Il recesso al termine del periodo di apprendistato nell’emergenza pandemica
di Luca VannoniIl recesso al termine del periodo di apprendistato gode di una disciplina specifica, che rinvia all’articolo 2118, cod. civ.: oltre all’evidente necessità dell’atto scritto, non vi sono obblighi di motivare il recesso se non sulla base del termine del periodo formativo; inoltre, il periodo di preavviso decorre (in avanti) a partire da tale evento, prolungando di fatto il rapporto per tale periodo (a meno che non si voglia versare all’apprendista l’indennità di mancato preavviso, ipotesi sicuramente da consigliare in assenza di stringenti necessità organizzative o produttive alla “coda” contrattuale).
Tenuto conto che non vi sono obblighi di motivazione, si consiglia di non aggiungere altro se non la decorrenza del recesso e il dettaglio del preavviso, senza specificare motivazioni o, peggio, considerare qualificato il lavoratore.
Oltre al quadro normativo applicabile in via diretta, è opportuno evidenziare che l’emergenza pandemica ha determinato, e ancora determina (chissà fino a quando), sospensioni e interventi di integrazioni salariali sulla base della disciplina emergenziale, aspetto che non può non riverberarsi anche sulla durata dei contratti di apprendistato. L’articolo 2, comma 4, D.Lgs. 148/2015, prevede, infatti, che “alla ripresa dell’attività lavorativa a seguito di sospensione o riduzione dell’orario di lavoro, il periodo di apprendistato è prorogato in misura equivalente all’ammontare delle ore di integrazione salariale fruite”.
Tale disposizione non brilla per semplicità, endogena e sistematica: da una parte si richiede una proroga, obbligatoria e non potestativa, pesata sulle ore di integrazioni salariale fruite, quando è evidente che il datore di lavoro dovrà comunque quantificare in giorni l’allungamento del periodo formativo; dall’altra, non si richiama l’articolo 42, comma 4, lettera g), D.Lgs. 81/2015, disposizione che prevede la “possibilità di prolungare il periodo di apprendistato in caso di malattia, infortunio o altra causa di sospensione involontaria del lavoro, di durata superiore a 30 giorni”.
Non si fa riferimento in alcun modo al completamento del periodo formativo: dal dato letterale della norma, anche se le ore di sospensione determinerebbero una proroga di pochi giorni (ad esempio, 10 giorni) che non influirebbe in alcun modo nel percorso volto alla qualificazione, la proroga è dovuta.
In presenza di una disposizione dal tenore vincolante come l’articolo 2, D.Lgs. 148/2015, si ritiene, quindi, sussistere un obbligo di proroga del periodo formativo in capo al datore di lavoro, anche per periodi di sospensione inferiori a 30 giorni.
La disposizione prevista dall’articolo 42, comma 4, lettera g), D.Lgs. 81/2015, viceversa, oltre ad avere una sorta di franchigia di 30 giorni, si caratterizza per l’utilizzo del termine “possibilità” e consente eventualmente, nel momento in cui si ritenesse concluso l’apprendimento e realizzati gli obblighi formativi, di non procedere con la proroga.
Da un punto di operativo, la proroga del periodo formativo e, quindi, il prolungarsi del periodo di apprendistato, deve essere oggetto di specifica comunicazione al lavoratore, che si consiglia di effettuare, più che al rientro della sospensione, in prossimità della scadenza originaria. In assenza di comunicazione, nel caso in cui l’apprendistato, dopo la proroga tacita, sia oggetto di recesso, si potrebbe generare contenzioso con il lavoratore, che farebbe leva sul fatto che il recesso è intervenuto quando il rapporto era diventato un ordinario rapporto di lavoro subordinato.
Sul punto, si richiama la sentenza della Corte di Cassazione n. 20357/2010: “Il datore di lavoro che, a causa di una assenza del lavoratore, ritenga di detrarre il relativo periodo dall’apprendistato, spostando la scadenza convenuta ad altra data, ha l’obbligo di comunicare al lavoratore, prima della scadenza, lo spostamento del termine finale, spiegando le ragioni e indicando la nuova scadenza o il periodo che deve essere detratto“.
Tale principio risulta applicabile, senza particolari frizioni, all’ipotesi di proroga prevista dall’articolo 42, comma 4, lettera g), D.Lgs. 81/2015; nel caso della proroga ai sensi dell’articolo 2, comma 4, D.Lgs. 148/2015, essendo stata cesellata in termini molto più stringenti e automatici – non si parla di possibilità di proroga – potrebbe non essere richiesto, ai fini della validità, un atto che formalizzi la proroga: è evidente, tuttavia, proprio per evitare inutili contenziosi, anche per determinare la durata effettiva della proroga – tenuto conto del complicato tenore della norma – che è consigliabile, in prossimità della scadenza originaria, comunicare la durata della proroga.
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Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:
18 Marzo 2021 a 17:19
Stimatissimo Collega ti leggo sempre con grande attenzione e piacere, a proposito di;
“In assenza di comunicazione, nel caso in cui l’apprendistato, dopo la proroga tacita, sia oggetto di recesso, si potrebbe generare contenzioso con il lavoratore, che farebbe leva sul fatto che il recesso è intervenuto quando il rapporto era diventato un ordinario rapporto di lavoro subordinato.”
Premesso che mi trovi assolutamente concorde, vorrei aggiungere, per tuo autorevole parere se vorrai e se ne avrai il tempo, la seguente personale ipotesi: il contenzioso potrebbe anche verificarsi quando comunico la risoluzione al termine originario ( quindi senza tener conto di eventuali sospensioni obbligatorie) poiché l’apprendista in questo caso potrebbe invocare l’anticipato recesso e quindi la errata motivazione tentando di ricondurlo a GMO con le eventuali conseguenze del caso.
poi in momento di puro masochismo ( ultimamente non raro) possiamo sempre leggere la nota INL 527 del 29/7/2020
Oscar Piero CdL