Obblighi di informazione dopo la conversione del D.L. 48/2023
di Luca Vannoni Scarica in PDFLa riforma degli obblighi informativi introdotti dal c.d. Decreto Trasparenza (D.Lgs. 104/22, che aveva a sua volta modificato il D.Lgs. 152/97), resasi necessaria per l’attuazione della direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell’Unione europea, ha creato parecchi problemi ad aziende e professionisti nella sua concreta attuazione. In particolare, come è ormai noto, il D.Lgs. 104/2022 ha notevolmente ampliato le “condizioni contrattuali” che devono essere oggetto di specifica informativa in sede di assunzione. I problemi non sono stati solamente quantitativi: l’attuazione della direttiva UE 2019/1152 è stata infatti operata, in alcuni passaggi, in modo meccanico, senza tener conto dell’attuale ordinamento, in altri si è discostata dal suo contenuto, creando, ad esempio, obblighi specifici per le attività lavorative oggetto di monitoraggio informatico automatizzato non presenti nel testo della direttiva. Inoltre, il D.Lgs. 104/22 non aveva preso in considerazione una possibilità prevista nella direttiva UE 2019/1152, art. 4, comma 3: “le informazioni di cui al paragrafo 2, lettere da g) a l) e lettera o), possono, se del caso, essere fornite sotto forma di un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano tali punti”. Con il D.L. 48/2023, in particolare, si è cercato di sanare quest’ultimo aspetto: l’articolo 26, comma 1, mediante l’inserimento del nuovo comma 5-bis all’articolo 1 del D.Lgs. 152/1997, prevede infatti che le informazioni relative a:
- durata della prova (lett. h);
- obblighi formativi (lett. i);
- congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore (lett. l);
- preavviso (lett. m);
- importo iniziale della retribuzione o comunque il compenso e i relativi elementi costitutivi, con l’indicazione del periodo e delle modalità di pagamento (lett. n);
- programmazione dell’orario normale di lavoro prevedibile ed eventuali condizioni relative al lavoro straordinario e alla sua retribuzione nonché le eventuali condizioni per i cambiamenti di turno, se il contratto di lavoro prevede un’organizzazione dell’orario di lavoro in tutto o in gran parte prevedibile (lett. o);
- enti e gli istituti che ricevono i contributi (lett. r);
possano essere comunicate al lavoratore, e il relativo onere ritenersi assolto, con l’indicazione del riferimento normativo o del contratto collettivo, anche aziendale, che ne disciplina le materie.
Rispetto all’elenco originariamente contenuto nel D.L. 48/2023, in conversione in legge è stata eliminata la lettera p relativa all’organizzazione dell’orario imprevedibile: per tale istituto, oltre a non essere previsto una informazione sintetica nella direttiva europea, era materialmente impossibile riferirsi a una disciplina collettiva quando la conformazione della prestazione individuale con orario “imprevedibile” nasce da esigenze che non possono che essere regolamentate con accordo individuale. Allo scopo di rendere comunque efficace, rispetto alle sue finalità, l’obbligo di informativa, è stato aggiunto il comma 6 bis sempre all’articolo 1 del D.Lgs. 152/1997, dove si prevede che “ai fini della semplificazione degli adempimenti di cui al comma 1 del presente articolo e della uniformità delle comunicazioni, il datore di lavoro è tenuto a consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro”. Come ultimo tassello della “riforma alla riforma”, relativamente all’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati (articolo 1 bis del D.Lgs. 152/1997, aggiunto, come detto, dal D.Lgs. 104/22 nonostante non vi fosse alcuna traccia in materia nella direttiva UE), si è mantenuto l’obbligo di informativa specifica ma solo se tali sistemi sono integralmente automatizzati e sempreché non riguardino sistemi protetti da segreto industriale e commerciale.
In primo luogo, si evidenzia si da subito che l’intervento operato non ha previsto la possibilità di rinviare genericamente, nel reperimento delle informazioni da comunicare, alla contrattazione collettiva, ma quella di indicare esclusivamente il riferimento della disposizione nel contratto collettivo.
Deve essere tenuta distinta, infatti, la clausola di rinvio alla contrattazione, contenuta nel contratto di lavoro, dall’obbligo di informazione ex D.Lgs. 152/97: con la prima si intende quella specifica clausola che di fatto aggancia il contratto individuale al CCNL applicato dall’azienda, caratterizzata dalla seguente struttura: per tutto quanto non previsto nella presente lettera di assunzione, si rinvia al CCNL xxx. A livello di informazione delle condizioni di lavoro, il nuovo comma 5 bis ha tutt’altra funzione, in quando consente di assolvere una serie di obblighi informativi con “l’indicazione del riferimento normativo o del contratto collettivo”. Ora, tenuto conto della complessità della contrattazione collettiva, spesso oggetto di stratificazioni e integrazioni che ne rendono tortuosa la consultazione anche a occhi esperti e allenati come quelli dei professionisti, in attesa dei chiarimenti di prassi, per ogni istituto coinvolto, è sicuramente consigliabile procedere con un richiamo puntuale, con l’articolo del contratto collettivo o della disposizione normativa.
E non sempre sarà sufficiente: si pensi a possibili discipline alternative (es. orario su 5 o 6 giorni di lavoro) contenute nel medesimo articolo, dove un rinvio all’articolo non potrebbe assolvere all’informazione.
Rispetto, quindi, a una informativa per esteso, si risparmia sicuramente un po’ di carta, se si sceglie tale modalità di consegna, ma di certo non semplifica il numero delle informazioni che devono essere prese in considerazione da professionisti e aziende nella predisposizione delle informative e dei modelli a supporto.
Sarebbe stato molto più utile – nella consapevolezza che interventi come il D.L. 48 si muovono comunque nell’ambito di delicati equilibri politici, a discapito del merito – intervenire sulla lett. i relativa a “congedo per ferie, nonché degli altri congedi retribuiti cui ha diritto il lavoratore”, dove la galassia di congedi, normativi o contrattuali, esistenti nel nostro ordinamento genera dubbi circa i confini dell’obbligo. Tale disposizione, infatti, non combacia con quanto previsto dalla direttiva, che si riferisce alla “durata del congedo retribuito cui ha diritto il lavoratore o, se ciò non può essere indicato all’atto dell’informazione, le modalità di attribuzione e di determinazione di tale congedo”: la direttiva sembrerebbe riferirsi non a tutti i congedi, ma alle ferie del lavoratore. Pertanto, sembrerebbe esserci spazio per circoscrivere la lett. i, aspetto che avrebbe sostanzialmente semplificato la gestione dell’informativa.