La detassazione dei premi di risultato: la parte sindacale
di Roberto LucariniÈ nota, agli operatori del settore, la lunga vicenda della tassazione sostitutiva dei premi di risultato.
Una storia che inizia dall’oramai lontano anno 2008, per svilupparsi in una serie interminabile di proroghe annue e qualche buco. Finalmente, con la Legge di Bilancio 2016 (L. 208/2015), e il successivo Decreto attuativo (D.M. 25 marzo 2016), tale forma agevolata di tassazione entra a far parte stabilmente del nostro ordinamento tributario. La spinta motivazionale è data dalla crescente attenzione verso la produttività del lavoro, che viene quindi in qualche modo premiata sul piano fiscale. Poca cosa, viste le limitazioni, ma sempre meglio di nulla!
La dovuta brevità di queste note non consente una rivisitazione generale dell’istituto, bastando ricordare come siano assoggettabili a tassazione sostitutiva (c.d. detassazione) di Irpef e sue addizionali, in forma proporzionale fissa al 10%, i premi di risultato previsti da un accordo collettivo di secondo livello, a fronte di “incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione”.
Attenzione, dunque, ad alcuni punti peculiari, indicati solo in funzione di quanto qui interessa:
- necessità di un contratto collettivo, dunque non individuale, ad personam o anche plurimo;
- contratto collettivo ma non di rango nazionale, quanto invece di secondo livello (aziendale o territoriale);
- riferimento esplicito, quanto alla definizione contrattuale, all’articolo 51, Codice dei contratti, il quale dispone “per contratti collettivi si intendono i contratti collettivi … territoriali o aziendali stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e i contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria”.
Proprio sul fronte contrattuale, meglio sul tema delle parti che sottoscrivono l’atto, è stata interessata l’Agenzia delle entrate a seguito di specifico interpello (risposta a interpello n. 176/E/2021).
Viene sostanzialmente richiesto circa la stipula di un accordo che prevede un premio di risultato, da parte di un’azienda di tipo industriale non iscritta ad alcuna sigla sindacale datoriale e che non ha al suo interno una Rsu; l’azienda intende stipulare un proprio contratto aziendale con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, di livello territoriale, firmatarie dal Ccnl applicato.
Il dubbio sorto, in assenza di esplicite indicazioni normative o di prassi, sta nel capire se tale interlocutore sindacale risulti legittimato al fine del rispetto dei requisiti di Legge.
La soluzione si deve ricercare nel combinato disposto ex articolo 1, L. 208/2015 e articolo 51, D.Lgs. 81/2015; osservando il testo di quest’ultima norma, sopra già riportato, si nota come il riferimento alle Rsa/Rsu, quali parti sindacali ammesse alla firma, avviene ragionevolmente per i soli contratti aziendali, mentre quello alle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative si riferisce a tali contratti e a quelli di ordine territoriale. Già tale indicazione pare fugare ogni dubbio circa il quesito effettuato.
I tecnici dell’Agenzia, infatti, concludono come, nel caso proposto, “non sussistano particolari motivi ostativi alla possibilità, per la società istante, di applicare l’imposta sostitutiva del 10 per cento di cui all’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sulle somme da erogare ai propri dipendenti a titolo di premio di risultato (e, ove venisse predisposto un sistema di welfare aziendale, anche il regime fiscale previsto dai commi 2 e 3 dell’articolo 51 del Tuir),corrisposte in virtù di un contratto collettivo aziendale stipulato con le articolazioni territoriali delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale, seppur esterne all’azienda”.
L’Agenzia, inoltre, consiglia il datore di lavoro, al solo fine di garantire il giusto coinvolgimento di tutti i lavoratori e non anche quale punto perentorio, di effettuare una comunicazione scritta ai dipendenti senza alcuna necessità di firma per avvenuta ricezione, ma con prova di effettuazione dell’invio.
Cosa opportuna, ma non dirimente; ci mancherebbe anche un altro adempimento.
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