Reddito da lavoro prestato all’estero: ultimi orientamenti AdE
di Redazione Scarica in PDFL’Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 428 del 12 settembre 2023, fornisce ulteriori chiarimenti in merito all’ambito di applicazione dell’art. 51 comma 8 – bis del Tuir, che prevede un particolare regime di imposizione fiscale per i redditi da lavoro dipendente prestato all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto da dipendenti che nell’arco di dodici mesi soggiornano nello Stato estero per un periodo superiore a 183 giorni, è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
L’istanza è stata avanzata da parte di una società che ha significato la situazione di un proprio dipendente, regolarmente distaccato per il periodo compreso tra il 1° gennaio 2022 ed il 31 dicembre 2023 presso una propria consociata con sede in Germania, e ricoprente il ruolo di amministratore delegato.
Nell’istanza viene anche precisato che nell’anno 2022 il soggetto in questione ha mantenuto la propria residenza fiscale in Italia, quale centro dei propri interessi personali ed in virtù della permanenza entro i confini nazionali della famiglia.
Oggetto di chiarimento è la situazione per l’anno 2023, ove tra l’altro, il lavoratore distaccato in Germania, nell’esercizio della sua prestazione lavorativa, ha effettuato anche trasferte in altri paesi, tra cui l’Italia.
Il dubbio insinuato è quindi quello della concreta possibilità di applicare il particolare regime di cui all’art. 51 comma 8 – bis in ragione del potenziale mancato soggiorno al di fuori dei confini nazionali per più di 183 giorni.
Sul punto, la risposta ad interpello precisa come l’applicazione di tale regime presuppone la contemporanea sussistenza di una pluralità di requisiti, tra i quali:
- la possibilità di applicare concretamente un raccordo con uno dei livelli e dei settori indicati nella codificazione delle retribuzioni convenzionali fissate annualmente dal Ministero;
- la circostanza che la prestazione sia resa all’estero in via esclusiva, in maniera stabile e costante nell’arco di tempo prestabilito.
Per quello che riguarda il requisito del periodo superiore a 183 giornate, la risposta ad interpello, citando fonti di prassi amministrativa precedenti, ribadisce come tale soglia non sia riferita al singolo anno solare, ma alla durata della stabile collocazione al di fuori del territorio nazionale.
Viene poi specificato che tale periodo di 183 giorni, può anche essere frazionato e non per forza continuativo, e che a tal fine, nel computo di tali periodi vengono considerati anche ferie, festività e riposi settimanali.