Contribuzione Inps su retribuzioni non erogate
di Roberto Lucarini
Col recente interpello n.26/15, il Ministero del Lavoro si è occupato di onere contributivo nel caso di rinuncia del lavoratore a parte, o ad alcune voci, della retribuzione. La fattispecie riguarda il settore del calcio professionistico, dove in sede di transazione, per recesso consensuale dal contratto di lavoro subordinato, il calciatore rinuncia alla parte della retribuzione cui avrebbe avuto diritto se il contratto fosse regolarmente proseguito fino alla scadenza originariamente pattuita.
Viene chiesto in sostanza, oltre ad altre questioni: su tale retribuzione non corrisposta per atto abdicativo del lavoratore in sede transattiva, è dovuta la contribuzione? Il caso, attenzione, è equiparabile a una qualsiasi altra situazione similare, purché in ambito di rapporto di lavoro subordinato.
In prima battuta verrebbe quasi da pensare: se non pago alcuna retribuzione, non dovrei versare i contributi su una somma mai erogata.
A detta del Ministero, ma anche di una giurisprudenza ormai consolidata, tale conclusione sarebbe tuttavia errata.
In sostanza il ragionamento base è questo. Il rapporto previdenziale, di tipo assicurativo, tra datore di lavoro (assicurante) e Inps (ente assicuratore), non deve essere assolutamente influenzato da scelte che le parti del rapporto di lavoro operano per loro particolari interessi. Facciano pure quello che credono il datore e il lavoratore; tutto questo, nel caso di rinunce retributive, non interessa l’Inps. L’Istituto, infatti, ha diritto a riscuotere i contributi su quanto sarebbe spettato al lavoratore, pur se quest’ultimo, anche nel suo stesso interesse, vi abbia rinunciato.
A prima vista potrebbe sembrare la solita esagerata bulimia contributiva che caratterizza la nostra previdenza. A ben vedere, però, il ragionamento sottostante è più fine. Si tratta, in sostanza, del diritto indisponibile del terzo assicurato alla prestazione previdenziale, avente peraltro presidio anche costituzionale. A fronte di ciò, pertanto, tale disposto vince anche sul principio della libertà individuale, negando al soggetto la facoltà di rinunciare non solo alla sua retribuzione, ma anche alle relative conseguenze previdenziali.
In Italia non siamo di fronte a uno Stato avente una legislazione propriamente liberista; ma di questo, credo, ci eravamo già accorti.