18 Dicembre 2015

Proposte di lettura da parte di un bibliofilo cronico

di Andrea Valiotto

 

Il libro dell’incontro – Vittime e responsabili della lotta armata a confronto

Guido Bertagna, Adolfo Ceretti e Claudia Mazzucato

Il Saggiatore

Prezzo – 22

Pagine – 466


Questo libro cambia la storia d’Italia. L’incontro di cui parla – fra vittime e responsabili della lotta armata degli anni settanta – è infatti destinato ad avviare un radicale cambio di paradigma storico: non si potrà più guardare agli «anni di piombo», ai loro fantasmi e incubi, con gli stessi occhi; né si potrà tornare a un’idea di giustizia che si esaurisca nella pena inflitta ai colpevoli. Le prime pagine ancora oggi dedicate alla lotta armata e alle stragi, le centinaia di libri pubblicati, i film, le inchieste dimostrano non tanto un persistente desiderio di sapere – comunque diffuso, anche a causa di verità giudiziarie spesso insoddisfacenti –, ma anche e soprattutto un bisogno insopprimibile di capire, di fare i conti con quel periodo, fra i più bui della nostra storia recente.  È proprio muovendo dalla constatazione che né i processi né i dibattiti mediatici all’insegna della spettacolarizzazione del conflitto sono riusciti a sanare la ferita, che un gruppo numeroso di vittime, familiari di vittime e responsabili della lotta armata ha iniziato a incontrarsi, a scadenze regolari e con assiduità sempre maggiore, per cercare – con l’aiuto di tre mediatori: il padre gesuita Guido Bertagna, il criminologo Adolfo Ceretti e la giurista Claudia Mazzucato – una via altra alla ricomposizione di quella frattura che non smette di dolere; una via che, ispirandosi all’esempio del Sud Africa post-apartheid, fa propria la lezione della giustizia riparativa, nella certezza che il fare giustizia non possa, e non debba, risolversi solamente nell’applicazione di una pena. Il libro dell’incontro racconta questa esperienza, accostando una rigorosa riflessione metodologica alle vive voci dei protagonisti, alle lettere che si sono scambiati negli anni, alle loro parole fragili, pronte al cambiamento, alla loro ricerca di una verità personale e curativa che vada oltre la verità storica e sappia superare ogni facile schematismo. Perché solo cercando insieme la giustizia, la si può, almeno un poco, avvicinare.

 

Seconda Roma – 1850-1870

seconda_roma_01Silvio Negro

Neri Pozza

Prezzo – 18,50

Pagine – 496


Silvio Negro concepì questo libro dopo aver letto numerose opere sulle vicende politiche dell’ultimissima Roma papale, quella del regno di Pio IX, fra gli anni della Repubblica Romana e la conquista piemontese. Anni singolari e inquieti, nei quali la città, benché fosse perfettamente consapevole della fine dello Stato Pontificio, cercò di continuare a vivere come se non vi fossero bersaglieri e garibaldini alle porte.  Sbirciando in quelle trattazioni, che si occupavano prevalentemente di avvenimenti politici e militari, Negro scoprì «scorci di paesaggio e di costu¬me così inaspettati, così profondamente ed irrevocabilmente diver¬si da quelli della Roma del nostro tempo» da decidere di dedicare un volume intero all’urbe papale prima della sua malinconica fine. È la storia di una città  ancora odorosa, com’è stato detto,  di campagna, di pascolo e di stalla oltre che di splendori barocchi e glorie del passato. Una città in cui l’aristocrazia vive in gran parte in maniera sobria, non attacca i cavalli alle carrozze che nelle grandi occasioni e si accontenta di esibire la magnificenza del nome in feste date per dovere sociale una volta l’anno. Un luogo dove «gli stracci stessi del mendicante conservano una certa maestà», e cortesia e urbanità albergano in un popolo in cui è totalmente assente il «tipo canaglia, che altrove è così appariscente, specialmente a Londra e a Parigi».  Sorprendentemente per gli stranieri, poi, innanzi tutto per i «democratici» d’Oltralpe, le differenze sociali non costituiscono vere barriere: un nobile o un cardina¬le, se il domestico e il cuoco sono buoni giocatori, gioca con loro a tresette o a calabresella, e, quando è in viaggio, fa sedere anche il cocchiere e il domestico alla sua tavola. Sicché qualcuno può annotare scandalizzato: «Una familiarità inesplicabile, che da noi sarebbe mostruosa, unisce a Roma gli uomini di ogni clas¬se… Ho veduto davanti al banco di un friggitore all’aria aperta comprare e mangiare dei pesciolini serviti sopra una foglia di vite un soldato, un pastore, un prete, un signore in abito nero, un cappuccino, un operaio, una nutrice, un mulattiere e due o tre cittadini in marsina. Essi gustavano il loro fritto e discutevano amichevolmente dei suoi meriti». Ritratto estremamente documentato e affettuoso della Roma papale, corredato da un apparato fotografico di vedute del tempo e con gli scritti di viaggiatori, artisti e diplomatici stranieri, tra cui Dickens, Mark Twain e Hawthorne, Seconda Roma è un  magnifico viaggio nella Città Eterna, cinta dal fascino struggente di un’epoca che si chiude.

 

I miei genitori non hanno figli

I_MIEI_GENITORI_NON_HANNO_FIGLIMarco Marsullo

Einaudi

Prezzo – 16,50

Pagine – 144


Un diciottenne prende la parola e fa a pezzi il mondo degli adulti, e i propri genitori, smascherando la fragilità di una generazione che non è mai davvero cresciuta. Del resto i genitori sono uguali ai bambini, bisogna prenderli come vengono. Una commedia divertente, corrosiva e tenera, sghemba come tutte le famiglie, dove bisogna adattarsi «l’uno alla forma sbagliata dell’altro per non sparire del tutto». Dicono che fare il genitore sia il mestiere piú difficile, ma nessuno ricorda mai che fare il figlio non è proprio una passeggiata. Soprattutto quando hai diciott’anni e i tuoi genitori pretendono tu sappia già scegliere cos’è meglio per la tua vita, anche se la loro non sembra esattamente quella che avevano immaginato. E allora li osservi muoversi in quel microcosmo fatto di amicizie che possono tornare utili, di colleghi che hanno solo figli geniali, al contrario di te, di solitarie battute di caccia in Lettonia e turn over di fidanzati, e quasi ti arrendi all’idea che sarai proprio tu il loro ennesimo fallimento.

 

Eccentrici

ECCENTRICIGeminello Alvi

Adelphi

Prezzo – 18

Pagine – 184


Occhialuti alchimisti rovinati dall’assenzio, lottatori che combattono contro le tigri a pugni nudi e si convertono poi all’ascetismo per soggiogare ben altre belve, temerari aeronauti che atterrano sul tetto dei grandi magazzini di Parigi, generali cosacchi buddhisti, digiunatrici poliglotte, trasvolatori infelici, inventori di cannoni eterici, pittori monocromi devoti a Santa Rita. Da Cary Grant a Lovecraft, da Salgari a Pancho Villa e a Buster Keaton, i quarantadue personaggi raccontati da Alvi sono stravaganti e folli, certo, ma soprattutto sono uomini e donne che fremono per l’ansia di inseguire la vita e vi si perdono, mostrandone l’infinita varietà e potenza.

 

L’altra mammella delle vacche amiche 

LALTRA_MAMMELLA_DELLE_VACCHE_AMICHE__Aldo Busi

Marsilio

Prezzo – 18

Pagine – 468


 

Sapendo di non avere nessuno da cui copiare, stavolta Aldo Busi ha deciso di plagiare se stesso. Ma L’altra mammella delle vacche amiche non è affatto il riciclo di Vacche amiche e nemmeno il suo seguito o la sua riscrittura: ne è lo sradicamento finale in forma di romanzo, il salto mortale della letteratura dalla padella della sessualità, umana a parole e maialesca nei fatti, alla brace politica della carne soprattutto femminile, e cotta a puntino. Quante finte amiche premono e si accalcano in queste pagine sperando di apparire uniche, diverse dalle altre, tutte vacche al trogolo. Sono donne a priori e a oltranza, petto in fuori e psiche in dentro, impazienti di farsi macellare, insaccare e mettere in vendita, meglio se da uno scrittore imprendibile, ricco non solo di sense of humour ma anche di disarmante tenerezza, con la sua capacità di cogliere, in una fetta di salame tagliata di sbieco, il trasalimento di un’emozione in agguato sin dall’infanzia. Ed eccoci precipitare nel gorgo di un intrigo dagli esiti innumerevoli e apertissimi, tanto più labirintico in quanto chi lo ordisce lo fa a propria insaputa. Tocca al lettore scioglierne i nodi, incluso quello che chi crede di sapere tutto delle storie che trama nemmeno sospetta e il cui bersaglio, ovviamente, è lui. Tra troppi seni e protesi determinati a mungere l’uomo con la scusa di offrirglisi, la mammella più generosa e giocosa è ancora quella dello scrittore, per il quale gli unici delitti davvero imperdonabili restano quelli contro l’alfabeto. Perché L’altra mammella delle vacche amiche, drammaturgie, personaggi e dialoghi di folgorante bellezza a parte, è soprattutto un italianissimo tango tra Aldo Busi e la nostra lingua madre. Un tango di volta in volta struggente, rapinoso, sfrenato, dalla sapiente coreografia a due o orgiastica, in cui questa nostra lingua, un “accumulo di deformazioni rare e strane combinate a dar luogo a una creatura di una bruttezza rivoltante”, si trasfigura diventando radiosa, splendida, illuministica. La letteratura è ritmo, e il paso doble per eccellenza è quello tra chi scrive e chi lo legge. Anche l’amore è ritmo. Il ritmo è sempre duale, mai solipsistico. Solo se ti sdoppi diventi un tutt’uno appassionatamente in ballo con la vita.