17 Aprile 2024

Lavoro nero: il nuovo regime sanzionatorio, i costi diretti e quelli indiretti

di Barbara Garbelli Scarica in PDF

La pubblicazione del D.L. 19/2024 ha avuto un forte impatto su tutte quelle forme di irregolarità che si registrano, pressoché quotidianamente, nel mondo del lavoro. Il Legislatore, nel complesso di un progetto volto a favorire e incentivare la regolarità, la sicurezza e l’etica del lavoro, è intervenuto sulla maxisanzione per l’occupazione di lavoratori irregolari (o in nero), prevedendo un inasprimento delle somme a essa collegate.

Questa disposizione si colloca, tuttavia, in un contesto più ampio, che dispone – direttamente e indirettamente – numerose sanzioni collegate all’occupazione irregolare di lavoratori.

 

La maxisanzione per lavoro nero: evoluzione storica e stato attuale

La cosiddetta maxi sanzione è stata introdotta nel nostro ordinamento dall’articolo 3, D.L. 12/2002, convertito, con modificazioni, dalla L. 73/2002, che prevede, in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro da parte del datore privato (con la sola esclusione del datore di lavoro domestico) l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria (c.d. maxi sanzione), modulata per fasce definite in funzione della durata dell’illecito.

Il lavoro irregolare è quello prestato dal lavoratore subordinato senza la preventiva trasmissione della comunicazione obbligatoria di assunzione di cui all’articolo 9-bis, D.L. 510/1996, convertito dalla L. 608/1996, fatti salvi i casi di urgenza connessi a esigenze produttive di cui all’articolo 9-bis, comma 2-bis, le cui comunicazioni possono essere effettuate entro 5 giorni dall’instaurazione del rapporto di lavoro, fermo restando l’obbligo di comunicare entro il giorno antecedente l’inizio della prestazione lavorativa le generalità del lavoratore e del datore di lavoro, nonché la data di inizio dell’attività.

Sono fatti salvi, inoltre, i casi in cui il datore di lavoro non possa procedere alla comunicazione obbligatoria per chiusura, anche per ferie, dello studio di consulenza o associazione di categoria cui il datore di lavoro ha affidato la gestione degli adempimenti in materia di lavoro, nonché i casi in cui, a causa dell’imprevedibilità dell’evento e dell’improcrastinabilità dell’assunzione, non avrebbe potuto prevederla ed è, quindi, impossibilitato a conoscere le generalità del personale da assumere.

In linea generale, “il rapporto di lavoro che può integrare l’applicazione della maxi-sanzione deve presentare i requisiti propri della subordinazione di cui all’articolo 2094 del c.c.” e, conseguentemente, ne sono esclusi i rapporti in ambito societario e familiare, se mancanti del requisito della subordinazione.

L’illecito da cui deriva l’applicazione della maxisanzione può essere contestato da tutti gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro, fisco e previdenza, con la competenza degli ITL alla ricezione del rapporto.

Le sanzioni definite in tal contesto, hanno, poi, subito una variazione con la L. 145/2018, che ha disposto il raddoppio della maggiorazione in caso di recidiva, ovvero nelle ipotesi in cui il datore di lavoro, nei 3 anni precedenti, fosse stato destinatario di sanzioni amministrative o penali per i medesimi illeciti.

Con l’introduzione dei precetti del D.L. 19/2024 assistiamo a un ulteriore aumento della sanzione, senza alcuna modifica al meccanismo di quantificazione; a oggi l’apparato sanzionatorio (che, ricordiamo, è in vigore già dallo scorso 2 marzo), prevede un importo di sanzione:

  • da 1.950 a 11.700 euro per ogni lavoratore, sino a 30 giorni di lavoro (recidiva 2.400-14.400 euro);
  • da 3.900 a 23.400 euro per ogni lavoratore, da 31 a 60 giorni di lavoro (recidiva 4.800-28.800 euro);
  • da 7.800 a 46.800 euro per ogni lavoratore, oltre 60 giorni di lavoro (recidiva 9.600-57.600 euro).

Pertanto, nella peggiore delle ipotesi, il datore di lavoro che occupa personale irregolare può essere investito da una sanzione di 57.600 euro.

Giova ricordare che, sul punto, varranno comunque le indicazioni fornite dall’INL con vademecum sull’applicazione della maxisanzione per lavoro sommerso del 22 luglio 2022, secondo cui il sistema di recidiva non opera nelle ipotesi di estinzione degli illeciti amministrativi contestati, qualora sia intervenuto il pagamento in misura ridotta a norma dell’articolo 16, L. 689/1981, a cui va equiparato il pagamento in ragione dell’articolo 13, D.Lgs. 124/2004.

A tale importo, così come sopra definito, si sommano ulteriori sanzioni (tra cui alcune a carattere anche penale), che sono frutto di disposizioni normative succedutesi negli anni e che sono applicabili, a pieno titolo, in caso di occupazione di lavoratori irregolari.

 

Lavoro nero e sicurezza sul lavoro: sospensione dell’attività imprenditoriale

Da primo, rileva come l’occupazione di lavoratori in nero sia strettamente connessa all’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale, regolamentato dall’articolo 14, D.Lgs. 81/2008 (più volte rivisto e aggiornato da documenti sia di norma sia di prassi).

L’ultima modifica importante apportata dal Legislatore è data dalle disposizioni della L. 215/2021, di conversione del D.L. 146/2021: nella sua nuova versione l’istituto della sospensione dell’attività imprenditoriale ha assunto un nuovo aspetto, maggiormente oggettivo rispetto alle condizioni normative precedenti, che lasciavano alla discrezionalità del personale ispettivo la scelta di sospendere o meno l’attività imprenditoriale.

Il provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale è un atto emesso dall’organo di vigilanza, qualora nell’atto ispettivo vengano accertate condizioni di lavoro irregolare e/o gravi violazioni in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro; una prima condizione che comporta l’adozione del provvedimento di sospensione si verifica qualora nell’impresa almeno il 10% dei lavoratori presenti sul luogo di lavoro risulti occupato, al momento dell’accesso ispettivo, in nero, ossia “senza preventiva comunicazione di instaurazione del rapporto di lavoro” (in precedenza il riferimento era il 20%).

Come specifica l’INL con la circolare n. 3/2021, la “regolarizzazione dei lavoratori nel corso dell’accesso è del tutto ininfluente e pertanto il provvedimento andrà comunque adottato”.

La sospensione per lavoro irregolare coinvolge sia i lavoratori subordinati sia parasubordinati, che possono, pertanto, essere ricompresi nel computo della verifica del raggiungimento, o meno, della percentuale del 10%, ovvero:

  • i lavoratori per i quali non è stata effettuata la comunicazione preventiva e i lavoratori autonomi occasionali in assenza delle relative condizioni richieste dalla normativa;
  • i beneficiari di tirocinio formativo e di orientamento (o di esperienze assimilate) per i quali non è stata effettuata la relativa comunicazione preventiva UniLav.

Giova inoltre ricordare che l’articolo 2, D.Lgs. 81/2008, definisce lavoratore “la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”:

su questo si fonda la base di computo per calcolare il 10% dei lavoratori irregolari, come indica l’INL nella circolare n. 3/2021, che finisce per comprendere altre tipologie di soggetti, quali, ad esempio, i collaboratori familiari anche impiegati per periodi inferiori alle 10 giornate di lavoro, nonché i soci lavoratori ai quali non spetta l’amministrazione o la gestione della società.

Nonostante la norma in commento preveda espressamente il divieto di sospendere l’attività imprenditoriale qualora il lavoratore irregolare sia anche l’unico occupato dal datore di lavoro, in realtà anche la microimpresa che occupa un lavoratore in nero può incorrere nella sospensione dell’attività imprenditoriale: questo è ciò che emerge dalla nota INL n. 162/2023, in risposta a un dubbio interpretativo avanzato dal personale ispettivo in relazione ai contenuti dell’articolo 14, D.Lgs. 81/2008.

I contenuti della nota richiamata hanno chiarito un ulteriore aspetto applicativo del provvedimento; in tale contesto il Legislatore, abbassando la soglia percentuale di lavoro nero che comporta la sospensione imprenditoriale (da 20% a 10% del personale occupato), ha precisato che tale sanzione non è applicabile all’imprenditore che occupa il solo lavoratore in nero, derogando di fatto alle disposizioni generali.

Tuttavia, al di fuori di questo contesto, la nuova versione dell’articolo 14, D.Lgs. 81/2008, ha introdotto ulteriori inadempimenti che comportano la sospensione dell’attività imprenditoriale, fra cui (a titolo esemplificativo e non esaustivo):

  • la mancata redazione del documento di valutazione dei rischi (DVR),
  • la mancata istituzione del servizio di prevenzione e protezione.

Ed è proprio in questo contesto che si collocano i contenuti della nota n. 162/2023 dell’INL: ove la microimpresa, oltre a occupare un solo lavoratore – non regolarmente comunicato agli organi preposti – non sia in possesso del DVR o del servizio di prevenzione e protezione scatta la sospensione dell’attività.

Pertanto, l’occupazione del solo lavoratore “in nero” è solo un aspetto di una condizione di potenziale insicurezza ben più ampia: questo implica che la sospensione potrebbe scattare nel momento in cui il datore di lavoro è privo degli ulteriori adempimenti sanzionati in tal senso.

 

ESEMPIO

A titolo esemplificativo, una società composta da almeno 2 soci per cui sono stati gestiti correttamente gli adempimenti obbligatori in materia di salute e sicurezza non subirà sospensione, mentre un’azienda individuale – non tenuta ad alcun adempimento – si troverà con la saracinesca temporaneamente abbassata.

 

Sanzioni indirette: lavoro nero e mancata predisposizione del LUL

Occupare un lavoratore “in nero” comporta ulteriori inadempimenti, che, seppur non direttamente collegati alla maxisanzione per lavoro nero e all’eventuale sospensione dell’attività, sono altrettanto impattanti sull’equilibrio e sull’economia della realtà aziendale.

In primis, un lavoratore privo di impiego irregolare è un lavoratore a cui non viene predisposto (e consegnato) il LUL: in base alle previsioni dell’articolo 22, commi 5-7, D.Lgs. 151/2015, tale inadempimento è sanzionato con una sanzione amministrativa da 150 a 7.200 euro, senza, tuttavia, conseguenze di natura penale.

Nello specifico, l’articolo 22, comma 5, in commento prevede che “Salvo i casi di errore meramente materiale, l’omessa o infedele registrazione dei dati di cui ai commi 1, 2 e 3 che determina differenti trattamenti retributivi, previdenziali o fiscali è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 1.500 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 500 a 3.000 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.000 a 6.000 euro. Ai fini del primo periodo, la nozione di omessa registrazione si riferisce alle scritture complessivamente omesse e non a ciascun singolo dato di cui manchi la registrazione e la nozione di infedele registrazione si riferisce alle scritturazioni dei dati di cui ai commi 1 e 2 diverse rispetto alla qualità o quantità della prestazione lavorativa effettivamente resa o alle somme effettivamente erogate. La mancata conservazione per il termine previsto dal decreto di cui al comma 4 è punita con la sanzione pecuniaria amministrativa da 100 a 600 euro. Alla contestazione delle sanzioni amministrative di cui al presente comma provvedono gli organi di vigilanza che effettuano accertamenti in materia di lavoro e previdenza. Autorità competente a ricevere il rapporto ai sensi dell’articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689, è la Direzione territoriale del lavoro territorialmente competente”.

Il successivo comma 7, invece, stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca reato, in caso di mancata o ritardata consegna al lavoratore del prospetto di paga, o di omissione o inesattezza nelle registrazioni apposte su detto prospetto paga, si applica al datore di lavoro la sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 900 euro. Se la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori ovvero a un periodo superiore a sei mesi la sanzione va da 600 a 3.600 euro. Se la violazione si riferisce a più di dieci lavoratori ovvero a un periodo superiore a dodici mesi la sanzione va da 1.200 a 7.200 euro. Nell’ipotesi in cui il datore di lavoro adempia agli obblighi di cui agli articoli precedenti attraverso la consegna al lavoratore di copia delle scritturazioni effettuate nel libro unico del lavoro, non si applicano le sanzioni di cui al presente articolo ed il datore di lavoro è sanzionabile esclusivamente ai sensi dell’articolo 39, comma 7, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni”.

 

Sanzioni indirette: lavoro nero e pagamento delle retribuzioni in contanti

Strettamente connesso alla mancata predisposizione del LUL, rileva come l’occupazione irregolare di un lavoratore comporti la necessità di erogare le retribuzioni mediante pagamento in contanti o comunque in modalità non tracciata.

Sul tema è intervenuta la Legge di Bilancio 2018, secondo cui “A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonché ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi:

a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore;

b) strumenti di pagamento elettronico;

c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento;

d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato.

L’impedimento s’intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento è il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purché di età non inferiore a sedici anni.

911. I datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.

912. Per rapporto di lavoro, ai fini del comma 910, si intende ogni rapporto di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 del Codice civile, indipendentemente dalle modalità di svolgimento della prestazione e dalla durata del rapporto, nonché ogni rapporto di lavoro originato da contratti di collaborazione coordinata e continuativa e dai contratti di lavoro instaurati in qualsiasi forma dalle cooperative con i propri soci ai sensi della legge 3 aprile 2001, n. 142. La firma apposta dal lavoratore sulla busta paga non costituisce prova dell’avvenuto pagamento della retribuzione”.

In tema di sanzioni, l’articolo 1, comma 913, L. 205/2017, prevede una sanzione da a 1.000 a 5.000 euro, a cui non corrispondono ulteriori responsabilità di natura penale.

Nello specifico, la norma prevede che “Le disposizioni di cui ai commi 910 e 911 non si applicano ai rapporti di lavoro instaurati con le pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, a quelli di cui alla legge 2 aprile 1958, n. 339, né a quelli comunque rientranti nell’ambito di applicazione dei contratti collettivi nazionali per gli addetti a servizi familiari e domestici, stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Al datore di lavoro o committente che viola l’obbligo di cui al comma 910 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro”.

 

Sanzioni indirette: lavoro nero e tutela della salute e della sicurezza del lavoratore

L’assunzione di un lavoratore subordinato (che, ricordiamo, è l’unica forma contrattuale per cui è prevista l’applicazione della maxi sanzione) comporta un insieme di adempimenti obbligatori in materia di salute e sicurezza, che possiamo sintetizzare nel seguente elenco: visita medica preventiva ex articolo 41, D.Lgs. 81/2008, qualora la mansione a cui è adibito il lavoratore sia soggetta a sorveglianza sanitaria; informazione e informazione, ex articoli 36 e 37, D.Lgs. 81/2008, e, qualora l’attività lo preveda, addestramento, ex articolo 73, D.Lgs. 81/2008, consegna dei dispositivi di protezione individuale, nel caso in cui la mansione svolta ne renda necessario l’utilizzo.

L’occupazione irregolare del lavoratore comporta la mancanza (quantomeno formale, ma nella maggior parte dei casi anche sostanziale) degli adempimenti sopra elencati, da cui deriva l’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 55, D.Lgs. 81/2008.

Dall’applicazione delle sanzioni previste dall’articolo 55 di cui sopra deriva una responsabilità di natura anche penale in capo al datore di lavoro, che rileva per ognuno degli inadempimenti interessati, per cui si propone il seguente schema:

Tipologia di inadempimento Riferimento normativo Importo della sanzione
Mancata visita medica preventiva al lavoratore Articolo 55, D.Lgs. 81/2008 Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 750 a 4.000 euro
Mancata informazione, formazione e addestramento Articolo 55, D.Lgs. 81/2008 Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 1.709,49 a 7.407,80 euro
Mancata consegna dei dispositivi di protezione individuale Articolo 55, D.Lgs. 81/2008 Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda 2.136,86 a 8.547,46 euro
Se si tratta del primo lavoratore occupato, mancata redazione del documento di valutazione dei rischi Articolo 55, D.Lgs. 81/2008 Arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 3.561,44 a 9.117,29 euro
Se si tratta del primo lavoratore occupato, mancata nomina dei soggetti della sicurezza Articolo 55, D.Lgs. 81/2008 Variabile, in base al numero di soggetti da nominare

 

Non solo sanzioni: il versamento dei contributi e la corresponsione delle retribuzioni

La retribuzione in contanti del lavoratore occupato irregolarmente comporta che lo stesso non potrà vantare il riconoscimento di contributi per il periodo interessato dal lavoro sommerso.

A tal proposito, giova ricordare che, in tema di mancato versamento di contributi previdenziali e contributi assistenziali (a carico del datore di lavoro e del lavoratore), è intervenuto anche il Decreto Lavoro, D.L. 48/2023, che all’articolo 23 ha disposto che “le sanzioni per omesso versamento dei contributi da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso versamento delle ritenute previdenziali”.

Inoltre, lo stesso D.L. 19/2024, all’articolo 30, comma 1, ha previsto che “In caso di evasione connessa a registrazioni, o denunce o dichiarazioni obbligatorie omesse o non conformi al vero, poste in essere (da chiunque) cioè nel caso in cui il datore di lavoro, con l’intenzione specifica di non versare i contributi o premi mediante l’occultamento di rapporti di lavoro in essere, ovvero le retribuzioni erogate o redditi prodotti, (quindi anche autonomi) ovvero di fatti o notizie rilevanti per la determinazione dell’obbligo contributivo, al pagamento di una sanzione civile, in ragione d’anno, pari al 30 per cento, fermo restando che la sanzione civile non può essere superiore al 60 per cento dell’importo dei contributi o premi non corrisposti entro la scadenza di legge”.

 

Conclusioni finali

L’analisi congiunta di tutti gli aspetti sanzionatori collegati direttamente o indirettamente al lavoro sommerso riflette l’onerosità del lavoro nero, sia dal punto di vista delle sanzioni, sia della responsabilità in capo al datore di lavoro.

Giova, tuttavia, ricordare che la maxisanzione per lavoro nero non trova sempre applicazione, nel rispetto di quanto precisato dall’INL mediante la pubblicazione del vademecum del 19 aprile 2022; così come non trova applicazione nei casi in cui venga promossa conciliazione monocratica: da ciò ne deriva che alcune delle condizioni descritte nei paragrafi precedenti non trovano applicazione incondizionatamente, ma in alcune situazioni potrebbero non produrre effetti.

Tuttavia, a conclusione della presente analisi, rileva come le novità apportate dal D.Lgs. 19/2024 confermano fortemente che il lavoro sommerso non vanta alcun aspetto di convenienza, oltre a non presentare alcun aspetto di necessità, che ne possa in qualche modo giustificare il ricorso.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Strumenti di lavoro