12 Ottobre 2023

La cause di trasformazione del contratto a termine

di Roberto Lucarini Scarica in PDF

Oggi tratteremo un argomento assai rischioso, anche perché composito e pieno zeppo di trappole.

Come noto, il contratto a tempo determinato è il bersaglio privilegiato di ogni Legislatore, specie al momento di cambio del Governo in carica. Ciascuno propone i propri “aggiustamenti” alla disciplina del tipo contrattuale, finendo spesso per confondere le idee agli operatori.

Tra le molte regole che dispongono circa la disciplina di tale contratto, posta ex D.Lgs. n. 81/2015, risultano di notevole rilevanza quelle poste a presidio, sanzionatorio, di talune disposizioni limitative all’uso di tale forma di accordo; quelle, in sostanza, che ne prevedono la trasformazione a tempo indeterminato laddove il rapporto di lavoro si atteggi al di fuori, come detto, di alcune limitazioni.

Vediamo, quindi, in sintesi, le ipotesi nelle quali viene prevista detta strutturale modifica del tipo contrattuale. Per farlo andremo, necessariamente, ad elencare rapidamente le norme regolatrici interessate:

 

1. Struttura del contratto

È noto come “… omissis… l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto…” (ex articolo 19, comma 4, D.Lgs. n. 81/2015). Dalla mancanza di forma scritta deriva l’inefficacia dell’apposizione del termine al contratto; più che una vera e propria trasformazione, in questo caso, si assiste alla non efficacia, ab origine, del termine apposto all’atto.

 

2. I limiti di durata

Sappiamo del doppio limite posto alla durata del contratto:

  • durata massima del contratto pari a 24 mesi, con obbligo di causale (ex articolo 19, comma 1) trascorsi i primi 12 mesi;
  • durata massima del contratto acausale pari a 12 mesi.

Ricordo che nel valutare detta durata saranno da considerare quei “rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro”.

Pur derivante da differenti disposizioni, la trasformazione viene di fatto prevista in maniera similare nel caso di superamento dei due limiti temporali posti: 1) “qualora il limite dei ventiquattro mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento” (articolo 19, comma 2); 2) “in caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi” (articolo 19, comma 1 bis).

 

3. I periodi di stacco

La normativa sul tipo contrattuale prevede un periodo di stacco, tra due contratti consecutivi, di 10 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero un periodo di stacco di 20 giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi (art. 21 co. 2). Ciò fatta salva una disattivazione esplicita da parte della contrattazione collettiva oppure nel caso di lavoratori di attività stagionali.

Attenzione dunque perché, in caso di mancanza del necessario stacco, “il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato” (articolo 21, comma 2), in sostanza una trasformazione che si verifica fin dall’origine del secondo contratto a termine.

 

4. La prosecuzione del lavoro oltre il termine

La normativa concede alle parti uno sforamento del termine contrattuale, pari a 30 giorni in caso di contratto di durata inferiore a sei mesi; 50 giorni negli altri casi (articolo 22). Viene prevista, per tali casistiche, una specifica maggiorazione retributiva.

In caso di superamento dei termini anzidetti “il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla scadenza dei predetti termini” (articolo 22, comma 2).

 

5. I divieti di stipula

Ricordo che un contratto a termine non può esser stipulato in ben determinate casistiche: sostituzione lavoratori in sciopero; unità produttive nelle quali, nei sei mesi precedenti, sono avvenuti licenziamenti collettivi che hanno riguardato lavoratori adibiti a mansioni per le quali si vorrebbe stipulare un contratto a termine; unità produttive presso le quali è operante una sospensione del lavoro od una riduzione dell’orario in regime di Cig; datori di lavoro che non hanno effettuato la valutazione dei rischi in relazione alla normativa di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori (articolo 20, comma 1).

In caso di violazione dei divieti di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato” (art. 20 co. 2), con effetto ex tunc.

 

6. Le proroghe ed i rinnovi

Ricordo che, a mente delle novità proposte ex D.L. n. 48/2023, un contratto a termine può essere prorogato e rinnovato nei primi 12 mesi in modo acausale, mentre successivamente, nel limite massimo dei 24 mesi di durata, solo in presenza delle causali ex articolo 19, comma 1.

A fronte di questo precetto la norma prevede che “in caso di violazione di quanto disposto dal primo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato” (articolo 21, comma 01). In sostanza una proroga o rinnovo che portino la durata del contratto oltre i 12 mesi necessitano di causale, pena trasformazione del rapporto.

In relazione alla proroga, sappiamo che la stessa è praticabile per un massimo di 4 volte. Attenzione perché “qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga” (articolo 21, comma 1).

Circa il rinnovo, la novità proposta dal decreto lavoro che lo ha liberato, entro i 12 mesi di durata, dall’immediata necessità di causale, lo ha sostanzialmente esentato dalla possibile trasformazione contrattuale per il caso, prima previsto, di mancanza di causale.

Credo basti e avanzi questo elenco a piegare la complessità del tema ed il rischio che si pone, di fronte a noi, ogni qualvolta ci si trovi a maneggiare un contratto a tempo determinato.