27 Aprile 2023

Non ci sono più le mezze stagioni, tantomeno il lavoro stagionale

di Riccardo Girotto Scarica in PDF

Da troppo tempo tra la fine di marzo e l’inizio di aprile di ogni anno ci rendiamo conto che il diritto del lavoro si precipita alla prova costume totalmente impreparato.

L’attuale regolamentazione del lavoro stagionale non rappresenta certo un motivo di vanto per l’ordinamento lavoristico, che evita infatti di spronare efficacemente l’interesse per il contratto a termine, ben sapendo che trattasi di contratto fortemente divisivo.

Il codice dei contratti ritiene di aver adempiuto al proprio obbligo rinviando al fantomatico decreto del ministero del lavoro e alla contrattazione collettiva, lavandosi un po’ le mani e pulendosi la coscienza pur sapendo in cuor suo che il ministero avrebbe ignorato l’invito. Per contro la contrattazione si è persa tra le sue contraddizioni. Eppure, proprio con riferimento alla contrattazione, il D.Lgs. 81/2015 fa un passo in avanti, non solo confermandone la fiducia, ma dotandola di nuovi strumenti.

Allarmato dalla scarsa propensione all’aggregazione sindacale in azienda, infatti, l’estensore del Jobs Act confeziona l’articolo 51, previsione creativa nel legittimare tanto gli accordi sottoscritti dalle rappresentanze aziendali, non potrebbe essere altrimenti, quanto gli accordi sottoscritti con sigle esterne che non esprimono alcuna rappresentatività nella singola azienda. Quest’ultima ipotesi consente quindi a chiunque, indipendentemente dal grado di penetrazione sindacale, quindi anche nullo, la libera definizione della stagionalità.

In realtà perseverare nella delega alla contrattazione di secondo livello, ha palesato un evidente fallimento. Laddove la contrattazione ha tentato di definire la stagionalità, esperienza tutt’altro che diffusa, l’ha fatto spesso imponendo un’ulteriore delega alla contrattazione aziendale, in spregio all’alternatività tra le 2 ipotesi (la contrattazione di secondo livello può infatti risultare territoriale o aziendale). Questa ulteriore delega, nella maggior parte dei casi, ha rappresentato l’ennesimo scarico di responsabilità. Si aggiunga che in azienda l’interesse nel definire la stagionalità decisamente non è primario per parte sindacale, posto che le rappresentanze aziendali o unitarie sono espressione dei lavoratori in forza, mentre la stagionalità interessa unicamente dipendenti potenziali, esterni alla rappresentanza.

Per esclusione l’unica ancora di salvezza quindi, scontato il prevedibile immobilismo ministeriale, è la contrattazione azienda-sindacato esterno, tanto nel perimetro brandizzato del secondo livello ex articolo 51, quanto in quello a luci soffuse della contrattazione di prossimità. L’obiettivo accattivante per parte aziendale è puntellare il recinto della sconfinata nozione di stagionalità, che pare non subire alcun limite semantico. L’azione della contrattazione collettiva tende a prossimizzare la definizione alla reale esigenza aziendale.

La contrattazione di secondo livello può definire la specifica esigenza legata alla singola attività (più facile in questo caso la contrattazione aziendale), così come può individuare una zona stagionale che comprende tutte le attività operanti in un determinato periodo (tramite lo strumento della contrattazione territoriale). Il fine è chiaro, ma quanto fin qui prodotto assolutamente insufficiente.

L’idea di impostare una legge che si sostiene sulla delega all’azione sindacale, dovrebbe prevedere un preventivo confronto con le parti sociali, così da apprendere che un tema inviso alle OOSS neutralizza totalmente l’intento del legislatore. Delegare a un sistema disinteressato, equivale a non voler regolare affatto la materia.

Lo sconfortante scenario che accompagna la stagionalità obbliga le pressapochistiche virate verso i part-time verticali, poco appetibili nei loro momenti di respiro in quanto esclusi dalle indennità a sostegno del reddito, oppure espone i datori ad acrobazie descrittive per individuare causali di per sé poco sostenibili.

Il fallimento della contrattazione e il reiterato silenzio ministeriale offrono al Legislatore uno scenario senza appello, necessario quindi un intervento diretto, di matrice diversa, perché il tema è concretamente sentito.

Il sistema va quindi ripensato, dalla definizione del campo di applicazione alla regolazione dei periodi cuscinetto, fino all’identificazione del lavoratore stagionale come figura specifica da inquadrare e tutelare.

Il meteo ha accolto questa primavera senza troppa fretta, potrebbe essere un’occasione per spendere il tempo di emersione della bella stagione predisponendo i migliori strumenti lavoristici utili a impreziosirla.

 

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