La revoca del licenziamento
di Roberto Lucarini Scarica in PDFA chi non è mai capitato di avere un ripensamento? La risposta corretta immagino sia: a nessuno.
È quindi giusto che il Legislatore abbia pensato anche al povero datore di lavoro il quale, tra mille problemi giornalieri, si trova magari e “ripensare” un licenziamento comminato ad un proprio dipendente. Da ciò nasce una norma che, come vedremo in breve, concede questa possibilità andandola tuttavia a disciplinare con una certa puntualità.
Anche l’istituto della revoca risente, come del resto il licenziamento, della doppia disciplina prodotta dalla Riforma denominata Jobs Act nel 2015; della necessaria partizione tra vecchi e nuovi assunti in base al 7 marzo di quell’annualità. Se, tuttavia, due sono le distinte norme che regolano la revoca, è pur vero che il loro testo risulta davvero speculare, fatto salvo un dato che analizzeremo.
Per gli assunti ante 7 marzo 2015, la norma di riferimento si trova nel comma 10, articolo 18, L. n. 300/70:
“Nell’ipotesi di revoca del licenziamento, purché effettuata entro il termine di quindici giorni dalla comunicazione al datore di lavoro dell’impugnazione del medesimo, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, con diritto del lavoratore alla retribuzione maturata nel periodo precedente alla revoca, e non trovano applicazione i regimi sanzionatori previsti dal presente articolo”.
Questi i punti salienti.
Il periodo previsto ex lege per tale “ripensamento” è pari 15 giorni decorrenti dalla data in cui l’impugnazione del licenziamento, effettuata dal lavoratore, è giunta a conoscenza del datore di lavoro. Se la revoca viene effettuata in tale periodo la norma prevede, quali effetti, il ripristino del contratto ex tunc, ovvero senza soluzione di continuità. Questo, naturalmente, comporta due conseguenze: il diritto del lavoratore alla retribuzione per il periodo non lavorato post licenziamento ed ante revoca; la non applicabilità dei regimi sanzionatori previsti ex articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Viene da domandarsi: se il datore di lavoro, invece, si attivasse per la revoca prima di ricevere l’impugnazione da parte del dipendente? Ponendosi tale ipotesi al di fuori del periodo previsto ex lege, ne deriva che non si produrranno automaticamente gli effetti previsti dalla norma, sopra già indicati. In tale caso, quindi, perché la revoca abbia efficacia vi è necessità dell’adesione da parte del lavoratore a tale volontà datoriale. Simile ipotesi può prospettarsi nel caso in cui il datore effettui la revoca oltre i 15 giorni dal dies a quo stabilito.
Faccio notare come, sul piano meramente formale, la giurisprudenza pare ammettere una libertà di forma circa la revoca in esame; ciò sulla base del principio per il quale i negozi risolutori, di atti che per loro natura prevedono la forma scritta, non sono ugualmente soggetti a tale richiesta normativa.
Per gli assunti dal 7 marzo 2015 in poi, la regolamentazione è posta, invece, ex articolo 5, D.Lgs. n. 23/2015, pur come detto con un testo speculare. Ciò, quindi, comporta gli stessi ragionamenti fatti per la situazione precedente.
L’unica differenza che si può rilevare si riscontra nel fatto che il DLgs. n. 23 risulta di fatto applicabile, pur con distinguo, ad ogni tipo di datore di lavoro, quale che sia la sua dimensione di forza lavoro; ciò non vale, come sappiamo, per l’articolo 18, L. n. 300/70. Questa cosa, come spesso accade nel nostro talora stravagante sistema normativo, ha dato adito ad una incertezza, mai del tutto colmata.
Ci si domanda, in sostanza: considerato che l’art. 18 esplica la propria efficacia verso datori di maggiori dimensioni, la regola riguardate la revoca ivi contenuta è applicabile, per i “vecchi assunti”, anche dai datori che occupano un numero di lavoratori non superiore a 15? Vi sono tesi opposte sull’argomento, anche se l’ipotesi di escludere quest’ultimi da tale opzione parrebbe esprimere una illogica disuguaglianza rispetto al nuovo testo normativo post 2015.
Per concludere questo breve intervento, mi pare opportuno fare un esempio circa il preciso calcolo per l’individuazione del periodo normativamente previsto ai fini dell’attivazione della revoca:
- licenziamento del lavoratore avvenuto in data 31 gennaio 2023;
- impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore: 28 febbraio 2023;
- data limite (ex comma 10, articolo 18, SdL – articolo 5, D.Lgs. n. 23/2015) per la revoca datoriale: 15 marzo 2023 (ovvero 15 gg. dall’impugnazione avvenuta il 28 febbraio).