19 Marzo 2020

Posted workers: possibili conseguenze della somministrazione transnazionale fraudolenta

di Evangelista Basile

Con la sentenza n. 9758 dell’11 marzo 2020, la Corte di Cassazione, Sezione Penale, ha stabilito che l’articolo 38-bis, D.Lgs. 81/2015, ha come obiettivo esclusivamente quello di tutelare il lavoratore, lasciando fuori dal suo àmbito di applicazione quei comportamenti finalizzati all’elusione della contribuzione, che restano soggetti alla disciplina dell’articolo 640, comma 2, n.1, c.p..

In particolare, nel caso di specie, il Tribunale del riesame di Forlì aveva disposto il sequestro preventivo in via diretta e per equivalente di somme di alcune società coinvolte in un fittizio distacco transazionale e, dunque, per aver utilizzato lavoratori somministrati, solo apparentemente in maniera regolare, da ditte bulgare. Secondo il Tribunale, infatti, a causa di tali condotte, Inps e Inail non avrebbero potuto riscuotere i crediti previdenziali e assistenziali che avrebbero, invece, percepito ove i lavoratori fossero stati dipendenti delle ditte italiane.

Secondo la Corte, posto che per lavoratore distaccato transnazionale si intende, ai sensi dell’articolo 2, D.Lgs. 136/2016, quello “abitualmente occupato in un altro Stato membro che, per un periodo limitato, predeterminato o predeterminabile con riferimento ad un evento futuro e certo, svolge il proprio lavoro in Italia” e che nel caso de quo, era emersa la natura fittizia della società somministratrice bulgara, Inps e Inail sono legittimati a ottenere i propri crediti contributivi e assistenziali, poiché hanno subito un danno patrimoniale a causa delle condotte poste in essere dagli indagati che rientrano nel reato di truffa (non essendo contestata la fittizia interposizione transnazionale e, dunque, il comportamento fraudolento).

L’articolo 38-bis, D.Lgs. 81/2015, infatti, ha come obiettivo esclusivamente la tutela del lavoratore e, dunque, disciplina fattispecie differenti da quella prevista dall’articolo 640, comma 2, n. 1, c.p..

Tale assunto è desumibile anche a partire da un’analisi letterale della norma in questione, secondo cui “Ferme restando le sanzioni di cui all’articolo 18 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, quando la somministrazione di lavoro è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore, il somministratore e l’utilizzatore sono puniti con la pena dell’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione”. Secondo la Corte, l’utilizzo della congiunzione disgiuntiva “o” palesa che sia le norme inderogabili di Legge che di contratto collettivo siano solo quelle “applicate al lavoratore”, altrimenti sarebbe stata usata la congiunzione “e”; pertanto, non è sufficiente accertare che la condotta abbia prodotto effetti sotto il profilo dell’applicazione elusiva del regime previdenziale straniero, ma è necessario, altresì, accertare la violazione degli obblighi delle condizioni di lavoro e occupazione di cui all’articolo 4, D.Lgs. 136/2016, senza alcun accenno a finalità elusive della contribuzione. Tale interpretazione è avallata, fra l’altro, anche dalla circolare INL n. 3/2019.

Per questi motivi, le condotte elusive dell’obbligo contributivo, conclude la Corte, non possono che rientrare, nell’ambito di applicazione dell’articolo 640, comma 2, n. 1 c.p., “in quanto la finalità della fittizia interposizione transnazionale è proprio quella di procurarsi un ingiusto profitto (con corrispondente danno per gli enti previdenziali) consistente nel risparmio contributivo, del tutto differente da quella (eventuale) del mancato rispetto della normativa posta a tutela dei lavoratori”.

Nessuna sanzione amministrativa, dunque, ma le – ben più gravi – sanzioni penali per il reato di truffa per chi utilizza fraudolentemente la somministrazione per eludere gli obblighi contributivi.

 

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