15 Giugno 2016

L’opzione del premio di risultato tra denaro e welfare: dubbi operativi

di Cristian Valsiglio

Sicuramente una delle disposizioni più attrattive della L. n.208/15 (Legge di Stabilità 2016) è la possibilità di tramutare il premio di risultato erogato monetariamente in servizi di welfare aziendale con il doppio beneficio (win win):

  • per il lavoratore: di avere servizi e/o beni totalmente esenti così aumentando il potere di acquisto del premio;
  • per l’azienda: di avere un minor costo del premio in virtù del non assoggettamento a imposizione contributiva.

Trattasi della trasformazione del premio monetario nel c.d. premio sociale tramite opzione del lavoratore.

 

La norma

Le norme di riferimento dell’opzione sono rinvenibile nei co.182 e 184, art.1, L. n.208/15:

  • co.182: “Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10 per cento, entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa”.
  • co.184: “Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182”.

La disposizione è farraginosa, ma il significato è lineare: qualora il lavoratore opti di ricevere il premio detassabile non monetariamente, ma sotto forma di “somme e valori”, di cui ai co.2 e 3, art.51 Tuir, in luogo dell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%, avrà la possibilità di usufruire della maggior agevolazione prevista da quest’ultima norma (es. opere e servizi di utilità sociale ex art.100 Tuir).

 

Aspetto oggettivo e dubbi applicativi

Uno degli aspetti più controversi della disposizione riguarda i contenuti e i limite dell’agevolazione in caso di opzione verso il welfare aziendale.

In attesa della circolare congiunta dell’Agenzia delle Entrate e del Ministero del Lavoro è ipotizzabile dare alcune soluzioni ai numerosi interrogativi che la disposizione lascia agli operatori, partendo dalla premessa che ad essere agevolabili potranno essere solo i premi detassabili tramutati in servizi e, pertanto, il finanziamento indiretto del c.d. premio sociale dovrà essere caratterizzato da un premio di risultato di ammontare variabile e/o da somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti dal D.I. 25 marzo 2016.

Dette somme, inoltre, dovranno essere previste in accordi di secondo livello appositamente depositati telematicamente tramite autodichiarazione di conformità, secondo la procedura prevista nel D.M. 25 marzo 2016, indicando nell’apposita sezione che l’accordo prevede la trasformazione in welfare aziendale del premio monetario.

 

Quali limiti di esenzione fiscale per il premio sociale?

Il meccanismo desumibile dalla norma sembra sottostare a due limiti di esenzione quantitativi:

  1. quello della detassazione di € 2.000,00 (o € 2.500,00);
  2. quello previsto ad hoc dai co.2 e 3, art.51, Tuir (a seconda del bene e/o del servizio oggetto di opzione).

In sostanza: qualora il premio monetario fosse di € 3.000,00, l’utilizzo in welfare aziendalepotrebbe comunque rendere agevolabile la somma potenziale massima di € 2.000,00, considerando tuttavia gli ulteriori minori limiti agevolativi previsti dall’art.51 Tuir (es. € 258,28 per i fringe benefit).

Se un premio di € 3.000,00 (detassabile solo per € 2.000,00) viene trasformato totalmente (per opzione del dipendente) in un servizio di utilità sociale ex art.100 Tuir (nessun limite all’esenzione); quest’ultimo non sarà da assoggettare a imposte solo nel limite di € 2.000,00 e non per il maggior importo di € 3.000,00.

Un premio di € 1.000,00 trasformato in un premio sociale per l’acquisto di beni ex art.51, co.3 Tuir (ossia nel limite di esenzione di € 258,23), pur essendo il valore monetario detassabile per l’intera misura (€ 1.000,00), la sua trasformazione in compensi in natura sarebbe penalizzante, vista la minor soglia di esenzione fiscale oltre la quale tutto l’importo risulterebbe pienamente assoggettato a prelievo fiscale e contributivo. In quest’ultimo caso non si potrà ritenere la soglia di esenzione ex art.51, co.3 Tuir incrementata da € 258,23 a € 1.000,00.

 

Quale popolazione è interessata alla trasformazione del premio monetario in premio sociale?

La facoltà di opzione con agevolazione fiscale spetta ai soli titolati alla detassazione e, pertanto, a coloro che hanno un reddito di lavoro dipendente nell’anno precedente non superiore a € 50.000,00.

Pertanto, coloro che nell’anno precedente avranno percepito un reddito da lavoro dipendente superiore a tale soglia potranno optare per la trasformazione del premio monetario in welfare aziendale (c.d. premio sociale) senza averne un beneficio fiscale. La valutazione dovrà essere effettuata con attenzione, in quanto il dipendente, tramite l’opzione per il c.d. premio sociale, potrebbe mantenere il diritto alla potenziale detassazione anche per l’anno successivo, in virtù della piena esenzione fiscale delwelfare aziendale.

 

Il premio sociale sarà anche esente da contribuzione?

Da una parte si potrebbe affermare che, leggendo la nota tecnica al provvedimento, sembra che non siano stati stanziati appositi fondi volti a coprire il beneficio contributivo e, pertanto, il beneficio fiscale sembrerebbe non portare con sé quello contributivo.

Dall’altra parte, tuttavia, e questa sembra la soluzione più confacente alla ratio della norma nel rispetto del principio di armonizzazione delle basi imponibili ex art.6, D.Lgs. n.314/97, si dovrebbe propendere per considerare il premio sociale esente da contributi nella misura in cui è esente fiscalmente (fatto salvo l’eventuale pagamento del contributo di solidarietà del 10%).

Sul punto è bene evidenziare, infatti, che laddove il Legislatore ha voluto derogare al principio della c.d. armonizzazione, l’ha fatto formalmente e tassativamente nella norma (es. Tfr, incentivo all’esodo, QuIR, stock option etc.); in assenza di tale indicazione, pertanto, si deve concludere che l’esenzione fiscale del premio sociale consente, come naturale conseguenza del predetto principio, il non assoggettamento contributivo.

 

L’opzione deve essere prevista in apposito accordo o può essere attivata unilateralmente dal lavoratore?

La norma non sembra prevedere che l’opzione debba essere disciplinata nell’accordo aziendale; la norma (co.184) prevede che, in presenza di un premio di risultato monetario previsto da accordi collettivi di secondo livello, il lavoratore possa (“nell’eventualità”) “per scelta” trasformarlo in beni e servizi ex artt.2 e 3, art.51 Tuir. Ciò consentirebbe di valorizzare e, soprattutto, semplificare l’accesso al welfare aziendale anche senza l’obbligo per le parti di sedersi nuovamente davanti a un tavolo per definire l’effetto opzione. D’altra parte, l’opzione unilaterale del lavoratore pone un serio problema laddove l’azienda non sia strutturata per dare il servizio e/o il bene richiesto dal dipendente.

La soluzione mediana potrebbe essere quella volta a concedere al lavoratore il diritto di opzione in servizi di welfare aziendale nel limite del “paniere” offerto dall’azienda.

Vedremo quale sarà l’orientamento ministeriale, anche se, vedendo la modulistica volta a monitorare gli effetti della disposizione a livello finanziario, sembra che l’opzione per ilwelfare aziendale debba necessariamente essere prevista dall’accordo sindacale.

 

È possibile tramutare il premio monetario in contribuzione alla previdenza complementare?

A una prima lettura del testo si dovrebbe propendere per una risposta negativa, in quanto la disposizione cita solo il co.2 e 3, art.51 Tuir.

Tuttavia, è auspicabile una differente presa di posizione ministeriale, anche al fine di favorire il secondo pilastro della previdenza.

In linea interpretativa si deve, da un lato, far notare che nella nota tecnica al provvedimento (Legge di Stabilità) il Governo citava a titolo esemplificativo proprio l’utilizzo della contribuzione a Casse sanitarie e a Fondi di previdenza complementare.

Come dato normativo si potrebbe, a sua volta, far riferimento alla lett.h), co.2, art.51 Tuir, la quale rimanda, in merito alla contribuzione trattenuta ai lavoratori, alla disciplina fiscale degli oneri deducibili ex art.10 Tuir, tra i quali è presente la contribuzione anche alla previdenza complementare.

In altre occasioni il Ministero delle Finanze (circ. n.29/E/01), proprio tramite la lett.h) sopra citata, aveva precisato che il datore di lavoro poteva operare nel cedolino mensile la deducibilità della contribuzione alla previdenza complementare anche per la quota a carico del datore di lavoro (e non solo per la quota trattenuta).

 

È possibile attivare un piano di welfare aziendale basato su indici di produttività che non preveda la possibilità di erogazione monetaria del premio?

La fattispecie è suggestiva. Un’azienda, con o senza sindacato, decide di crearsi dei parametri di produttività che, di fatto, creano finanziamento per il welfare aziendale (c.d. ritorno di investimento del welfare aziendale – RWA), con relativo accesso a un pannel di beni e servizi messi a disposizione dell’azienda, nel rispetto dei limiti fiscali di beneficio previsti dall’art.51 Tuir. La soluzione sembra consentire una piena agevolazione per tutti (anche per chi ha un reddito superiore a € 50.000,00 annui), in quanto vero e proprio piano di welfare aziendale senza trasformazione del premio monetario in premio sociale. Sul punto si dovrà solo valutare se attivare il piano di WA tramite accordo sindacale. Infatti, in tema di reddito d’impresa, si deve ritenere che, ai fini dell’applicazione della lett.f), co.2, art.51 Tuir (servizi ex art.100 Tuir), il Legislatore abbia previsto un favor legisper la contrattazione collettiva. Difatti, se da un lato l’art.100 Tuir (co.1) prevede la deducibilità delle spese di welfare aziendale ex lett.f), nel limite del 5 per mille del costo del lavoro, ove “volontariamente sostenute” dal datore di lavoro; dall’altro si potrebbe ritenere pienamente deducibile ex art.95, co.1 Tuir il medesimo welfare aziendale, se di derivazione contrattuale.

 

Paniere potenziale di utilizzo del premio sociale
Riferimento normativo Contenuto
Art.51, co.2, lett.a) Tuir “I contributi previdenziali e assistenziali versati dal datore di lavoro o dal lavoratore in ottemperanza a disposizioni di legge; i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20. Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e-ter)”.
Art.51, co.2, lett.c) Tuir “Le somministrazioni di vitto da parte del datore di lavoro, nonché quelle in mense organizzate direttamente dal datore di lavoro o gestite da terzi, o, fino all’importo complessivo giornaliero di euro 5,29, aumentato a euro 7 nel caso in cui le stesse siano rese in forma elettronica, le prestazioni e le indennità sostitutive corrisposte agli addetti ai cantieri edili, ad altre strutture lavorative a carattere temporaneo o ad unità produttive ubicate in zone dove manchino strutture o servizi di ristorazione”.
Art.51, co.2, lett.d) Tuir “Le prestazioni di servizi di trasporto collettivo alla generalità o a categorie di dipendenti; anche se affidate a terzi ivi compresi gli esercenti servizi pubblici”.
Art.51, co.2, lett.f) Tuir “L’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100”.

 

Art.100, co.1: “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi”.

Art.51, co.2, lett.f-bis) Tuir “Le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”.
Art.51, co.2, lett.f-ter) Tuir “Le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12”.
Art.51, co.2, lett.h), Tuir “Le somme trattenute al dipendente per oneri di cui all’articolo 10 e alle condizioni ivi previste, nonché le erogazioni effettuate dal datore di lavoro in conformità a contratti collettivi o ad accordi e regolamenti aziendali a fronte delle spese sanitarie di cui allo stesso articolo 10, comma 1, lettera b). Gli importi delle predette somme ed erogazioni devono essere attestate dal datore di lavoro” (v. previdenza complementare).
Art.51, co.3, Tuir “Beni e Servizi complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a euro 258,23”.
Art.51, co.3-bis), Tuir “Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale”.

 

D.M. 25.3.2016 – Art.6 (Voucher)

“1. L’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi di cui all’ articolo 51, comma 3-bis, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, può avvenire anche attraverso il rilascio di documenti di legittimazione nominativi, in formato cartaceo o elettronico. Tali documenti non possono essere utilizzati da persona diversa dal titolare, non possono essere monetizzati o ceduti a terzi e devono dare diritto ad un solo bene, prestazione, opera o servizio per l’intero valore nominale senza integrazioni a carico del titolare.

2. In deroga a quanto disposto dal comma 1, i beni e servizi di cui all’ articolo 51, comma 3, ultimo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986 possono essere cumulativamente indicati in un unico documento di legittimazione purché il valore complessivo degli stessi non ecceda il limite di importo di cui alla medesima disposizione.

3. L’affidamento e la gestione dei servizi sostitutivi di mensa continuano ad essere disciplinati dal decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207″.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.