19 Gennaio 2016

Il ritorno della detassazione e l’imprenditore con il cerino in mano

di Riccardo Girotto

 

Mi piacerebbe potervi raccontare la storia di un incentivo ricco per il lavoratore ed economico per il datore di lavoro.

Mi piacerebbe potervi raccontare la storia di un Legislatore che ottimizza uno strumento utilizzato con foga negli anni scorsi, tra incertezze e pressapochismi applicativi.

Mi piacerebbe sentire divulgato il messaggio insito nei complicatissimi commi da 182 a 190 dell’art.1 della Legge di Stabilità, rimasto silenziato già nelle precedenti “operazioni detassazione”. Il messaggio è che questo strumento si rivolge quasi esclusivamente alle aziende fortemente strutturate nell’acquisizione oggettiva dei dati utili alla valutazione della meritocrazia.

Scopro invece che ancora una volta la detassazione non è per tutti, ma qualcuno vorrebbe far credere il contrario. Proviamo a capirne di più: la partecipazione agli utili è una condizione oggettiva, ma i parametri della produttività quando possono ritenersi invece soddisfatti in un’azienda?

Per definirli dobbiamo ordinare tre fonti:

  1. Stabilità;
  2. D.M., da emanarsi entro i primi giorni di marzo 2016;
  3. successiva contrattazione di secondo livello.

Chiaramente per applicare la detassazione dal gennaio 2016 dobbiamo attendere marzo 2016, paradossale ma talmente scontato che oramai non ci spaventa.

Una volta digerite le tre fonti possiamo essere sicuri che la detassazione andrà a buon fine?

Dipende. Dipende dall’organizzazione imprenditoriale. Solo l’imprenditore sarà responsabile della tenuta dell’impianto, nessun altro ad assisterlo.

Non sarà il Legislatore che con la Legge di Stabilità avrà solo reintrodotto una misura a favore dei lavoratori (certo eliminando la decontribuzione che poteva invece agevolare i datori di lavoro).

Non saranno i Ministeri che con il D.M. definiranno i criteri, ma non garantiranno certo la corretta applicazione degli stessi da parte delle aziende.

Non saranno le parti sociali tramite gli accordi definitori degli indicatori-tipo, permanendo a carico dell’imprenditore la riconduzione degli stessi alla situazione fattuale.

Certo l’impresa strutturata, con una grande propensione alle relazioni sindacali e precise risorse dedicate alla misurazione delle performance, non avrà problemi ad applicare un sistema premiale.

La piccola impresa che vorrà invece premiare il merito legato prevalentemente alla dimensione umana del lavoro, senza precise doti di misurazione, potrà solo sperare di aver individuato le reali somme premiali.

Non si può comunque negare la bontà dell’estensione dei percettori potenziali, tutti i soggetti titolari di reddito per l’anno precedente fino a € 50.000,00, considerando come i redditi generati dalle tabelle dei contratti collettivi applicati nel nostro Paese risultino gran parte inferiori a tali cifre.

Anche l’estensione del limite massimo delle somme detassabili da € 2.000,00 a € 2.500,00, in caso di partecipazione del lavoratore all’organizzazione del lavoro, risulta altamente condivisibile, in attesa però di valutare la semplicità dei criteri di partecipazione definiti dal D.M. da emanarsi.

Pare infine apprezzabile l’ipotesi di sostituire le somme legate alla produttività con i beni in natura, visto che al datore di lavoro questa opzione potrebbe costare comunque meno.

Ma ciò che non apprezzo è la presentazione di uno strumento come fosse per tutti, come fosse di semplice applicazione, quando invece la certezza delle somme da detassare si riscontra solo nei sistemi altamente organizzati, lasciando negli altri casi la responsabilità al solo datore di lavoro, imprenditore solo … con il cerino in mano.

 

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