4 Ottobre 2018

Licenziamento per GMO e criteri di scelta: facciamo il punto

di Evangelista Basile

Con sentenza n. 21438 del 30 agosto 2018, la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’annosa questione dell’applicazione dei criteri di scelta nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Il fatto posto all’attenzione della Suprema Corte ha visto protagonista un lavoratore, licenziato per motivi economici, nonostante fossero presenti in azienda altri lavoratori svolgenti le medesime mansioni e con minore anzianità di servizio. Con la sentenza in questione, la Cassazione ha sistematicamente ricostruito l’applicazione dei criteri di scelta nel caso di licenziamento per motivo oggettivo: ribadita l’insindacabilità da parte del giudice della scelta organizzativa aziendale, espressione della libertà di iniziativa economica di cui all’articolo 41, Costituzione, ai fini della legittimità del licenziamento, la Corte ha notato come – anche quando il motivo economico sotteso si risolva in una generica esigenza di riduzione del personale omogeneo e fungibile – la scelta del lavoratore da licenziare non sia del tutto libera.

In ogni caso, infatti, quest’ultima deve essere limitata, oltre che dal divieto di atti discriminatori, anche dal rispetto delle regole di buona fede e correttezza di cui agli articoli 1175 e 1375 cod. civ., a cui ogni comportamento delle parti deve essere improntato (recesso compreso).

Ma quando, dunque, la scelta può dirsi corretta e in buona fede?

Secondo la Corte di Cassazione si può far riferimento ai criteri che la L. 223/1991, all’articolo 5, ha dettato per i licenziamenti collettivi e che, quindi, possano essere presi in considerazione, in via analogica, i carichi di famiglia e l’anzianità di servizio (atteso che non possono essere rilevanti le esigenze tecnico-produttive e organizzative, in una situazione di totale fungibilità dei dipendenti).

Pertanto, la Corte di Cassazione ha concluso affermando il principio secondo cui “in tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, ravvisato nella soppressione di un posto di lavoro in presenza di più posizioni fungibili perché occupate da lavoratori con professionalità sostanzialmente omogenee, ove non sia utilizzabile il criterio dell’impossibilità di “repêchage”, il datore di lavoro deve individuare il soggetto da licenziare secondo i principi di correttezza e buona fede e, in questo contesto la L. n. 223 del 1991, art. 5, offre uno “standard” idoneo ad assicurare una scelta conforme a tale canone, ma non può escludersi l’utilizzabilità di altri criteri, purché non arbitrari, improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati”.

 

Segnaliamo ai lettori che è possibile inviare i propri commenti tramite il form sottostante.

 

Centro Studi Lavoro e Previdenza – Euroconference ti consiglia:

Talks 2022 – Pillola 2