Quando le condizioni lavorative stressogene configurano danno
di Redazione![](https://www.eclavoro.it/wp-content/uploads/2016/07/giustizia-763x429.png)
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 29 marzo 2018, n. 7844, ha stabilito che, ai sensi dell’articolo 2087 cod. civ., norma di chiusura del sistema antinfortunistico e suscettibile di interpretazione estensiva in ragione sia del rilievo costituzionale del diritto alla salute sia dei principi di correttezza e buona fede cui deve ispirarsi lo svolgimento del rapporto di lavoro, il datore è tenuto ad astenersi da iniziative che possano ledere i diritti fondamentali del dipendente mediante l’adozione di condizioni lavorative “stressogene” (c.d. straining). A tal fine il giudice del merito, pur se accerti l’insussistenza di un intento persecutorio idoneo a unificare gli episodi in modo da potersi configurare una condotta di mobbing, è tenuto a valutare se, dagli elementi dedotti – per caratteristiche, gravità, frustrazione personale o professionale, altre circostanze del caso concreto – possa presuntivamente risalirsi al fatto ignoto dell’esistenza di questo più tenue danno.
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