Chiarimenti sulla regolarità contributiva in caso di procedure concorsuali
di Riccardo Girotto
Il pensiero ministeriale tradotto in interpello: una posizione che lasciò perplessi
La mancata emissione del Durc finisce per piegare le aziende già in difficoltà. Pur ritenendo condivisibile l’obiettivo di far lavorare prevalentemente le aziende virtuose, si deve considerare il rischio di seppellire definitivamente le prospettive di ripresa delle aziende insolventi, che potrebbero attraversare difficoltà solo temporanee e superabili alleggerendo la morsa dei creditori.
Con queste premesse il Ministero del Lavoro si espresse tramite interpello n.41/12 (si veda in proposito R.Girotto, Concordato preventivo: la regolarità contributiva si salva solo con l’omologa, in “La circolare di lavoro e previdenza” n.21/13) in risposta al CNO dei Consulenti del Lavoro, chiarendo le possibili strade da percorrere per ottenere il documento in caso di concordato preventivo nella precisa declinazione “in continuità”. Posto che la continuità aziendale indiscutibilmente incorpora la necessità di agevolare lo svolgimento dell’attività, valutazione quasi tautologica, il possesso del documento risulta vitale.
Di conseguenza la sospensione delle posizioni creditorie nei confronti dell’azienda che presenta il piano, qualora estendibile agli Istituti, permetterebbe il rilascio del documento, agevolando la ripresa lavorativa finalizzata al superamento della crisi.
Il Ministero conferma questa lettura, specificando che anche per i debiti coinvolti dalla dichiarazione di regolarità contributiva scatta la moratoria; questo effetto deve però limitarsi al periodo intercorrente dal momento dell’omologa fino a un anno dal provvedimento stesso.
Le condizioni necessarie individuate dal Ministero del Lavoro ai fini dell’ottenimento del documento dal momento dell’omologazione del concordato in continuità sono:
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la sospensione dei pagamenti che riguardi esclusivamente le inadempienze maturate prima dell’apertura della procedura e conformemente indicate nel piano di risanamento;
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la previsione espressa nel piano di richiesta moratoria ex art.186-bis, co.2, lett.c, L.F.;
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l’omologa del piano di concordato con integrale soddisfazione dei crediti contributivi muniti di privilegio.
Per fugare ogni possibile dubbio il Dicastero del Lavoro ha emesso una specifica nota, anagrafata n.4323/13, in cui si precisa che nell’intervallo di tempo intercorrente tra la pubblicazione del ricorso al registro delle imprese e la successiva emanazione da parte del Tribunale dell’omologa del concordato preventivo non è applicabile la sospensione.
Questa apertura, in realtà, non centra la soluzione utile alle aziende per rispettare i piani concordatari, posto che nel periodo intercorrente tra l’istanza concordataria e l’omologa decorre un lasso di tempo, solitamente consistente, all’interno del quale il Ministero non si presta a riconoscere alcuna moratoria, determinando un reale pregiudizio rispetto agli altri crediti coinvolti nella procedura, che, di fatto, restano invece sospesi e non liquidabili con effetto immediato.
Una giurisprudenza di merito fortemente consolidata
Chiaramente la posizione ministeriale, pur palesando una certa apertura, non ha risolto il problema alla radice. Sul tema, però, da tempo la giurisprudenza di merito si è schierata all’unanimità verso l’effetto sospensivo della moratoria senza attendere necessariamente la dichiarazione di omologa.
Il Tribunale di Cosenza, con Decreto del 19 dicembre 2012, sanciva, tra i primi, come in ipotesi di concordato preventivo viga il divieto di pagamento dei crediti anteriori alla domanda di concordato, ivi compresi quelli contributivi, andando così a integrare incontrovertibilmente la casistica prevista dall’art.5, co.2, lett.b), D.M. n.279/07, che tra le ipotesi di rilascio del documento prevede le “sospensioni di pagamento a seguito di disposizioni legislative”.
La riconducibilità alla previsione del D.M. era stata riconosciuta anche dal Ministero del Lavoro nell’interpello n.41/12, ma l’elemento di assoluta novità emerso dalla sentenza è l’effetto decorrente dalla domanda di concordato e non dall’omologa.
Successivamente, la sezione fallimentare del Tribunale di Roma respinge precisa istanza di pagamento dei debiti pregressi alla domanda di concordato avanzata da Nuova Iniziativa Editoriale SpA (editrice, tra le altre, de “L’Unità“). La società chiedeva l’autorizzazione al pagamento, in forma rateale, con lo scopo di ottenere il Durc utile alla riscossione delle provvidenze editoriali.
Dal confronto sul tema tra il giudice delegato e il commissario giudiziale è emerso che: “nelle ipotesi di concordato, il mancato rilascio del DURC, avrebbe innegabili effetti pregiudizievoli sulla procedura sino a compromettere il suo esito, con la conseguenza che la pretesa, da parte degli enti previdenziali, di ottenere il pagamento delle somme anteriori alla procedura, ponendo tale pagamento quale condizione necessaria per il rilascio del DURC, non è in linea con le norma in materia fallimentare”.
Tale tesi, ampiamente condivisa da chi scrive, viene altresì confermata da giurisprudenza conforme (Siracusa, 2 ottobre 2013) e deve considerarsi estendibile a qualsivoglia forma di concordato preventivo.
Nel caso di specie, peraltro, la posizione dell’Inpgi, Ente previdenziale coinvolto, non aiuta l’istante, in quanto in epoca successiva al deposito della richiesta di concordato l’Istituto aveva concesso la rateazione, paventando quindi il possibile pagamento. Per seppellire anche questo residuo dubbio il Tribunale della capitale, in chiusura, conferma che l’Inpgi dovrà emettere il Durc senza riscuotere versamento alcuno.
Anche il Tribunale di Pavia, con decreto 29 dicembre 2014, ha affrontato il tema. Il caso vedeva l’analisi di una richiesta di autorizzazione al pagamento dei debiti contributivi pregressi, in periodo successivo all’apertura del concorso. Trattandosi di atto di straordinaria amministrazione il Tribunale veniva giocoforza investito della questione. Il fine ultimo da raggiungere era comunque sempre da riscontrarsi nell’ottenimento del Durc utile a ricevere i pagamenti pendenti.
Anche questo Tribunale contesta la necessità di saldare le pendenze verso l’Inps insorte ante apertura della procedura, precisando nello specifico che: “in costanza di procedura, sussiste la regolarità contributiva anche in caso di mancato pagamento dei debiti pregressi nei confronti degli enti previdenziali, che non consentirebbe, in condizioni ordinarie, di ottenere il DURC”.
Stante la situazione in essere però: “il debitore non può provvedere, prima dell’omologazione, al pagamento dei debiti sorti anteriormente alla presentazione della domanda di concordato in virtù dell’art.168 L.F.”.
L’art.168 dispone il divieto di pagare crediti sorti anteriormente alla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle imprese.
Da queste posizioni consegue che, inconfutabilmente, l’impresa in concordato risulta pienamente soddisfare l’assunto ex art.5, co.2, lett.b, D.M. n.279/07, utile ad ottenere la regolarità contributiva.
Conclude il Tribunale pavese con il monito all’Inps circa il rilascio del vitale documento.
Nuovamente il Tribunale di Cosenza, sezione lavoro, si pronuncia sul tema con sentenza 1° luglio 2015. Proprio la questione di competenza è la prima affrontata dall’Inps convenuta, che richiede la giurisdizione del giudice amministrativo o in subordine della sezione fallimentare. Entrambe le questioni vengono giudicate infondate, trattandosi di controversia di stampo previdenziale perfettamente rientrante nella competenza del giudice del lavoro (Cass. n.3921/02 e n.36/90).
Questo Tribunale di merito aggiunge poi un elemento interessante alla questione, chiarendo che la regolarità contributiva può considerarsi soddisfatta in caso di procedura concordataria, solamente qualora il piano preveda l’integrale soddisfazione dei crediti degli Istituti previdenziali e dei relativi accessori di legge.
La giurisprudenza non sancisce nulla di rivoluzionario sul tema, piuttosto richiama le norme vigenti utili a sciogliere i lacci burocratici che minano la continuità dell’attività e l’ottenimento dei pagamenti dalla P.A., così da permettere all’azienda di reggere il piano concordatario.
Due elementi, però, emergono con forza da queste sentenze:
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la regolarità contributiva nelle ipotesi de qua è un dato di fatto, indipendentemente dal possesso effettivo del documento legittimante. Lo si nota, ad esempio, nella pronuncia del Tribunale di Cosenza, sezione I, del dicembre 2012: “nulla osta che la [omissis] provveda ai pagamenti”;
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nessuna previsione legislativa vincola la regolarità contributiva all’omologa del concordato. Pacifico che non può essere pagato alcun debito ante apertura della procedura, il Ministero del Lavoro, con l’interpello n.41/12, poneva un vincolo che anche i giudici ritengono ingiustificato.
Il Ministero del Lavoro detta la nuova linea, prontamente l’Inps recepisce
Alla luce della giurisprudenza oramai costante, nonché dell’innegabile situazione di difficoltà che obbliga le aziende a percorrere ogni strada utile a ottenere il documento vitale, il Ministero ha inserito la retromarcia per attenuare i vincoli alla regolarità contributiva.
L’occasione è stata l’emissione di un’arcana nota, prot. n.37/15, tradotta poi nella recente circolare ministeriale n.19/15, applicativa del Durc on line.
La nuova posizione ministeriale, si badi bene inserita in strumenti di prassi dall’effetto ben più leggero rispetto al precedente interpello, divide le casistiche inerenti le procedure concorsuali in concordato preventivo e fallimento.
Concordato
Le condizioni per ottenere il Durc in caso di concordato in continuità, per il periodo successivo alla pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese sono:
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integrale soddisfazione dei crediti Inps, Inail e Casse Edili, nonché accessori di legge con scadenza anteriore alla data di pubblicazione del ricorso;
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regolare versamento dei contributi scadenti nel periodo successivo alla pubblicazione del ricorso.
In caso di concordato in bianco, invece, dove un piano ancora non è definito, non sarà possibile ottenere il certificato di regolarità contributiva in presenza di debiti pendenti.
In questo caso, infatti, non vi è moratoria alcuna che possa incidere sull’obbligo contributivo, che permarrà fino alla presentazione di un piano con le caratteristiche satisfattive di cui al punto 1. precedente, nei termini fissati dal giudice.
Il primo requisito introduce un ulteriore problema. Spesso, infatti, i piani concordatari, unitamente alle ipotesi di transazione previdenziale, intendono garantire l’integrale soddisfazione dei soli crediti privilegiati. L’ordine dei privilegi che interessa i crediti previdenziali viene regolato dall’art.2778 cod.civ., che pone al n.1: “i crediti per contributi ad istituti, enti o fondi speciali – compresi quelli sostitutivi o integrativi – che gestiscono forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, indicati dall’articolo 2753”, mentre colloca al n.8: “i crediti per contributi dovuti a istituti ed enti per forme di tutela previdenziale e assistenziale indicati dall’articolo 2754, nonché gli accessori, limitatamente al cinquanta per cento del loro ammontare, relativi a tali crediti ed a quelli indicati dal precedente n. 1) del presente articolo”.
Si evince quindi che i contributi previdenziali diversi da quelli destinati all’Ivs non godono del medesimo privilegio. Si pensi ad esempio ai crediti che l’Istituto può vantare per i versamenti al Fondo Tesoreria, per il mancato versamento di contributi di ingresso alla mobilità o ticket NASpI in caso di licenziamenti, inoltre gli accessori risultano privilegiati solamente per il loro 50%. Si aggiunga che, in caso di transazione previdenziale, tutti i crediti previdenziali citati, esclusi dal n.1 del 2778 cod.civ., potrebbero subire un’ulteriore legittima riduzione fino al 40% (Inps, circ. n.38/10).
A tal proposito a dirimere la questione sono prontamente intervenuti il Ministero del Lavoro e, in seguito, l’Inps. Il Dicastero del Lavoro, con nota 21 luglio 2015, emessa su invito degli Enti previdenziali, ha precisato che qualora il piano non contempli l’integrale soddisfazione dei crediti, ma il concordato risulti comunque omologato, si verificherebbe l’approvazione da parte della rappresentanza riferita alla maggioranza dei crediti ammessi al voto, trovando quindi applicazione l’art.184 L.F.: “il concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all’art. 161”.
In presenza di queste prospettive dovrà comunque rilasciarsi il Durc. La regolarità contributiva permane altresì in caso di ricorso da parte dell’Istituto creditore alla Corte d’Appello avverso il decreto di omologazione.
L’Istituto affronta il delicato caso attraverso il messaggio n.5223/15, ove si invitano le Sedi a esprimere sempre voto contrario ai piani che prevedono la non integrale soddisfazione dei crediti previdenziali. Questa indicazione ovviamente, viene precisato anche dal messaggio citato, non trova giustificazione in caso di transazione previdenziale, che resta quindi l’unico caso in cui l’Istituto riconosce la regolarità contributiva anche in caso di soddisfazione parziale dei propri crediti privilegiati. Il percorso transattivo, recentemente rivitalizzato dall’apprezzabile circolare n.148/15, viene quindi nuovamente elevato quale strumento di continuità aziendale.
Provando a mettere un po’ d’ordine, dal combinato tra la fonte civilistica e la prassi qui commentata emergerebbe il seguente quadro, di per sé poco confortante: la previsione di soddisfare i crediti contributivi secondo il codice civile risulta pienamente legittima ai fini dell’ammissione del piano concordatario, ma non risulta altresì sufficiente al rilascio del Durc nel periodo ante omologa, in quanto non costituisce soddisfazione integrale dei crediti previdenziali e assistenziali privilegiati, riproponendo di fatto il problema sorto con l’interpello n.41/12.
L’opportunità offerta dalla transazione previdenziale risulterebbe quindi fruibile solamente a concordato omologato.
Ancora una volta, purtroppo, sarà la giurisprudenza a segnare, in tempi non certo utili, la strada per la definizione dei singoli casi.
Fallimento e amministrazione straordinaria
Innanzitutto il Durc rileva nel fallimento solamente nel caso di continuazione dell’attività per esercizio provvisorio o possibile/probabile cessione d’azienda o ramo di questa.
In caso di esercizio provvisorio il documento potrà concedersi:
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qualora i crediti previdenziali e assicurativi degli Enti che dovranno rilasciare i certificati risultino insinuati, e riteniamo ammessi, al passivo;
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qualora i crediti previdenziali e assicurativi insorti successivamente alla dichiarazione di fallimento siano stati regolarmente pagati.
La questione più delicata sarà infatti legata ai casi di presentazione tardiva delle insinuazioni al passivo. Scatterebbe infatti il semaforo rosso, con l’impossibilità di ottenere il documento per causa non imputabile all’azienda fallita.
L’Inps, con il messaggio n.2835/15, dichiara di aderire alla tesi ministeriale, precisando come la posizione risulti coerente con le finalità sottese alla procedura concorsuale, garantendo la continuazione dell’attività e la salvaguardia dei livelli occupazionali. L’emissione del messaggio, per garantire l’operatività della nuova interpretazione, dovrà stimolare l’Istituto all’insinuazione immediata, conditio sine qua non per la libera continuazione dell’attività.
Criticità e prospettive
I punti salienti della questione qui analizzata sono riassumibili in passi ben suffragati da precise fonti, altri invece restano ancora avvolti dall’alea interpretativa.
Indubbiamente si è compiuto un bel passo in avanti rispetto all’interpello del 2012, permane però quella distanza tra prassi amministrativa e fonti primarie, si vedano ad esempio i problemi evidenziati ai punti precedenti circa i tempi di insinuazione dell’Istituto e l’effetto della transazione previdenziale nel periodo ante omologa, che obbligherà le aziende che intendono sopravvivere a rivolgersi all’onerosa, incerta nel risultato e imprevedibile nei tempi “nostra signora” giurisprudenza.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.