7 Maggio 2019

Sussiste solidarietà passiva tra sostituto d’imposta e sostituito?

di Roberto Lucarini

La presente questione, a ben vedere, fa parecchio pensare circa quanto può essere incasinata la realtà operativa nel nostro Paese. Il tema si risolve, in effetti, con una semplice domanda: se il sostituto d’imposta opera la ritenuta, ma non versa il dovuto all’erario, il sostituito può essere chiamato, in virtù di un’asserita solidarietà passiva, a operare detto pagamento?

Se vi mettete nei panni del sostituito, al quale è stato pagato il compenso netto ritenuta, cui viene richiesto di sborsare nuovamente l’imposta non versata dal sostituto, qualche piccolo giramento di corbelli lo avreste senza dubbio. Anche l’amato giudice chiamato a dirimere una simile questione, fosse lui il sostituito, non credo sarebbe esente da turbamenti.

Eppure, in giurisprudenza di legittimità si contrappongono 2 tesi: una che avversa la solidarietà passiva del sostituito; l’altra, che si è rafforzata col passare del tempo, che al contrario la ravvede. Per tale motivo, dopo l’ennesima lite tra contribuente e Agenzia delle entrate, finita in Cassazione, si è ritenuto di far intervenire le Sezioni Unite per porre fine a tale vicenda, che sul piano pratico appare del tutto paradossale. È evidente, però, che, stanti le suddette querelle, in termini giuridici le cose stanno diversamente.

Chi parteggia per la sussistenza di una tale solidarietà afferma, in sostanza, che l’obbligazione giuridica, nella sostituzione d’imposta, è unica tra sostituto e sostituito; ergo, visto il disposto ex articolo 1294 cod. civ., se il sostituto non versa il sostituito, può essere chiamato a farlo dall’Agenzia delle entrate.

Le Sezioni Unite, con sentenza n. 10378/2019, invece, sposano la tesi opposta, indicando come non possa sussistere una solidarietà passiva, in considerazione del fatto che il sostituto d’imposta è l’unico titolare dell’obbligo giuridico sottostante l’istituto della sostituzione. Quest’ultimo, infatti, è da tenere ben scisso, e distinto, dall’istituto giuridico della solidarietà.

Nel giudizio, che si muove tra l’analisi dell’articolo 64, D.P.R. 600/1973. e dell’articolo 35, D.P.R. 602/1973, i giudici specificano, infatti, che “il dovere di versamento della ritenuta d’acconto costituisce un’obbligazione autonoma, rispetto all’imposta; un’obbligazione che la legge ha posto solamente a carico del sostituto”.

In conclusione le Sezioni Unite esprimono, ponendo la parola fine alla vicenda, il seguente principio di diritto: “Nel caso in cui il sostituto ometta di versare le somme, per le quali ha però operato le ritenute d’acconto, il sostituito non è tenuto in solido in sede di riscossione, atteso che la responsabilità solidale prevista dall’articolo 35 Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 cit. è espressamente condizionata alla circostanza che non siano state effettuate le ritenute“.

Forse è il caso di dire: tutto è bene ciò che finisce bene; il povero sostituito, quindi, può tirare un sospiro di sollievo.

A ben vedere, ove avesse operato la solidarietà, il soggetto inciso dalla trattenuta, che non poteva avere contezza circa l’adempimento del versamento da parte del sostituto, poteva tuttavia sentirsi chiamare dall’Agenzia delle entrate a “riversare” la ritenuta a lui già operata. Avrebbe avuto l’azione di regresso, d’accordo: è se il sostituto non fosse stato attaccabile, in quanto privo di beni su cui rifarsi? In quel caso il nostro sostituito avrebbe versato 2 volte….

Ciò che adesso emerge sul piano giuridico, quindi, si palesava ancor più chiaramente in termini operativi.

Va bene tutto, ma vogliamo sempre tenere conto anche della logicità delle situazioni?

 

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