La settimana finanziaria
di Mediobanca S.p.A.IL PUNTO DELLA SETTIMANA: La BCE rivede al ribasso ii rischi sulla crescita economica dell’Area Euro
La BCE:
- riconosce il rallentamento della congiuntura dell’Area Euro
- mantiene invariata la politica monetaria
- rivede al ribasso la valutazione dei rischi per la crescita
- supporta la rimodulazione delle aspettative di mercato sui prossimi rialzi dei tassi di interessi
Come previsto, nel primo meeting di politica monetaria del 2019, la BCE ha mantenuto invariato lo statement rispetto alla riunione dello scorso dicembre, ribadendo il suo impegno a mantenere invariati i tassi di interesse “almeno fino all’estate del 2019, e in ogni caso per tutto il tempo necessario” e a reinvestire i titoli in scadenza per “un lungo periodo di tempo oltre la data in cui inizierà ad aumentare i tassi di interesse“, ma ha rivisto al ribasso la propria valutazione dei rischi sulla crescita economica. Il Consiglio Direttivo è stato unanime nel riconoscere che i rischi sono ora rivisti al ribasso e nell’individuarne le cause, per lo più di natura esterna, nel: a) protezionismo commerciale, b) Brexit, c) rallentamento del ciclo globale guidato dalla Cina, d) nonché gli eventi legati all’industria automobilistica tedesca. Durante la conferenza stampa, Draghi ha sottolineato che la modifica della valutazione dei rischi potrebbe avere implicazioni per la condotta della politica monetaria, ma che il Consiglio Direttivo non ha per ora discusso una modifica.Durante la sessione di Q&A, il Presidente Draghi ha ulteriormente spiegato che c’è stata unanimità anche nel valutare bassa la probabilità di una recessione nell’Area Euro, dal momento che le condizioni finanziarie restano accomodanti, lo sviluppo del mercato del lavoro è positivo, i salari sono in accelerazione e la riduzione del prezzi del petrolio dovrebbero sostenere il reddito disponibile delle famiglie. Inoltre, secondo la BCE, il miglioramento dei bilanci bancari europei (avvenuto negli ultimi anni) ha messo l’economia al riparo e rende il Consiglio Direttivo fiducioso sul fatto che la decelerazione non si trasformerà in una recessione. Relativamente alle prossime mosse di politica monetaria, il Presidente Draghi ha segnalato che non vi è alcuna fretta di annunciare nuove TLTRO per sostituire quelle che scadono il prossimo anno, dichiarando che le TLTRO e le LTRO sono state in passato uno strumento efficace di politica monetaria, capace di ridurre la frammentazione del sistema bancario e di trasmettere in modo efficace l’allentamento di politica monetaria nei diversi paese e ai diversi segmenti dell’economia. Quindi, nuove TLTRO saranno usate se necessario e quando vi sarà un’esigenza di politica monetaria e non in modo automatico. Tuttavia, è ragionevole attendersi, anche alla luce dei confronti interni avvenuti già durante questo meeting, che nella seconda metà del 2019 la BCE annuncerà nuove TLTRO, probabilmente di durata più breve rispetto a quella attualmente in vigore. Ricordiamo che le quattro tranche di finanziamenti al sistema bancario scadranno tra giugno 2020 e marzo 2021.Relativamente ai prossimi rialzi dei tassi il Presidente Draghi, senza confermare in modo esplicito le attese del mercato, ha fatto capire che la recente rimodulazione delle stesse per un primo rialzo dei tassi dopo settembre 2019, risulta coerente con la funzione di reazione della BCE e così facendo, i mercati stanno già assicurando condizioni finanziarie più accomodanti, attraverso l’appiattimento della curva dei rendimenti. Infatti, secondo il Presidente Draghi le condizioni di credito in generale restano accomodanti all’interno dell’Area Euro e le condizioni più restrittive identificate dall’ultima lending survey della BCE riguardano principalmente l’Italia. Nel nostro paese vi è evidenza che il peggioramento del contesto economico ha influenzato la domanda di credito e che le condizioni finanziarie per le imprese sono peggiorate. Infine, il presidente Draghi ha voluto rassicurare i mercati sulle “munizioni” a disposizione della BCE, nell’eventualità che il rallentamento economico divenisse permanente: Draghi ha dichiarato che” tutta la cassetta degli attrezzi è disponibile”, suggerendo che gli acquisti di attività, i tassi di interesse negativi, un rafforzamento ulteriore della forward guidance restano tutte opzioni ancora percorribili qualora divenisse necessario.
SETTIMANA TRASCORSA
ECONOMIA MONDIALE: Le ultime stime del FMI certificano un rallentamento della crescita economica
Il FMI nelle sue stime del World Economic Outlook di gennaio 2019 prevede un rallentamento della crescita mondiale nel 2019: il Pil mondiale nel 2019 – al netto dell’inflazione – crescerà del 3,5% e non del 3,7% come previsto in ottobre 2018. Una decelerazione dello 0,2% deriva da una minor crescita in Europa (soprattutto per Germania e Italia) e in Asia, dove la crescita della Cina è stimata pari al 6,2% invece del precedente 6,6%. Il FMI ha, inoltre, rivisto al ribasso di un decimo di punto percentuale anche le proprie previsioni di crescita per il 2020 a 3,6%. A livello nazionale, il FMI ha però confermato le sue stime di espansione per gli USA a 2,5% nel 2019 e di rallentamento a 1,8% nel 2020 e per la Cina a 6,2% nel 2019. La revisione più importante è stata quella subita dalla Germania, su cui pesa il rallentamento dei consumi privati e della produzione industriale. L’economia tedesca dovrebbe crescere di 1,3% nel 2019 dal 1,9% precedente portando la crescita dell’Area Euro nel suo complesso a 1,6% da 1,9% del WEO di ottobre. Il peggioramento per il FMI è attribuibile all’introduzione di nuovi standard per l’emissione di gas inquinanti per le automobili, che obbligano i produttori tedeschi a una difficile conversione produttiva del settore automotive tedesco. Per il nostro Paese, le cui previsioni di crescita sono stare riviste al ribasso di un -0.4% per l’anno in corso e sono imputabili a “preoccupazioni relative a rischi finanziari e relativi al debito pubblico”.
EUROPA: il PMI dell’Area Euro continua a rallentare
All’inizio della settimana le indicazioni provenienti dalla fiducia dei consumatori dell’Area Euro e dall’indice ZEW in Germania avevano lasciato sperare che si potesse iniziare a vedere un cauto miglioramento del ciclo economico dell’Area. Infatti, l’indice di fiducia dei consumatori compilato dalla Commissione Europea del mese di gennaio è aumentato in modo marginale da -8.3 a -7.9, guidato principalmente dal calo dell’inflazione a fine 2018. Pur non conoscendo ancora la scomposizione per paese, i principali indici di fiducia dei consumatori di Thomson Reuters mostrano un miglioramento del sentiment in tutte le principali economie dell’Area Euro. In Germania l’indice ZEW è risultato migliore delle attese, in aumento a -15 dal precedente -17,5. Il consenso degli analisti prevedeva invece un ulteriore calo. L’indice ZEW delle current conditions è calato a 27,6 da un precedente 45.3, ancora al di sopra della media di lungo termine, ma una deviazione standard al di sotto del livello di settembre.
Tuttavia, ulteriori segnali negativi sono arrivati a metà settimana dai dati preliminari degli indici PMI relativi al mese di gennaio, che hanno deluso le attese, trascinati al ribasso dal manifatturiero tedesco e dai servizi francesi. L’indice relativo al manifatturiero è sceso a 50.5 dal 51.4 di dicembre, che era previsto stabile, mentre l’indicatore sui servizi è calato a 50.8 da 51.2, contro attese per un modesto rimbalzo a 51.5. Non sono ancora disponibili i PMI per Italia e Spagna. Negativo è stato anche l’andamento dell’IFO nel mese di gennaio. Il calo dell’indice IFO Business Climate a 99.1 a gennaio, da 101.0 a dicembre, è stato significativamente peggiore rispetto alle previsioni di consenso di 100.6 e rappresenta un ulteriore elemento di conferma per i timori di una stallo dell’economia tedesca. Rispetto alla metà dello scorso anno, il settore manifatturiero ha subito un forte rallentamento, ma l’indagine di gennaio mostra un calo in tutti i principali settori: produzione (da 14.9 a 11.2), servizi (da 27.0 a 24.5), costruzioni (da 29.3 a 20.0) e vendite al dettaglio (da 9.2 a 4.6). Un’ulteriore fonte di preoccupazione è il calo ancora più marcato nella componente delle aspettative, che è scesa da 97.3 a 94.2, ed è diminuita da oltre 100.0 recentemente a settembre.
USA: Le vendite di case esistenti a dicembre scendono al livello più basso in tre anni
Le vendite di case esistenti a dicembre sono scese del 6,4% a 4,99 milioni (consenso 5,25 milioni, valore precedente 5,32 milioni a novembre), segnando una variazione negativa pari a -10,3% a/a e raggiungendo il livello più basso da tre anni. Il prezzo medio di vendita è risultato in aumento del 2,9% a/a e pari a $ 253,600, a fronte di scorte di invenduto in esaurimento. Gli economisti della NAR attribuiscono il rallentamento in parte all’aumento dei tassi di interesse. Inoltre, questo conferma i recenti segnali di allarme nel mercato immobiliare, tra cui l’indagine NAR che ha mostrato già un rallentamento del mercato immobiliare.L’indice PMI manifatturiero è salito da 53.8 a 54.9, mentre l’indice PMI si è ridotto da 54.4 a 54.2. I dettagli dei sondaggi sono in larga misura coerenti con il messaggio degli indici principali: le componenti relative ai nuovi ordini chiave, alla produzione e agli indici occupazionali sono tutti aumentati, anche nell’indice dei servizi la componente relativa ai nuovi business è aumentata.
ASIA: rallentano i dati sulla crescita cinese
In Cina, il PIL di T4 si è attestato a 6.4% a/a (consenso 6,5%, valore precedente 6.5%). La crescita del 2018 è stata pari a 6,6%, la più bassa in 28 anni. La produzione industriale di dicembre è aumentata del 5,7% a/a (consenso 5,3% e valore 5,4% nel mese precedente). Le vendite al dettaglio sono aumentate dell’8,2% (consenso e valore precedente ‘8,1%). Gli investimenti in immobilizzazioni sono cresciuti del 5,9% nel 2018 rispetto al consenso del 6,0% e del 5,9% in gennaio-novembre. Gli investimenti immobiliari sono diminuiti al 9,5% dal 9,7%. Le acquisizioni di terreni e le vendite di abitazioni commerciali per superficie hanno subito una decelerazione marginale. Le esportazioni del Giappone hanno registrato il calo più marcato in due anni a dicembre, trainate in gran parte dalla debolezza della Cina. Le esportazioni sono diminuite del 3,8% a/a (consenso -1,3% a/a), segnando il primo calo da settembre 2018 e il maggiore da ottobre 2016. Le importazioni sono aumentate dell’1,9% a/a, rispetto al consenso per un aumento del 3,7%, in forte rallentamento rispetto al 12,5% del mese precedente.
LA PROSSIMA SETTIMANA: quali dati?
- Europa: il focus sarà sulle stime di crescita per il T4 e di inflazione per il mese di gennaio
- Stati Uniti: la combinazione del FOMC e dei dati sul mercato del lavoro fornirà un importante aggiornamento sull’economia US. Inoltre, l’ISM manifatturiero dovrebbe stabilizzarsi su livelli coerenti con proseguimento della crescita su ritmi inferiori a quelli del 2018. Prevista anche la stima del PIL di T4, ma Il dato non verrà pubblicato finché non sarà concluso lo shutdown.
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