10 Febbraio 2021

Legge di Bilancio 2021 e impatti pensionistici

di Gremigni Pietro

Con un anno come il 2020, caratterizzato dall’emergenza epidemiologica, e col fatto che il principale strumento pensionistico varato dopo la Legge Fornero, cioè Quota 100, scadrà a fine 2021, la Legge di Bilancio non ha varato nessuna riforma previdenziale di tipo strutturale, in attesa che il Legislatore vi dia seguito entro l’anno.

La L. 178/2020 si è limitata a prorogare alcune forme di scivolo pensionistico e a ritoccare gli effetti pensionistici del part time verticale.

 

Premessa

A fine 2021 scadrà lo strumento di Quota 100, che non dovrebbe essere più riproposto, e al suo posto dovrebbero essere introdotti nuovi istituti di anticipo di carattere generale, in grado quanto meno di riassorbire gli effetti legati al venire meno di Quota 100. Nel frattempo, il Parlamento, con la Legge di Bilancio 2021, ha sostanzialmente prorogato di un anno l’APE sociale, i termini per maturare i requisiti dell’Opzione donna e il contratto di espansione, allargandone la platea, ha confermato l’allungamento di 3 anni della durata massimale dell’isopensione e ha reintrodotto, a distanza di diversi anni, una salvaguardia pensionistica rispetto alla Legge Fornero del 2011.

 

APE sociale

Viene prorogato a tutto il 2021 questo strumento di anticipo pensionistico introdotto da maggio 2017 unitamente all’APE volontario, che è già scaduto e non più riproposto.

Ricordiamo che per accedere all’APE sociale è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:

  • almeno 63 anni di età;
  • appartenere a una delle categorie individuate dalla Legge (si veda Tabella 1);
  • possedere una certa anzianità contributiva variabile da 30 a 36 anni in base alla categoria (ridotta, per le donne con figli, di 12 mesi per ogni figlio, nel limite massimo di 2 anni);
  • cessare l’attività lavorativa sia dipendente che autonoma;
  • avere la residenza in Italia;
  • non essere titolari di pensione diretta.

Tabella 1

Categoria Requisiti Anzianità contributiva
Disoccupati Che da almeno 3 mesi non percepiscono i relativi trattamenti 30 anni
Caregiver Che assistono familiari conviventi portatori di handicap grave da almeno 6 mesi 30 anni
Invalidi Con una riduzione della capacità lavorativa di almeno il 74% 30 anni
Addetti a lavori gravosi Devono avere svolgono una o più delle professioni sottoelencate, per almeno 7 anni negli ultimi 10 ovvero almeno 6 anni negli ultimi 7 36 anni
Elenco professioni gravose (D.M. 8 febbraio 2018)

A. Operai dell’industria estrattiva, dell’edilizia e della manutenzione degli edifici: Istat – 8.4.1 – 8.4.2 – 6.1

B. Conduttori di gru, di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni: Istat 7.4.1.1/2/3

C. Conciatori di pelli e di pellicce: Istat 6.5.4.1

D. Conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante: Istat 7.4.1.1

E. Conduttori di mezzi pesanti e camion: Istat 7.4.2.3

F. Professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni: Istat 3.2.1.1

G. Addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza: Istat 5.4.4.3

H. Professori di scuola pre-primaria: Istat 2.6.4.2.0

I. Facchini, addetti allo spostamento merci ed assimilati: Istat 8.1.3.1

L. Personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia: Istat 8.1.4.1.0 – 8.1.4.3.0

M. Operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti: Istat 8.1.4.5.0

N. Operai dell’agricoltura, della zootecnia e della pesca: Istat 6.4.1 – 6.4.2 – 6.4.3 – 8.3.1 – 8.3.2

O. Pescatori della pesca costiera, in acque interne, in alto mare, dipendenti o soci di cooperative: Istat 6.4.5.2 – 6.4.5.3

P. Addetti del settore siderurgico di prima e seconda fusione e lavoratori del vetro addetti a lavori ad alte temperature non Già ricompresi nella normativa del D.Lgs. 67/2011: Istat 7.1.2.1 – 7.1.2.2 – 7.1.2.3 – 7.1.3

Q. Marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini e in acque interne: Istat 7.4.5

L’Inps ha emanato le prime istruzioni col messaggio n. 62/2021, confermando di fatto le regole vigenti.

Pertanto, per coloro che maturano i requisiti previsti dalla norma nel corso del 2021, le domande di riconoscimento del beneficio devono essere presentate entro il 31 marzo 2021 ovvero, in deroga, entro il 15 luglio 2021. Resta fermo che le domande presentate oltre il 15 luglio 2021 e, comunque, non oltre il 30 novembre 2021, sono prese in considerazione esclusivamente se all’esito del monitoraggio dovessero risultare delle somme residue.

L’APE sociale è riconosciuto senza soluzione di continuità rispetto al passato e, pertanto, possono presentare domanda di verifica delle condizioni di accesso all’APE sociale, stante il permanere delle stesse, anche tutti coloro che hanno perfezionato i requisiti negli anni precedenti e che non hanno presentato la relativa domanda, nonché i soggetti decaduti dal beneficio che intendono ripresentarla. Dopo il riconoscimento dei requisiti, valutati anche in modo prospettico, purché perfezionati entro il 31 dicembre 2021, gli interessati dovranno presentare una seconda domanda di accesso. Coloro che al momento della domanda di verifica delle condizioni di accesso al beneficio siano già in possesso di tutti i requisiti e delle condizioni previste devono presentare contestualmente anche la domanda di APE sociale.

 

Opzione donna

Un altro strumento di anticipo pensionistico, cioè l’Opzione donna, viene esteso di un ulteriore anno, nel senso che i requisiti richiesti dalla norma (invariati rispetto all’anno precedente), pari a 35 anni di anzianità contributiva e 58 anni di età (per le dipendenti) e 59 anni (per le autonome), devono essere stati perfezionati entro il 31 dicembre 2020. Requisiti che riguardano sia il settore privato che quello pubblico.

Bisogna, tuttavia, tenere conto che la pensione scaturita dall’esercizio dell’opzione:

  • sarà calcolata secondo le regole di calcolo del sistema contributivo previste dal D.Lgs. 180/1997;
  • decorrerà con il sistema delle finestre mobili di cui alla L. 122/2010 e, quindi, 12 mesi dopo per le dipendenti e 18 mesi dopo per le autonome.

Ai fini del perfezionamento del requisito contributivo minimo di 35 anni è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata in favore dell’assicurata, fermo restando il contestuale perfezionamento del requisito di 35 anni di contribuzione utile per il diritto alla pensione di anzianità, se richiesto dalla Gestione a carico della quale è liquidato il trattamento pensionistico (escludendo, cioè, i periodi figurativi di disoccupazione e malattia) (Inps, circolare n. 11/2019).

La domanda di pensione con l’Opzione donna potrà essere fatta anche nel corso di quest’anno, purché i predetti requisiti siano maturati entro il 31 dicembre 2020. Le interessate potrebbero usufruire, inoltre, delle nuove regole varate dall’Inps con la circolare n. 6/2020 circa il riscatto degli anni di laurea precedenti il 1996 mediante il sistema di calcolo dell’onere più conveniente, c.d. a percentuale, o anche di quello forfettario introdotto dalla L. 26/2019.

Le lavoratrici in possesso del requisito anagrafico, ma con meno di 35 anni di contribuzione entro il 31 dicembre 2020, potrebbero, riscattando anni di laurea ante 1996, perfezionare i 35 anni entro la predetta data e rientrare nel beneficio. A questo proposito la domanda di riscatto va presentata contestualmente alla domanda di pensione con Opzione donna.

Le lavoratrici che hanno perfezionano i prescritti requisiti entro il 31 dicembre 2020 possono conseguire il trattamento pensionistico anche successivamente, alla prima decorrenza utile.

ESEMPIO

Per chi ha perfezionato entrambi i requisiti, ad esempio, entro il 31 ottobre 2020, la pensione decorrerà dal 1° novembre 2021, se si tratta di lavoratrici dipendenti, e dal 1° maggio 2022, se sono autonome.

 

Salvaguardia pensionistica

L’articolo 1, commi 346-348, Legge di Bilancio 2021, reintroduce la nuova salvaguardia pensionistica a favore di un contingente di 2.400 assicurati, che potranno andare in pensione facendo valere i vecchi requisiti precedenti l’entrata in vigore della Legge Fornero del 2011, cioè antecedenti il 6 dicembre 2011, purché:

  • rientrino in una delle previste categorie e siano in possesso dei relativi requisiti;
  • la domanda di pensione comporti un onere che rientri nell’ambito delle risorse stanziate e del numero massimo di destinatari.

I salvaguardati possono accedere alla pensione in base ai requisiti previsti dalla disciplina previgente alla L. 214/2011, applicando una decorrenza basata sulle finestre mobili posticipate (dopo 12 mesi per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per quelli autonomi). Ai requisiti pensionistici ante 2012 si devono comunque applicare gli incrementi per la speranza di vita maturati fino ad oggi. Pertanto, ad esempio:

Tipologia pensionistica

Donne

Uomini

Pensione di vecchiaia 61 anni di età 66 anni di età
Pensione di anzianità (sistema delle quote cioè mix tra età e anzianità contributiva) · Almeno 62 anni di età più 35 anni di contribuzione per un totale di quota 98, se dipendenti;

· almeno 63 anni di età più 35 anni di contribuzione per un totale di quota 99, se autonomi

Pensione di anzianità (solo anzianità contributiva) 41 anni

In ogni caso, in base ai predetti requisiti, la decorrenza della pensione non potrà essere successiva a 120 mesi da tale data e, pertanto, non potrà andare oltre il 6 gennaio 2022.

 

Categorie interessate

Possono accedere alla pensione in base alle predette regole i soggetti indicati nella tabella seguente:

Autorizzati alla prosecuzione volontaria
Sono coloro che sono stati autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione anteriormente al 4 dicembre 2011 e che possono far valere almeno un contributo volontario, accreditato o accreditabile, alla data del 6 dicembre 2011, anche se hanno svolto, dopo il 4 dicembre 2011, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato (sono ammessi coloro che hanno instaurato un rapporto diverso da quello a tempo indeterminato).

Possono rientrarvi anche i lavoratori autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione sempre prima del 4 dicembre 2011 – anche se al 6 dicembre 2011 non avevano un contributo volontario accreditato (o accreditabile alla predetta data). Dovevano, però, essere in possesso di almeno un contributo accreditato derivante da effettiva attività lavorativa nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 30 novembre 2013 e alla data del 30 novembre 2013 non svolgere attività lavorativa riconducibile a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.

Lavoratori con accordi di esodo anticipato
Sono i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto entro il 30 giugno 2012 in ragione di accordi individuali, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, dopo il 30 giugno 2012, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato. Vi rientrano anche i lavoratori il cui rapporto di lavoro si sia risolto nel periodo 1° luglio 2012-31 dicembre 2012, in ragione di accordi individuali, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivo all’esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale entro il 31 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, dopo la cessazione, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Lavoratori che hanno cessato il rapporto per risoluzione unilaterale
Si tratta dei lavoratori il cui rapporto di lavoro sia cessato per risoluzione unilaterale, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, anche qualora abbiano svolto, successivamente alla data di cessazione, attività lavorative, purché non riconducibili a rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato.
Lavoratori in congedo
Ne beneficiano i lavoratori che, nel corso del 2011, sono stati in congedo per assistere figli in situazione di handicap grave.
Lavoratori con contratto a tempo determinato
Ne beneficiano i lavoratori con contratto di lavoro a tempo determinato e i lavoratori in somministrazione con contratto a tempo determinato, cessati dal lavoro tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2011, non rioccupati a tempo indeterminato; da tale fattispecie sono esclusi, tuttavia, i lavoratori del settore agricolo e quelli con qualifica di stagionali.

 

Domanda

Come ricordato dall’Inps con il messaggio n. 195/2021, le domande per accedere alla salvaguardia in questione devono essere presentate all’Istituto entro il 2 marzo 2021.

L’Inps dovrà procedere al monitoraggio delle domande. Qualora dallo stesso risulti il raggiungimento, anche in via prospettica, dei limiti numerici e di spesa, non verranno prese in considerazione ulteriori domande di pensionamento finalizzate a usufruire dei benefici previsti. L’Istituto ha anche ricordato che per ogni categoria di lavoratori salvaguardati si applicano le procedure previste nei provvedimenti più recentemente stabilite con Decreto del Ministro del lavoro 14 febbraio 2014. Nel caso dei soggetti afferenti ad alcune categorie individuate nei citati Decreti la domanda telematica all’Inps non sostituisce quella che deve essere presentata dai lavoratori alla sede dell’INL territorialmente competente.

 

Riconoscimento pensionistico dei periodi part-time

Il Legislatore ha cambiato la linea finora seguita dall’Inps per determinare la valenza contributiva dei periodi di lavoro effettuati con contratto di part-time verticale o ciclico, linea contrastata negli ultimi anni dagli orientamenti giurisprudenziali prevalenti.

L’articolo 1, comma 350, L. 178/2020, stabilisce che il periodo di lavoro svolto con un contratto a tempo parziale, la cui durata sia concentrata in determinati periodi, è riconosciuto per intero (e non più in proporzione) come utile ai fini del raggiungimento dei requisiti di anzianità lavorativa per l’accesso al diritto alla pensione, a condizione che la contribuzione annua versata sia pari o superiore al minimale annuo utile per determinare l’accredito di 52 settimane. In caso contrario occorre riproporzionare tale contribuzione al minimale settimanale.

La norma interviene, pertanto, sulla determinazione dell’anzianità contributiva, lasciando immutati i criteri adottati per calcolare la misura della pensione.

Prima della Legge di Bilancio 2021, la regola individuata dall’Inps era la seguente:

  • in caso di part-time verticale su base settimanale (attività lavorativa per alcuni giorni della settimana a tempo pieno), matura una settimana se la retribuzione settimanale non è inferiore al minimale settimanale utile per l’accredito contributivo. Per il 2020 la somma minima è stata di 206,23 euro settimanali;
  • in caso di part-time verticale su base mensile o annua, le settimane vengono riproporzionate.

Con le nuove regole, dal 1° gennaio 2021, come detto poc’anzi, il numero delle settimane da assumere ai fini pensionistici si determina rapportando il totale della contribuzione annuale al minimale contributivo settimanale determinato ai sensi dell’articolo 7, comma 1, D.L. 463/1983.

In quest’ultimo caso, pertanto, in presenza di una retribuzione non inferiore a 10.724 euro annui, il lavoratore avrà diritto a 52 settimane di accredito nella posizione previdenziale.

Fino al 31 dicembre 2020 un lavoratore con part-time verticale su base, ad esempio, mensile (che avesse lavorato nei mesi da gennaio a marzo compresi e da ottobre a dicembre compresi), avrebbe avuto diritto a 26 contributi settimanali di accredito, pur avendo percepito una retribuzione superiore a 10.724 euro annui.

Con riferimento ai contratti di lavoro a tempo parziale esauriti prima del 1° gennaio 2021, il riconoscimento dei periodi non interamente lavorati è subordinato alla presentazione di apposita domanda dell’interessato, corredata da idonea documentazione. I trattamenti pensionistici liquidati in applicazione della presente disposizione non possono avere decorrenza anteriore al 1° gennaio 2021.

ESEMPIO

Per i contratti in corso al 1° gennaio 2021 o per quelli stipulati da tale data o per quelli precedenti riferiti a contratti già conclusi, in caso di una retribuzione annua di 8.154 euro, occorre rapportare tale somma per il minimale retributivo settimanale, pari a 206,23 euro. Il risultato sarà 40 settimane da accreditare ai fini del conteggio dell’anzianità contributiva utile per il diritto alla pensione e anche per la misura.

Riepilogo
Tipologia Ai fini del diritto alla pensione Ai fini della misura della pensione
Part-time orizzontale Maturano regolarmente 52 settimane qualunque sia l’orario ridotto, sempreché venga superato per ogni settimana il limite minimo di accredito dei contributi Le settimane sono accreditate in proporzione alla riduzione di orario.
Part-time verticale o ciclico su base mensile o annua Maturano 52 settimane ogni anno se la retribuzione annua è pari o superiore al minimale retributivo annuo, pari, nel 2021, a 10.724 euro.

In caso contrario devono essere riproporzionate.

Le settimane sono accreditate in proporzione alla riduzione di orario

 

Contratto di espansione

La nuova norma proroga al 2021 le disposizioni relative al contratto di espansione, di cui all’articolo 41, D.Lgs. 148/2015, estendendolo alle aziende di qualsiasi settore che occupino almeno 500 dipendenti (non più 1.000), abbassando quindi la soglia occupazionale per accedervi.

Tale limite viene ulteriormente ridotto fino a un minimo di 250 dipendenti quando la gestione degli esuberi sia realizzata tramite lo strumento dell’accompagnamento alla pensione nei confronti dei lavoratori che si trovino a non più di 60 mesi dalla prima decorrenza utile della pensione di vecchiaia (avendo maturato il requisito minimo contributivo pari a 20 anni) o della pensione anticipata.

2020 2021
Almeno 1000 dipendenti Almeno 500 dipendenti Almeno 250 dipendenti
· Attivazione Cigs derogatoria più la riqualificazione del personale;

· oppure esodo anticipato per coloro a cui manchino non più di 60 mesi per la pensione

· Attivazione Cigs derogatoria più la riqualificazione del personale;

· oppure esodo anticipato per coloro a cui manchino non più di 60 mesi per la pensione.

Esodo anticipato per coloro a cui manchino non più di 60 mesi per la pensione.

Tale strumento di accompagnamento presuppone degli accordi di non opposizione e un esplicito consenso preventivo in forma scritta dei lavoratori interessati.

Il datore di lavoro riconosce per tutto il periodo, e fino al raggiungimento della prima decorrenza utile del trattamento pensionistico, a fronte della risoluzione del rapporto di lavoro, un’indennità mensile, commisurata al trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro, come determinato dall’Inps.

Nella precedente formulazione dell’articolo 41, comma 5, D.Lgs. 148/2015, al lavoratore in esodo spettava inoltre la NASpI e, perciò, il versamento a carico del datore di lavoro della predetta indennità mensile è ridotto di un importo equivalente alla somma della prestazione della stessa NASpI, come ricordato dalla circolare Inps n. 40/2020 al punto 2.1. Nella nuova formulazione, vigente per il 2021, dell’esodo, nel comma 5-bis sembrerebbe non da escludere una lettura secondo cui non spetterà più al lavoratore la NASpI, ma solo il riconoscimento di uno “sconto” al datore di lavoro pari al valore teorico della NASpI, comprensivo del decremento attivo dal quarto mese di percezione dell’indennità.

In caso di esodo, per ottenere la pensione anticipata nei 60 mesi successivi, il versamento a carico del datore di lavoro dei contributi previdenziali utili al conseguimento del diritto alla pensione anticipata è ridotto di un importo equivalente alla somma della contribuzione figurativa spettante per la NASpI, fermi restando, in ogni caso, i criteri di computo della contribuzione figurativa medesima. Illustriamo in uno schema l’entità degli oneri a carico del datore di lavoro:

Esodo in funzione del raggiungimento dei requisiti della

Pensione di vecchiaia

Indennità mensile pagabile per 13 mesi ogni anno fino alla pensione pari all’importo della stessa maturato alla data di cessazione indennità mensile NASpI (massimo 24 mesi)

Pensione anticipata

Indennità mensile pagabile per 13 mesi ogni anno fino alla pensione pari all’importo della stessa maturato alla data di cessazione indennità mensile NASpI (massimo 24 mesi) + contributi correlati per maturare l’anzianità contributiva minima richiesta, ridotti dei contributi figurativi accreditati per la NASpI (massimo 24 mesi)

Concentriamoci sugli aspetti più prettamente previdenziali, mettendo in evidenza le differenze rispetto al testo precedentemente in vigore e tenendo conto che la Legge di Bilancio ha mantenuto in essere il regime precedente contenuto nell’articolo 41, comma 5, anche se non più rifinanziato: in pratica, il contratto di espansione con finalità di esodo degli esuberi potrà essere attivato estendendolo alle imprese con più di 250 dipendenti, ma mantenendo un doppio regime sostanzialmente analogo, uno retto dal comma 5 (rimasto invariato anche se senza ulteriori finanziamenti) e uno (nuovo) disciplinato dall’articolo 41, comma 5-bis, D.Lgs. 148/2025.

Ferma restando l’identità nelle 2 ipotesi delle condizioni procedurali (accordi sindacale presso il Ministero del lavoro – accordi individuali di non opposizione, esplicito consenso scritto dei lavoratori), le differenze sono le seguenti:

  1. per le imprese con almeno 500 dipendenti (comma 5) il pagamento mensile fino alla pensione sarebbe da integrare dalla NASpI (che, quindi, non riduce l’indennità a carico del datore ) e, nel caso di pensione anticipata, il versamento dei contributi da parte dell’impresa subentra dopo la fine dell’erogazione della NASpI;
  2. solo per le imprese da 251 dipendenti a 500 (comma 5-bis) sorge l’obbligo di garantire l’operazione con una fideiussione bancaria.

Infine, per le imprese (anche gruppi di imprese) con più di 1.000 dipendenti scatta un’agevolazione basata su una somma pari alla riduzione dei versamenti a carico del datore di lavoro dovuti alla concomitanza della NASpI, che opera per ulteriori 12 mesi a condizione che:

  • attuino piani di riorganizzazione o di ristrutturazione di particolare rilevanza strategica, in linea con i programmi europei;
  • si impegnino a effettuare almeno un’assunzione per ogni 3 lavoratori che abbiano prestato il consenso all’esodo.

Il datore di lavoro è obbligato a versare mensilmente all’Inps la provvista per la prestazione e per la contribuzione figurativa. In ogni caso, in assenza del versamento mensile, l’Inps è tenuto a non erogare le prestazioni.

Nel caso del comma 5 va versato il ticket licenziamento, in quanto non espressamente escluso dalla norma, così come del resto ribadito anche dall’Inps con la circolare n. 98/2020. Nel caso del comma 5-bis, rimandando la norma a risoluzioni consensuali per la cessazione del rapporto di lavoro, è atteso un chiarimento definitivo da parte dell’Inps sul ticket NASpI, non dovuto nei casi di non spettanza dell’indennità e che non appare previsto nella relazione tecnica di accompagnamento all’ultima versione del disegno di Legge di Bilancio 2021.

 

Deposito accordi

La Legge di Bilancio ha confermato per le imprese di cui al comma 5 (con più di 500 dipendenti) l’obbligo di depositare al Ministero del lavoro gli accordi, al fine di congelare, per i lavoratori da esodare, i requisiti pensionistici al momento della loro adesione alla procedura. In attesa di precisazioni, riteniamo che tale disposizione valga anche nei confronti delle imprese di cui al nuovo comma 5-bis, cioè per quelle da 251 a 500 dipendenti.

 

Isopensione

Viene prorogato a tutto il 2023 il regime (scaduto a fine 2020) dell’anticipo pensionistico spettante alle imprese con più di 15 dipendenti che decidono di esodare i lavoratori prossimi alla pensione, cioè coloro a cui manchino non più di 7 anni (anziché gli ordinari 4 anni) per maturare la pensione di vecchiaia o anticipata (articolo 4, commi da 1 a 7-ter, L. 92/2012).

Si tratta della c.d. isopensione introdotta dalla L. 92/2012, che si rivolge, rispetto al precedente contratto di espansione, a una più ampia cerchia di destinatari. Infatti, riguarda i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 lavoratori e che, in caso di eccedenza di personale, previo accordo sindacale con sindacati più rappresentativi in azienda, stabiliscono di esodare i lavoratori prossimi al pensionamento corrispondendo loro un incentivo all’esodo di importo pari alla pensione che spetterebbe e di corrispondere all’Inps la contribuzione (correlata) fino al raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento. Pensionamento che deve essere raggiunto entro i successivi 7 anni, così come disposti appunto dall’ultima Legge di Bilancio.

ESEMPI
  • Un lavoratore a cui manchino più di 5 anni per maturare 42 anni e 10 mesi di pensione anticipata (ad esempio, maggio 2026), potrà cessare il rapporto oggi con “solo” 37 anni e 5 mesi di anzianità contributiva a prescindere dall’età.
  • Una lavoratrice con 18 anni di anzianità contributiva, ma con un’età di 60 anni quest’anno, potrà accedere alla pensione di vecchiaia, che si perfezionerà (con le attuali stime di crescita della speranza di vita) nel 2029 a 68 anni, usufruendo dell’isopensione entro la fine del 2023 con un’età di 62 anni.

L’isopensione è alternativa alla NASpI, che, pertanto, non spetterà al lavoratore e, per converso, il datore di lavoro non dovrà pagare il ticket di licenziamento.

 

Esposizione all’amianto

Settore produzione ferroviaria

Ulteriore intervento del Legislatore sulla questione dell’anticipo pensionistico legato ai periodi di esposizione all’amianto, limitatamente, però, al settore della produzione di materiale rotabile ferroviario. Si tratta dei lavoratori dipendenti impiegati in questo settore, che hanno prestato la loro attività nel sito produttivo senza essere dotati degli equipaggiamenti di protezione adeguati all’esposizione alle polveri di amianto durante le operazioni di bonifica.

La tutela previdenziale di questi lavoratori (rivalutazione dell’1,25% dei periodi di esposizione all’amianto ai fini dell’anzianità contributiva per i periodi di bonifica e per i 10 anni successivi) è stata già regolata dalla L. 205/2015, che ha indicato i criteri e le modalità per presentare la domanda all’Inps.

Con l’attuale Legge di Bilancio il Legislatore ha disciplinato, rispetto alle predette situazioni, la fase di integrazione delle domande già presentate, in relazione a quelle sprovviste dei documenti necessari. Ecco i passaggi procedurali previsti:

  • entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della Legge di bilancio (cioè entro il 2 marzo 2021) l’Inps richiede al datore di lavoro la documentazione necessaria a integrazione delle domande già presentate dai lavoratori interessati;
  • il datore di lavoro deve adempiere entro il termine perentorio di 90 giorni dalla ricezione della richiesta;
  • entro i successivi 15 giorni l’Inps trasmette le istanze corredate della relativa documentazione all’Inail;
  • entro i successivi 60 giorni invia all’Inps le certificazioni tecniche attestanti la sussistenza o meno dei requisiti previsti dalla Legge;
  • non oltre 60 giorni dalla ricezione delle certificazioni inviate dall’Inail, l’inps procede al monitoraggio delle domande presentate allo scopo di redigere la relativa graduatoria sulla base delle risorse stanziate.

In ogni caso i soggetti che, entro il 30 giugno 2020, hanno ottenuto la certificazione da parte dell’Inail circa la sussistenza dei requisiti previsti dalla Legge e che hanno maturato, tenendo conto del riconoscimento del beneficio della rivalutazione dei periodi, la decorrenza teorica del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2020, possono accedervi entro il 31 dicembre 2021 senza attendere l’esito della procedura di monitoraggio.

 

Si segnala che l’articolo è tratto da “Guida pratica previdenziale“.

 

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