punteggio, una grande impresa che svolge più appalti e che incorre in 2 violazioni per ritardo nell’aggiornamento di 2 lavoratori perde la possibilità di lavorare nei cantieri e perde gli stessi punti che perde una piccola azienda con lavoratori in nero nella quale avviene un infortunio mortale; un’azienda di rilevanti dimensioni ha maggiore possibilità di incorrere in violazioni di un’impresa piccola (ma il punteggio iniziale e le decurtazioni sono disposti in egual misura); un’impresa che accede occasionalmente al cantiere e per lavori non caratteristici del cantiere (ad esempio, fornitura di pasti ai lavoratori, lavori di pulizia, etc.) o il lavoratore autonomo che accede una tantum per un rilievo tecnico, hanno le stesse regole dell’impresa edile che realizza l’opera o di quella che installa grandi impianti nel cantiere; l’impresa di rilevanti dimensioni che opera in più cantieri rischia di bloccare l’attività nell’intero territorio nazionale per violazioni non gravi (ad esempio, ritardo nell’aggiornamento della formazione); la commissione di violazioni non direttamente inerenti alla sicurezza in un cantiere (ad esempio, mancanza del Durc regolare per violazioni minime) compromette l’attività sull’intero territorio, con problemi alla gestione di migliaia di lavoratori impegnati negli appalti (per i quali, ovviamente, non è possibile ricorrere alla cassa integrazione, perché il fatto è attribuito alla responsabilità dell’imprenditore); la patente, prevista per il lavoro nei cantieri edili, rischia di non applicarsi alla maggior parte delle imprese edili in quanto titolari di Soa (che ha presupposti di rilascio e di perdita molto diversi da quelli previsti per la patente).

Non è, poi, ancora del tutto chiaro se la patente si applichi alle sole aziende edili o no: se, da un lato, il riferimento alle aziende che operano in cantiere sembra far propendere per un’applicazione generalizzata, 2 riferimenti hanno chiaramente segno opposto. Nelle more del rilascio della patente è consentito lo svolgimento delle “attività di cui al Titolo IV” (quindi non coinvolge quelle non edili, che sembrano pertanto escluse dal possesso della patente e dalle conseguenti limitazioni). Ancora: con riferimento al controllo del possesso della patente, modificando l’articolo 90, D.Lgs. 81/2008, si prevede che il committente verifichi il possesso della patente nei confronti delle “imprese esecutrici” (che sono imprese che svolgono attività edili, tenute al possesso del Pos).

Se sono presenti le incoerenze sopra indicate, ancor più grave è la criticità della tecnica di individuazione delle violazioni dalle quali scaturisce la decurtazione del punteggio.

Si pensi al riferimento all’allegato I, D.Lgs. 81/2008, che indica gli illeciti gravi che comportano la sospensione dell’attività (articolo 14, D.Lgs. 81/2008): si sarebbero prodotti effetti paradossali se l’Ispettorato del lavoro non fosse corso ai ripari rileggendo la norma e dandone una lettura che consente di applicare ragionevolmente la disposizione. Visto il suo richiamo, occorre nuovamente rileggere quella norma, per evitare conseguenze ancor più paradossali. Una per tutte: nel caso dell’articolo 14 la sanzione era applicata alla porzione di attività interessata dalla violazione o al singolo lavoratore non formato, occorreva una certa percentuale di lavoratori in nero; in questo caso, si rischia di interrompere l’attività sul piano nazionale e non operano le distinzioni e condizioni sopra indicate.

Le “violazioni che espongono ai rischi indicati nell’allegato XI del Dlgs 81/2008”: una tecnica definitoria assolutamente generica e priva dei requisiti di tassatività e determinatezza, a fronte della grave sanzione incidente sulla libertà d’impresa. Un solo esempio, forse il più calzante per l’attività di cantiere: “lavori che espongono i lavoratori a rischi di seppellimento o di sprofondamento a profondità superiore a m 1,5 o di caduta dall’alto da altezza superiore a m 2, se particolarmente aggravati dalla natura dell’attività o dei procedimenti attuati oppure dalle condizioni ambientali del posto di lavoro o dell’opera”.

Vari elementi di criticità si sovrappongono: manca l’indicazione puntuale delle violazioni; non è chiaro in cosa consista l’aggravamento particolare; restano indeterminati i concetti di “natura dell’attività” e di “procedimento attuato”; altrettanto generico il riferimento alle “condizioni ambientali del posto di lavoro o dell’opera”. Va notato che il riferimento all’allegato XI è servito al Legislatore del 2008 per aggravare la responsabilità del datore di lavoro per la specifica violazione dell’articolo 96, comma 1, lettera g) (ossia mancata redazione del Pos), laddove “svolga lavorazioni in presenza di rischi particolari individuati in base all’allegato XI”. Qui, invece, c’è un generico riferimento a indeterminate “violazioni”. Dal confronto di queste 2 ipotesi sanzionatorie, poi, emergono ulteriori incongruenze quanto alla gravità: la violazione dell’allegato I può consistere anche nel mancato aggiornamento della formazione per un lavoratore (e comporta 10 punti di penalizzazione); la seconda costituisce una fattispecie aggravante di un reato (articolo 159, D.Lgs. 81/2008) e incide molto più gravemente sulla sicurezza (ma comporta 7 punti di penalizzazione).

Il riconoscimento della responsabilità datoriale per un infortunio (mortale o meno) pone un problema assai rilevante: l’indeterminatezza del nostro sistema normativo (e del conseguente sistema sanzionatorio) porta a fondare la responsabilità ora su fatti puntuali ora su fatti generici (ad esempio, articolo 2087, cod. civ). Inoltre, non è definito, nella norma e nella giurisprudenza, se una responsabilità per l’infortunio possa derivare anche da violazioni non direttamente incidenti sulle cause dell’evento (nel senso della efficienza causale): la mancanza della redazione di un documento, l’impiego di lavoro irregolare, il mancato completamento dell’aggiornamento della formazione, la mancata dotazione di un DPI potrebbero, tutti, essere considerati antecedenti casuali (più o meno lontani) dell’evento.

Il rischio, quindi, è di colpire un’impresa con la sospensione dell’attività su tutto il territorio nazionale per fatti indubbiamente illeciti in sé, ma non causalmente connessi all’evento.

Si perde, così, di vista la realtà nella quale avvengono statisticamente, secondo l’Inail, gli infortuni, sia con riferimento alla dimensione dell’impresa (quelle più piccole, spesso prive di esperienza e organizzazione) sia alle modalità di accadimento degli eventi (prevalentemente cadute dall’alto) sia alle condizioni di lavoro (prima di tutto, il lavoro nero). Al contrario, la sanzione viene applicata indistintamente a tutte le imprese, in relazione a qualsiasi evento e per qualsiasi violazione.

Dal regime della patente a crediti sono escluse le imprese in possesso dell’attestato Soa (articolo 100, comma 4, D.Lgs. 36/2023). La previsione è stata criticata per un duplice ordine di motivi: i 2 strumenti (patente e Soa) hanno presupposti per rilascio e perdita profondamente differenti, creando così un regime differenziato, in particolare con riferimento ai parametri relativi alla sicurezza sul lavoro. In secondo luogo, posto che lo strumento è destinato a operare per i lavori in cantiere, la previsione esclude moltissime imprese edili, per cui la patente a crediti sarebbe destinata a essere applicata prevalentemente a imprese non edili, non in possesso di Soa. Inoltre, la norma non precisa il tipo di certificazione necessaria, posto che esistono differenti categorie (per attività e importo).

Come sempre (era accaduto già con il D.Lgs. 81/2008 a seguito della tragedia della ThyssenKrupp) la normativa adottata sull’onda della giusta emozione per i fatti che avvengono non è mai foriera di risultati positivi.

Venendo ora al rafforzamento dell’attività di contrasto alle violazioni contributive, l’articolo 30 introduce numerose modifiche e integrazioni volte a sostenere i percorsi di regolarizzazione.

In particolare – facendo salve eventuali disposizioni che prevedono l’applicazione di regimi sanzionatori più favorevoli – si prevede:

  • la riduzione della sanzione civile in caso di pagamento tempestivo (modificando la L. 388/2000, articolo 116, comma 8, lettere a) e b);
  • l’introduzione ex novo di un incentivo a regolarizzare tempestivamente a seguito di situazioni debitorie rilevate d’ufficio dagli enti impositori ovvero verifiche ispettive (lettera b-bis) del medesimo articolo 116);
  • la riduzione della sanzione ai soli interessi legali in caso di incertezze interpretative (articolo 116, comma 10, L. 388/2000);
  • una disciplina per la riduzione delle sanzioni civili in riferimento sia alla presenza di incertezze interpretative sia in presenza di fattispecie di omissione o di evasione contributiva, mentre in precedenza era prevista la sola omissione (modifica all’articolo 116, comma 15, lettera a), sopra richiamato);
  • la riduzione delle sanzioni civili nella nuova ipotesi di crisi, riconversione o ristrutturazione aziendale per i quali siano stati adottati i provvedimenti di concessione del trattamento di integrazione salariale straordinario e, comunque, in tutti i casi di crisi che presentino particolare rilevanza sociale ed economica in relazione alla situazione occupazionale locale e alla situazione produttiva del settore e che rendono probabile l’insolvenza (articolo 116, comma 15, lettera b), L. 388/2000).

In linea con questa logica di spinta alla regolarizzazione, il Legislatore (articolo 30, commi 5-9, D.L. 19/2014) ha formalmente disciplinato un’attività di verifica della compliance delle aziende da parte dell’Inps, introducendo nuove e più avanzate forme di comunicazione tra Istituto e contribuente.

L’Inps – anche preventivamente rispetto alle scadenze contributive e secondo le regole stabilite dal CdA, con un regime di maggioranza qualificata, approvate dal Ministero del lavoro – metterà a disposizione del contribuente gli elementi e le informazioni in suo possesso acquisiti direttamente o pervenuti da terzi, relativi ai rapporti di lavoro, agli imponibili e agli elementi rilevanti ai fini della determinazione degli obblighi contributivi.

Il contribuente, per parte sua, potrà segnalare all’Inps eventuali fatti, elementi e circostanze da quest’ultimo non conosciuti.

In presenza di inadempimenti, la regolarizzazione secondo le modalità indicate nella delibera del CdA sopra richiamata comporterà la riduzione delle sanzioni civili, con possibilità di pagamento in forma rateale del debito e con aggravamento degli oneri in caso di mancata regolarizzazione.

Al fine di accertare le violazioni (commi 10-16), viene prevista la possibilità di accertamenti eseguiti d’ufficio dall’Inps sulla base di elementi tratti anche dalla consultazione di banche dati dell’Istituto medesimo o di altre P.A.. A questo fine, viene attivato un canale di comunicazione tra Inps e contribuente, al fine di consentire all’Istituto di richiedere dati al contribuente, di convocarlo per un confronto o per renderlo edotto degli accertamenti e di richiedere dati a terzi relativi ai rapporti intrattenuti con il contribuente. In caso di adesione tempestiva all’accertamento negativo (30 giorni dall’avviso di pagamento), la sanzione civile dovuta ai sensi dell’articolo 116, comma 8, lettere a) e b), L. 388/2000, è ridotta del 50% in caso di versamento in unica soluzione (l’articolo 30, comma 13, D.L. 19/2014, fa erroneamente rinvio all’articolo 116, comma 8, lettera c), invece che al comma b-bis introdotto dal medesimo D.L. 19/2024). La mancata collaborazione del contribuente, in caso di accertamento negativo dell’obbligo contributivo, costituisce argomento di prova al quale il giudice può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della decisione (comma 14).

Il pacchetto normativo in tema di rafforzamento della lotta al lavoro irregolare e sommerso si completa (articolo 31) con il potenziamento degli organici del personale ispettivo dell’INL (compreso il contingente di personale nucleo dell’Arma dei carabinieri), il miglioramento del relativo trattamento economico (comma 11), l’ampliamento degli organici e del trattamento economico del personale con funzioni ispettive di Inps e Inail (che non è più considerato come ruolo a esaurimento per effetto dell’abrogazione degli articoli 6, comma 3, e 7, commi 1 e 3, D.Lgs. 149/2015).

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Il giurista del lavoro”