La comunicazione obbligatoria per le c.d. prestazioni autonome occasionali
di Giovanna CarosielliCon la nota congiunta n. 29/2022 in commento, il Ministero del lavoro e l’INL hanno fornito istruzioni operative e interpretative in relazione all’obbligo di comunicazione preventiva delle c.d. prestazioni autonome occasionali, che, in ragione della conversione del D.L. 146/2021 a opera della L. 215/2021, è destinato a modificare, dal 21 dicembre 2021, il panorama degli obblighi comunicativi del datore di lavoro/committente[1]. A tale atto amministrativo ha fatto seguito un ulteriore chiarimento di prassi nelle forme delle Faq, con la nota congiunta Ministero del lavoro-INL n. 109/2022.
L’introduzione del nuovo obbligo comunicativo
La conversione nella L. 215/2021 del D.L. 146/2021, che ha introdotto, tra le tante, rilevanti modifiche anche per quanto attiene alla sospensione dell’attività imprenditoriale, ha prodotto un’ulteriore novità a riguardo, stabilendo che dal 21 dicembre 2021 il committente che si avvale dei c.d. lavoratori autonomi occasionali debba comunicarne l’ingaggio prima dell’inizio della medesima prestazione. Come evidenziato dal Ministero del lavoro e dall’INL, lo scopo della novella legislativa consiste in esigenze di monitoraggio e contrasto a forme elusive di tali rapporti, evidentemente sul rilievo per cui il ricorso ai medesimi oltre i presupposti legislativi può costituire un pericolo per la loro salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
Le c.d. prestazioni autonome occasionali
Come nei 2 precedenti documenti di prassi dedicati alla sospensione dell’attività imprenditoriale – le circolari INL n. 3/2021 e n. 4/2021 –, anche l’atto amministrativo in parola individua nell’articolo 2222, cod. civ., la fonte giuridica per i lavoratori autonomi occasionali, cui si riferisce, testualmente, il novellato articolo 14, D.Lgs. 81/2008. Sul punto, occorre, tuttavia, precisare che la citata disposizione del codice civile menziona l’obbligazione assunta, dietro corrispettivo, a realizzare un’opera o un servizio senza obbligo di subordinazione, mancando, tuttavia, di accennare al perimetro temporale entro cui svolgere tale prestazione, che, infatti, potrebbe esser reiterata nel tempo a patto di essere genuinamente autonoma e volgere al conseguimento di un bene o servizio.
A riguardo, la nota in commento ha richiamato l’articolo 67, comma 1, lettera l), Tuir, per il quale non costituiscono redditi da lavoro dipendente quelli derivanti da prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente. Tuttavia, il carattere non abituale di una prestazione resa non deporrebbe, di per sé, per la sua occasionalità, evidenziando, semmai, soltanto che il reddito non deriverebbe in modo abituale – cioè stabile – da dette prestazioni. In ogni caso, l’orientamento di prassi ha stabilito che l’obbligo comunicativo incombe sui committenti imprenditori che si avvalgono di tali prestazioni, con espressa esclusione dei seguenti rapporti, rispetto ai quali sussiste già una comunicazione obbligatoria e/o manca la natura commerciale della prestazione:
- collaborazioni coordinate e continuative (articolo 9-bis, D.L. 510/1996, convertito in L. 608/1996);
- lavoro occasionale accessorio (Libretto di Famiglia, articolo 54-bis, D.L. 50/2017, convertito in L. 96/2017);
- professioni intellettuali c.d. protette, per il cui esercizio è obbligatoria l’iscrizione a un Albo e, di norma, esercitate in regime di Iva (articolo 2229 ss., cod. civ.);
- prestazioni autonome intermediate da piattaforme digitali (articolo 9-bis, D.L. 510/1996);
- prestazioni di lavoro autonomi nello spettacolo (articolo 6, D.Lgs. 708/1947);
- procacciatori d’affari (articolo 67, comma 1, lettera i), Tuir;
- incaricati alla vendita diretta a domicilio, rientranti nell’articolo 67, comma 1, lettera i) Tuir, secondo la risoluzione Mef n. 180/1995;
- prestatori d’opera di tipo intellettuale, quali relatori di convegni, docenti e redattori di articoli e testi, correttori di bozze, progettisti grafici, lettori in opere e festival o in libreria.
La delimitazione di origine fiscale della tipologia di prestazione riguardata dall’obbligo comunicativo in parola, nei fatti, implica come debba trattarsi di redditi derivanti da prestazioni non abituali, ma che difettano anche del carattere commerciale e/o intellettuale.
Se la valorizzazione dell’assenza del requisito commerciale in tali prestazioni d’opera è condivisibile, qualche perplessità potrebbe destare l’esclusione della natura prettamente intellettuale di dette prestazioni, non essendovi alcun cenno esplicito nella formulazione legislativa a riguardo e rientrando tali attività nella disciplina dell’articolo 2222 ss., cod. civ..
Per quanto la spiegazione di tale distinzione sia stata esplicitata alla luce della ratio del precetto legislativo e della collocazione sistematica dell’obbligo comunicativo all’interno del Tusl, i dubbi non possono esser considerati superati, tanto più in ragione di un elenco meramente esemplificativo delle attività che, in base alle Faq[2], non ricadrebbero nell’obbligo in parola.
Non secondaria è la precisazione di prassi – risposta alla Faq n. 6 – che non ha escluso l’obbligo di comunicazione obbligatoria per le prestazioni d’opera rese con modalità telematica da remoto, posto che, ad avviso dell’orientamento di prassi “Di per sé il luogo di lavoro non costituisce una scriminante dell’obbligo di comunicazione”, derivandone che, accanto all’ipotesi di sospensione dell’attività imprenditoriale nel corso dell’accesso ispettivo per evitare l’esposizione a rischio dei lavoratori privi di adeguata formazione, perché irregolarmente occupati, sussisterebbe un’ulteriore ipotesi, intermedia fra questa e l’altra, riferita alle violazioni della normativa sulla sicurezza, rappresentata dall’omessa comunicazione obbligatoria dei prestatori d’opera, a prescindere dal luogo di esecuzione della prestazione, a condizione, tuttavia, che non svolgano prestazioni intellettuali.
Tuttavia, non essendo ben chiaro sia perché le prestazioni d’opera intellettuali non debbano esser comunicate sia, nel merito, quali e quante le medesime siano, la precisazione di prassi rischia di creare ulteriore incertezza applicativa.
A livello soggettivo, viceversa, l’obbligo, come detto, incombe sui committenti imprenditori, derivandone l’esclusione per coloro che non ricoprono la caratteristica della produzione o commercio in modo professionale di beni o servizi, secondo la nota definizione di imprenditore fornita dall’articolo 2082, cod. civ.. In buona sostanza, l’obbligo di comunicazione preventiva non grava per quei committenti privi della qualifica di imprenditori, quali Enti del Terzo settore – a meno che non svolgano attività anche solo in parte imprenditoriale, essendo quindi tenuti all’obbligo se si avvalgono di prestatori d’opera – P.A., enti pubblici non economici, fondazioni ITS eroganti percorsi formativi professionalizzanti, studi professionali non organizzati in forma di impresa ovvero Asd e Ssd[3].
Peraltro, com’è stato acutamente notato[4], avendo la nuova formulazione normativa dell’articolo 14, D.Lgs. 81/2008, espunto la precedente locuzione per cui “le disposizioni del presente comma [articolo 14, comma 1, appunto, ndA] si applicano anche con riferimento ai lavori nell’ambito dei cantieri edili”, resterebbe preclusa la sospensione dei c.d. lavori edili svolti in economia, ovverosia con diretto coinvolgimento del proprietario dell’immobile e affidamento, anche solo parziale, dei lavori a un manovale, molto spesso quasi del tutto privo delle necessarie competenze tecniche e professionali per svolgere tali lavori. Infatti, occorre ricordare che la precedente locuzione consentiva una sospensione in via cautelativa proprio di quelle realtà nelle quali, difettando il requisito della professionalità imprenditoriale dei soggetti coinvolti nell’esecuzione dei lavori, risultavano aumentate le probabilità di infortuni e/o di esposizione al rischio.
Viceversa, avendo la recente novella onerato dell’obbligo comunicativo il solo committente imprenditore, l’omessa comunicazione del lavoratore autonomo occasionale non sarebbe contestabile al committente privato e, di conseguenza, non sarebbe possibile sospendere i lavori per tale fattispecie.
A riguardo, è auspicabile un successivo chiarimento normativo per legittimare un’eventuale applicazione estensiva dell’obbligo di comunicazione in parola.
I tempi e le modalità esecutive dell’obbligo comunicativo
In base al dettato normativo, la comunicazione obbligatoria va effettuata prima della sua esecuzione, secondo le modalità delineate dal Legislatore e in attesa dell’elaborazione di un applicativo su cui, da un lato, il committente potrà eseguire la comunicazione e, dall’altro, il personale di vigilanza verificarne l’avvenuto adempimento. Nel frattempo, è opportuno che il committente trattenga con sé una copia della mail, avente ad oggetto tale comunicazione, indirizzata all’ITL territorialmente competente, al fine di dimostrare l’avvenuto assolvimento dell’obbligo.
In relazione a quest’ultimo aspetto, la nota in commento ha evidenziato come il criterio selettivo dell’ufficio pubblico destinatario della comunicazione sia rappresentato dal luogo di esecuzione della prestazione autonoma, dovendo quindi essere preferita l’ITL in cui il prestatore d’opera svolgerà la propria attività piuttosto che il luogo dell’ITL in cui è situata, esemplificando, la sede legale del committente.
Peraltro, poiché il diritto positivo, nell’ultimo emendamento all’articolo 14, D.Lgs. 81/2008, non ha previsto alcun regime intermedio, la nota di prassi ha stabilito i seguenti scaglioni temporali:
- alcun obbligo comunicativo è dovuto per le prestazioni d’opera esauritesi prima dell’entrata in vigore della novella (21 dicembre 2021);
- l’obbligo comunicativo sorge per tutte le prestazioni d’opera da svolgere a decorrere dall’entrata in vigore della nuova disciplina (21 dicembre 2021);
- l’obbligo comunicativo in parola sussiste anche per le prestazioni che, pur iniziate prima dell’entrata in vigore delle modifiche al Tusl (21 dicembre 2021), sono tuttavia cessate e/o risultano tuttora in essere alla data di emanazione della nota amministrativa (11 gennaio 2022), e va adempiuto entro i successivi 7 giorni di calendario, ovverosia andava effettuato entro il 18 gennaio 2022.
Pur nell’encomiabile sforzo di disciplinare un evidente vuoto di disciplina, la fissazione, tramite un atto amministrativo, di un termine per le prestazioni d’opera in essere alla data di entrata in vigore della nuova disciplina potrebbe essere foriero di contenzioso, tanto in relazione all’esistenza stessa dell’obbligo quanto con riferimento al termine assegnato per adempiervi, non potendo un atto amministrativo emendare una fonte del diritto superiore, qual è la legge.
Il contenuto dell’obbligo comunicativo
Anche in relazione al contenuto della comunicazione obbligatoria, l’assenza di una puntuale regolamentazione a opera del diritto positivo ha indotto la nota in commento a fornire indicazioni interpretative del merito di quanto comunicato: benché in modo indiretto, è possibile, infatti, distinguere gli elementi indefettibili della comunicazione obbligatoria da quelli considerabili non inficianti la validità della medesima.
In particolare, occorrerà trasmettere, nelle modalità esposte e prima dell’inizio della prestazione, le seguenti informazioni:
- dati identificativi del committente e del prestatore;
- luogo di esecuzione della prestazione richiesta;
- descrizione sintetica dell’attività da svolgere, ovverosia il risultato (opera o servizio) da realizzare;
- data di inizio della prestazione e di sua presumibile durata in giorni/settimane/mesi, fermo restando che un’omessa precisazione a riguardo implicherà una nuova comunicazione obbligatoria se la prestazione non sarà resa nella frazione temporale indicata;
- ammontare del compenso pattuito, ove stabilito al momento dell’incarico, che, giova ricordarlo, non è richiesto in forma scritta, a pena di nullità.
Peraltro, poiché la comunicazione obbligatoria va effettuata prima dell’inizio della prestazione lavorativa e l’indirizzo di prassi è nel senso di rendere obbligatorio il dato riferito alla durata del c.d. rapporto occasionale autonomo, non è da escludere che i committenti, volendo evitare una successione di comunicazioni obbligatorie, optino per un arco temporale più ampio del rapporto lavorativo in essere, fissando a un mese, per esempio, l’esecuzione di una prestazione per la quale sarebbero sufficienti 3 settimane.
Tale prassi, mutuata dai contratti a chiamata da cui l’intera disciplina nei fatti deriva, offrirebbe, a differenza di quest’ultima, l’indubbio vantaggio di non obbligare il committente a revocare le singole chiamate per le giornate non lavorate – come accade per il contratto intermittente – non sussistendo obblighi contributivi legati alla durata della prestazione dichiarata. Al tempo stesso, tuttavia, una comunicazione obbligatoria che fissasse una durata molto ampia per una c.d. prestazione occasionale potrebbe non sottrarsi quantomeno al sospetto di un intento elusivo della recente normativa, posto che non consentirebbe una verifica puntuale di quanto comunicato.
In ogni caso, ritenendo possibile procedere alla modifica e/o annullamento dei dati forniti nella comunicazione obbligatoria, a condizione che ciò avvenga prima dell’inizio della prestazione, la nota congiunta ha, altresì, chiarito che “Eventuali errori che non compromettano la possibilità di individuare le parti del rapporto, la data di inizio della prestazione o il luogo di svolgimento non possono comunque tradursi in una omissione della comunicazione”.
Ne deriva che elementi quali l’indicazione delle parti, la data di inizio della prestazione e il suo luogo di svolgimento costituiscono elementi essenziali e indefettibili della comunicazione.
Altresì, in mancanza di una diversa regolamentazione di prassi, l’annullamento della comunicazione obbligatoria può essere inteso come necessario a seguito di un’eventuale revoca dell’incarico al prestatore d’opera ovvero a una sua rinuncia, posto che solo lo scioglimento del contratto, ove esistente, e in ogni caso dell’accordo verbale sulla natura dell’incarico, potrebbe indurre all’annullamento della comunicazione obbligatoria.
Il regime sanzionatorio
Pochi dubbi, infine, sussistono in relazione agli esiti sanzionatori dell’obbligo disatteso ovvero di una sua evasione oltre i termini di legge previsti. A riguardo, infatti, il novellato articolo 14, D.Lgs. 81/2008, ha previsto che “In caso di violazione degli obblighi di cui al secondo periodo si applica la sanzione amministrativa da euro 500 a euro 2.500 in relazione a ciascun lavoratore autonomo occasionale per cui è stata omessa o ritardata la comunicazione. Non si applica la procedura di diffida di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 23 aprile 2004, n. 124”.
L’ancoraggio della sanzione amministrativa a ciascun lavoratore ha indotto il documento di prassi a precisare che sono irrogate tante sanzioni quanti sono i c.d. lavoratori occasionali trovati intenti al lavoro all’atto dell’accesso ispettivo e per i quali la relativa comunicazione obbligatoria risulti omessa o tardiva, così come la sanzione amministrativa sarà irrogabile anche nel caso di prosecuzione di fatto della prestazione oltre il termine inizialmente indicato e risulti mancante la successiva comunicazione obbligatoria.
L’esposto indirizzo di prassi potrebbe, come detto, indurre i committenti a effettuare comunicazioni obbligatorie di ampia durata, al fine, appunto, di non incorrere nella sanzione.
Sarà, tuttavia, l’applicazione pratica della novità legislativa e l’osservanza delle indicazioni operative a confermare l’utilità dell’obbligo comunicativo di recente introdotto e, soprattutto, la sua idoneità a perseguire lo scopo assegnatogli.
[1] In merito anche E. Valcarenghi-L. Vannoni, Obbligo di comunicazione dei lavoratori autonomi occasionali: le istruzioni INL, in “La circolare di lavoro e previdenza” n. 1-2/2022, pag. 21 ss..
[2] Su cui C. Santoro, Il valore giuridico delle FAQ, in “Il Giurista del lavoro” n. 12/2021, pag. 35 ss..
[3] Giusta risposte alle Faq nn. 1, 4, 8, 9 e 10.
[4] V. Lippolis, Lavoratori autonomi occasionali: comunicazione obbligatoria entro il 18 gennaio per evitare le sanzioni, in “IPSOAQuotidiano”, 17 gennaio 2022.
Si segnala che l’articolo è tratto da “La circolare di lavoro e previdenza“.
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