Il caso Brexit: gli effetti sulla legislazione applicabile e sulla totalizzazione internazionale
di Rosa Maria MorroneL’uscita del Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord dall’Unione Europea (c.d. Brexit) ha comportato una revisione dei rapporti tra gli Stati dell’Unione e il Regno Unito con effetti che riguardano anche le norme di coordinamento della sicurezza sociale. Nel presente contributo vengono illustrati, in particolare, gli effetti su due degli istituti più importanti del sistema di coordinamento della sicurezza sociale: la legislazione applicabile e la totalizzazione dei periodi di assicurazione ai fini pensionistici. Nello specifico, saranno descritte le norme contenute nell’accordo di recesso[1], che ha disciplinato il periodo di transizione, terminato il 31 dicembre 2020[2], e le nuove disposizioni contenute nel Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale (Pssc), che è parte integrante dell’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione Europea e il Regno Unito – TCA[3]-, entrato in vigore in via provvisoria dal 1° gennaio 2021 e diventato definitivo dal 1° maggio 2021, a seguito della Decisione (UE) 2021/689 del Consiglio del 29 aprile 2021[4].
Il coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale dopo la Brexit: l’accordo di recesso (WA) e il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale (Pssc)
Nell’interesse comune dell’Unione Europea e del Regno Unito, nonché dei cittadini e delle imprese, durante il periodo di transizione, disciplinato dall’accordo di recesso (WA), nel settore della sicurezza sociale, la normativa comunitaria, contenuta nei Regolamenti CE 883/2004 e 987/2009, ha continuato a trovare applicazione nei rapporti tra gli Stati dell’Unione e il Regno Unito[5].
Considerata l’importanza del coordinamento della sicurezza sociale per la tutela dei diritti delle persone che si spostano tra il Regno Unito e gli Stati dell’Unione Europea per lavorare, soggiornare o risiedere, nonché dei diritti dei familiari e superstiti di queste persone, l’accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra l’Unione Europea e il Regno Unito – TCA – prevede che, a far data dal 1° gennaio 2021, gli Stati membri e il Regno Unito coordinino i rispettivi sistemi di sicurezza sociale sulla base del Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale (Pssc)[6].
Il Protocollo (Pssc) non opera nell’ambito della libera circolazione delle persone, pertanto prevede meno benefici e maggiori vincoli e restrizioni relativamente alle scelte operabili dalle persone. Esso si applica alle persone che, successivamente al 1° gennaio 2021, si trovino in una situazione transfrontaliera, che vede coinvolti uno Stato dell’Unione e il Regno Unito.
Il Protocollo non si applica alle persone che rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo di recesso, che, come precisato sopra, per la tutela dei diritti di sicurezza sociale ha previsto l’applicazione dei Regolamenti CE 883/2004 e 987/2009. Queste situazioni continuano ad essere disciplinate dalla regolamentazione comunitaria anche successivamente al 1° gennaio 2021[7].
Ambito di applicazione dell’accordo di recesso e dei Regolamenti comunitari
L’accordo di recesso (WA) e, di conseguenza, i Regolamenti comunitari, continuano a trovare applicazione nei confronti delle seguenti persone
a) cittadini dell’Unione che al 31 dicembre 2020:
- sono soggetti alla legislazione del Regno Unito, ad esempio in applicazione delle disposizioni dell’articolo 11 par. 3 lett. a) perché lavorano in tale Stato (art. 30 par. 1 lett. a) dell’Accordo di recesso);
- sono soggetti alla legislazione di uno Stato membro e
– risiedono nel Regno Unito (articolo 30, § 1, lettera c), accordo di recesso);
– oppure lavorano nel Regno Unito, come ad esempio i lavoratori distaccati in base all’articolo 12, Regolamento CE 883/2004 (articolo 30, § 1, lettere e) ed i), accordo di recesso)
b) cittadini del Regno Unito che al 31 dicembre 2020:
- sono soggetti alla legislazione di uno Stato membro, ad esempio in applicazione delle disposizioni dell’articolo 11, § 3, lettera a), perché lavorano in tale Stato (articolo 30, § 1, lettera b), accordo di recesso);
- sono soggetti alla legislazione del Regno Unito, e
– risiedono in uno Stato membro (articolo 30, § 1, lettera d), accordo di recesso),
– oppure lavorano in uno Stato membro, come ad esempio i lavoratori distaccati in base all’articolo 12, Regolamento CE 883/2004 (articolo 30, § 1, lettere e) ed ii), accordo di recesso);
c) apolidi e rifugiati che, al 31 dicembre 2020, si trovino in una delle situazioni descritte sopra relativamente ai cittadini dell’Unione e del Regno Unito e che siano residenti nel Regno Unito o in uno Stato membro (articolo 30, § 1, lettera f), accordo di recesso);
d) cittadini dei Paesi terzi che, al 31 dicembre 2020, si trovino nelle situazioni descritte sopra relativamente ai cittadini dell’Unione e del Regno Unito e che siano residenti nel Regno Unito o in uno Stato membro – con esclusione della Danimarca – e che abbiano legami con la legislazione sia del Regno Unito che di uno Stato membro – con esclusione della Danimarca[8] (articolo 30, § 1, lettera g), accordo di recesso);
e) familiari e superstiti delle persone elencate sopra.
Le disposizioni in materia di legislazione applicabile: il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale (Pssc)
Il campo di applicazione materiale del Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale riguarda tutte le forme di assicurazione obbligatorie previste dalla legislazione previdenziale italiana, ma, a differenza della regolamentazione comunitaria, non comprende le prestazioni familiari, che restano, pertanto, al di fuori dal campo di applicazione del Pssc[9].
Per quanto riguarda, in particolare, la legislazione applicabile, le relative disposizioni sono contenute nel Titolo II, Protocollo (articoli SSC.10 – SSC.14) e le modalità di applicazione sono descritte nell’allegato SSC-7 (articoli SSCI.13 – SSCI.18).
Analogamente a quanto previsto dall’articolo 11, Regolamento CE 883/2004, l’articolo SSC.10 afferma il principio generale dell’unicità della legislazione applicabile, per effetto del quale le persone cui si applica il Protocollo “sono soggette alla legislazione di un singolo Stato”.
In particolare, la persona che eserciti un’attività subordinata o autonoma in uno Stato è soggetta alla legislazione di tale Stato, in applicazione del principio di territorialità (c.d. lex loci laboris). Lo stesso articolo prevede, altresì, che, in tutti i casi in cui nel Protocollo non sia disposto diversamente, la persona è soggetta alla legislazione dello Stato di residenza (c.d. lex domicilii).
Tuttavia, in determinate situazioni è prevista la possibilità di prendere in considerazione criteri diversi dal principio di territorialità. Tali situazioni riguardano, in particolare:
- i lavoratori distaccati;
- l’esercizio di attività in due o più Stati;
- alcune categorie di lavoratori, come i dipendenti pubblici[10].
Il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale non contiene, invece, disposizioni analoghe a quelle previste dall’articolo 16, Regolamento CE 883/2004. Pertanto, non sarà possibile richiedere eccezioni o deroghe rispetto alle disposizioni contenute nel Titolo II del citato Protocollo, né sarà possibile richiedere proroghe del distacco per periodi superiori ai 24 mesi, come avviene, invece, nei casi in cui si applica la normativa comunitaria.
Lavoratori distaccati
L’articolo SSC.11 del Protocollo in commento prevede, come deroga al principio generale della territorialità della legislazione applicabile, che “la persona che esercita un’attività subordinata in uno Stato per conto di un datore di lavoro che vi esercita abitualmente le sue attività ed è inviata da tale datore di lavoro, per svolgervi un’attività lavorativa per conto di quest’ultimo, in un altro Stato, rimane soggetta alla legislazione del primo Stato”.
Analogamente a quanto previsto dall’articolo 12, Regolamento CE 883/2004, la durata del distacco non può superare i 24 mesi e il lavoratore non deve essere inviato in sostituzione di un altro lavoratore distaccato. Anche “la persona che esercita abitualmente un’attività autonoma in uno Stato e che si reca a svolgere un’attività affine in un altro Stato rimane soggetta alla legislazione del primo Stato purché la durata prevedibile di tale attività non superi 24 mesi”.
In sostanza, l’articolo SSC.11 del Protocollo ammette la possibilità del distacco, sia per il lavoratore subordinato che per il lavoratore autonomo, con gli stessi limiti di durata e alle stesse condizioni poste dall’articolo 12, Regolamento CE 883/2004.
Tuttavia, la deroga, prevista dall’articolo SSC.11 del Protocollo al principio generale, enunciato dall’articolo SSC.10, non si applica direttamente a tutti gli Stati, ma solo agli Stati membri (c.d. Stati di categoria A) che hanno comunicato all’Unione la propria intenzione di derogare all’articolo SSC.10.
Oltre alla categoria A, l’articolo SSC.11 ha previsto la categoria B, per gli Stati che hanno comunicato la propria intenzione di non voler derogare alle disposizioni generali, e la categoria C, per gli Stati che non hanno effettuato alcuna comunicazione in merito. Relativamente a quest’ultima categoria, le disposizioni sul distacco hanno trovato, comunque, applicazione per un mese a decorrere dal 1° gennaio 2021, data di entrata in vigore dell’accordo (TCA) e del relativo Protocollo[11].
Trascorso il termine sopra citato, le disposizioni dell’articolo SSC.11 saranno applicate solo dagli Stati di categoria A[12].
Per quanto riguarda l’Italia, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in veste di Autorità competente, ha comunicato all’UE l’intenzione del nostro Paese di derogare all’articolo SSC.10. Pertanto, l’Italia è stata inserita tra gli Stati di categoria A, che, a partire dal 1° febbraio 2021 e per tutto il periodo di validità del Protocollo, nei rapporti con il Regno Unito si avvarranno delle norme sul distacco previste dall’articolo SSC.11[13].
Esercizio di attività in 2 o più Stati membri e nel Regno Unito
I criteri per determinare la legislazione applicabile nei casi in cui una persona eserciti un ‘attività subordinata e/o autonoma in uno o più Stati membri e nel Regno Unito sono contenute nell’articolo SSC.12 del Protocollo. L’articolo riprende quanto già previsto per queste situazioni dalla regolamentazione comunitaria e, in particolare, dall’articolo 13, Regolamento CE 883/2004.
Infatti, anche l’articolo SSC.12 per le situazioni di attività in più Stati fa riferimento alla nozione di “parte consistente dell’attività”[14] per determinare lo Stato con il quale la persona ha il legame più stretto dal punto di vista della copertura previdenziale.
Ne consegue che, in linea di principio, l’esercizio di una “parte consistente delle attività” costituisce il primo criterio utilizzato per tutte le situazioni nelle quali una persona lavora in 2 o più Stati membri e nel Regno Unito.
Tuttavia, i § 5 e 6 dell’articolo SSC.12 riportano disposizioni specifiche per l’applicazione della legislazione del Regno Unito in determinate situazioni.
In particolare, si applica la legislazione del Regno Unito al lavoratore subordinato, che esercita abitualmente un’attività in 2 o più Stati membri (e non nel Regno Unito), ma non esercita una parte consistente di tale attività nello Stato di residenza, se ricorrono le seguenti ulteriori condizioni:
- il lavoratore è alle dipendenze di una o più imprese o datori di lavoro, che hanno la propria sede legale o il proprio domicilio[15] nel Regno Unito;
- il lavoratore risiede in uno Stato membro ed è alle dipendenze di 2 o più imprese o datori di lavoro, che hanno la propria sede legale o il proprio domicilio nel Regno Unito e nello Stato membro di residenza;
- il lavoratore risiede nel Regno Unito ed è alle dipendenze di 2 o più imprese o datori di lavoro, almeno 2 dei quali hanno la propria sede legale o il proprio domicilio in Stati membri diversi;
- il lavoratore risiede nel Regno Unito ed è alle dipendenze di una o più imprese o datori di lavoro, nessuno dei quali ha la propria sede legale o il proprio domicilio in un altro Stato.
La legislazione del Regno Unito si applica, altresì, al lavoratore autonomo che esercita abitualmente un’attività in 2 o più Stati membri (e non nel Regno Unito), ma non esercita una parte consistente dell’attività nello Stato di residenza e il centro di interessi della sua attività[16] si trova nel Regno Unito.
Lavoratori distaccati che rientrano nell’ambito di applicazione dell’Accordo di recesso
L’accordo di recesso, come detto sopra, continua a trovare applicazione in determinate situazioni anche successivamente al 1° gennaio del 2021 e con esso continua, quindi, ad essere applicata la normativa comunitaria contenuta nei Regolamenti CE 883/2004 e 987/2009.
Per quanto riguarda il distacco dei lavoratori, pertanto, la normativa di riferimento a partire dal 1° gennaio 2021 dipende dalla situazione del lavoratore al 31 dicembre 2020.
Se la situazione è tra quelle che rientrano nell’ambito di applicazione dall’accordo di recesso, la legislazione applicabile continua a essere determinata, finché le condizioni continuano a essere soddisfatte, in base alle disposizioni e nei limiti previsti dal Titolo II, Regolamento CE 883/2004.
Nel caso, invece, il distacco riguardi un periodo che inizia a partire dal 1° gennaio 2021, la legislazione applicabile deve essere determinata in base alle norme del Titolo II, Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale, contenuto nel TCA[17].
Ne consegue che, per un distacco iniziato prima del 31 dicembre 2020, e che prosegue oltre tale data, se il periodo concesso è inferiore ai 24 mesi, potrà essere autorizzato, in base all’articolo 12, Regolamento CE. 883 /2004, un ulteriore periodo entro il limite dei 24 mesi. Nel calcolo dei 24 mesi dovranno essere presi in considerazione anche i periodi già autorizzati prima dell’entrata in vigore del Pssc. Inoltre, potrà, altresì, essere concessa un’ulteriore proroga, oltre i 24 mesi, in applicazione dell’articolo 16 del citato Regolamento.
Se, invece, il lavoratore viene distaccato per la prima volta dal 1° gennaio 2021, il distacco potrà essere autorizzato, in base all’articolo SSC.11 del Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale, per un periodo non superiore a 24 mesi, senza possibilità di ulteriori proroghe.
Rilascio delle certificazioni della legislazione applicabile – Documento Portatile A1
In materia di moduli e documenti rilasciati dalle istituzioni, l’articolo SSCI.75, Titolo V, allegato SSC-7, ha previsto che “per un periodo transitorio la cui data conclusiva è concordata dal comitato specializzato per il coordinamento della sicurezza sociale, tutti i moduli e i documenti rilasciati dalle istituzioni competenti nel formato utilizzato nel periodo immediatamente precedente all’entrata in vigore del protocollo sono validi ai fini dell’attuazione del protocollo e, ove opportuno, continuano a essere utilizzati per lo scambio di informazioni tra le istituzioni competenti”.
Pertanto, i documenti portatili A1 continueranno, per tutto il periodo transitorio, a essere utilizzati per certificare la legislazione applicabile anche nei casi che rientrino nell’ambito di applicazione del Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale.
Le certificazioni già rilasciate, relative a periodi di lavoro con data iniziale precedente la data di entrata in vigore del Pssc e con data finale successiva al 31 dicembre 2020, se la situazione del lavoratore non subisce variazioni, mantengono la loro validità fino alla data finale in esse indicata[18].
La totalizzazione dei periodi di assicurazione ai fini pensionistici: l’accordo di recesso (WA) e il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale (Pssc)
Il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale, in materia di totalizzazione dei periodi di assicurazione, riporta disposizioni analoghe a quelle contenute nei Regolamenti CE 883/2004 e 987/2009, sia per quanto riguarda le disposizioni di base che le modalità di applicazione[19].
Tuttavia, anche per l’applicazione delle disposizioni in materia di totalizzazione occorre distinguere le situazioni che continuano ad essere disciplinate dall’accordo di recesso e, quindi, dai Regolamenti comunitari, da quelle che ricadono nell’ambito di applicazione del Protocollo.
A tale riguardo, l’articolo 32 dell’accordo di recesso (WA) regola le situazioni particolari di coloro che, alla data del 31 dicembre 2020, non rientrano tra le persone tutelate dall’articolo 30, WA, e che sono state elencate sopra.
In particolare, il citato articolo 32 dispone che, ai fini del riconoscimento e della totalizzazione dei periodi di assicurazione, rientrano nell’ambito di applicazione dell’accordo di recesso le seguenti persone:
“– cittadini dell’Unione, nonché apolidi e rifugiati residenti in uno Stato membro e i cittadini dei Paesi terzi che soddisfano le condizioni del Regolamento CE n. 859 del 2003, soggetti alla legislazione del Regno Unito prima della fine del periodo di transizione, nonché loro familiari e superstiti;
– cittadini del Regno Unito, nonché apolidi e rifugiati residenti nel regno Unito e i cittadini dei Paesi terzi che soddisfano le condizioni del Regolamento CE n. 859 del 2003, soggetti alla legislazione di uno Stato membro prima della fine del periodo di transizione, nonché loro familiari e superstiti”.
Inoltre, lo stesso articolo dispone che “ai fini della totalizzazione dei periodi sono presi in considerazione i periodi maturati sia prima che dopo la fine del periodo di transizione, a norma del regolamento (CE) n. 883/2004”.
Pertanto, nei confronti delle persone indicate sopra, che, al 31 dicembre 2020, non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 30, WA, ma sono state soggette, a seconda dei casi, alla legislazione di uno Stato membro o del Regno Unito e hanno maturato periodi di assicurazione prima di tale data, continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di totalizzazione contenute nei Regolamenti (CE) 883/2004 e 987/2009[20], per effetto dell’articolo 32, WA. A tale riguardo, si precisa che potranno formare oggetto di totalizzazione sia i periodi maturati prima del 31 dicembre 2020 che quelli maturati successivamente a tale data.
ESEMPIO 1
Un cittadino UE ha maturato periodi di assicurazione in uno Stato membro e poi nel Regno Unito ed è ritornato nello Stato membro nel 2015. Nel 2022 raggiunge i requisiti per ottenere la pensione nel Regno Unito e/o nello Stato membro: la pensione potrà essere riconosciuta, in applicazione dell’accordo di recesso e, quindi, dei Regolamenti comunitari, con la totalizzazione dei periodi maturati nel Regno Unito, anche se detti periodi sono stati maturati prima del 31 dicembre 2020[21].
ESEMPIO 2
Un cittadino del Regno Unito ha maturato periodi di assicurazione nel Regno Unito e in uno Stato UE e al 31 dicembre 2020 continua ad essere assicurato in uno Stato membro (articolo 30, WA). Nel 2023 raggiunge i requisiti per ottenere la pensione nel Regno Unito e/o nello Stato membro: la pensione potrà essere riconosciuta, in applicazione dell’accordo di recesso, e potranno essere totalizzati, con i periodi maturati nel Regno Unito, quelli maturati nello Stato membro sia prima che dopo il 31 dicembre 2020.
Il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale (Pssc)
Il Protocollo sul coordinamento della sicurezza sociale si applica alle persone, ivi compresi gli apolidi e i rifugiati, che sono o sono stati soggette alla legislazione di uno o più Stati, nonché ai loro familiari e superstiti, che, come precisato sopra, si trovino in una situazione transfrontaliera che lega uno Stato dell’Unione e il Regno Unito a partire dal 1° gennaio 2021, a condizione che tali persone non siano già coperte dalle tutele previste dall’accordo di recesso.
Pertanto, anche per quanto riguarda le disposizioni in materia di totalizzazione, contenute nel Pssc, l’applicazione delle stesse riguarda esclusivamente situazioni successive al 31 dicembre 2020, che non siano già regolate dalle norme di coordinamento in materia di sicurezza sociale contenute nell’accordo di recesso.
[1] Withdrawal Agreement o WA, pubblicato nella G.U.U.E. L 29 del 31 gennaio 2020, entrato in vigore dal 1° febbraio 2020.
[2] Cfr. articolo 126, accordo di recesso (WA).
[3] Trade and Cooperation Agreement o TCA, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 444 del 31 dicembre 2020, in vigore dal 1° gennaio 2021.
[4] Pubblicata nella G.U.U.E. L 149 del 30 aprile 2021.
[5] Cfr. articolo 31 dell’accordo di recesso (WA)
[6] Cfr. articolo Ch.SSC.1 del TCA.
[7] Cfr. articolo 39, accordo di recesso.
[8] I cittadini dei Paesi terzi devono soddisfare le condizioni previste dal Regolamento CE 859/2003; per effetto di tale regolamento nei loro confronti continua a trovare applicazione la normativa comunitaria contenuta nel Regolamenti 1408/71 e 574/72 (cfr. Inps, circolare n. 51/2011). Il Regolamento CE 859/2003 non si applica alla Danimarca.
[9] Articolo SSC.3del Pssc: “Il presente protocollo si applica ai settori di sicurezza sociale riguardanti: le prestazioni di malattia; le prestazioni di maternità e di paternità assimilate; le prestazioni d’invalidità; le prestazioni di vecchiaia; le prestazioni ai superstiti; le prestazioni per infortuni sul lavoro e malattie professionali; gli assegni in caso di morte; le prestazioni di disoccupazione; le prestazioni di prepensionamento”.
[10] Articolo SSC.10, § 3, lettera b). I dipendenti pubblici sono sempre soggetti alla legislazione dello Stato in cui ha sede l’Amministrazione da cui dipendono.
[11] Cfr. articolo SSC.11, § 5.
[12] Gli Stati sono elencati nell’allegato SSC-8 – “Disposizioni transitorie relative all’applicazione dell’articolo SSC.11” [Lavoratori distaccati].
[13] Cfr. Inps, circolare n. 71/2021.
[14] Cfr. articolo SSCI.13, § 10 e 11 dell’allegato SSC-7.
[15] L’articolo SSC.1, lettera z), Protocollo, definisce “sede legale o domicilio“: la sede legale o il domicilio in cui sono adottate le decisioni essenziali dell’impresa e in cui sono svolte le funzioni della sua amministrazione centrale.
[16] L’articolo SSCI.13, § 12, allegato SSC-7, definisce il “centro di interessi” precisando che: “Ai fini dell’applicazione dell’articolo SSC.12 [Esercizio di attività in due o più Stati], paragrafo 2, lettera b), del protocollo, il “centro di interessi” delle attività di un lavoratore autonomo è determinato prendendo in considerazione tutti gli elementi che compongono le sue attività professionali, in particolare il luogo in cui si trova la sede fissa e permanente delle attività dell’interessato, il carattere abituale o la durata delle attività esercitate, il numero di servizi prestati e la volontà dell’interessato quale risulta da tutte le circostanze”.
[17] Cfr. Inps, circolare n. 71/2021, punto 3.
[18] Cfr. Inps, messaggio n. 4805/2020.
[19] Cfr. Inps, circolare n. 53/2021.
[20] Cfr. Titolo III, capitoli 4 e 5, Regolamento CE 883/2004 e Titolo III, Capo IV, Regolamento CE 987/2009; Inps, circolari n. 82/2010 e n. 88/2010.
[21] Cfr. Inps, circolare n. 16/2020, punto 3.1.
Si segnala che l’articolo è tratto da “Guida pratica previdenziale“.
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